scuola

Test internazionali e “quarta prova”:
l’incudine e il martello della scuola media

Daniela Notarbartolo, il Sussidiario 5.5.2009

Come è noto, oggetto della rilevazione OCSE PISA sono le “competenze dei quindicenni”. Si tratta di una scelta motivata dal fatto che è questa l’età in cui la maggior parte degli stati partecipanti conclude l’obbligo scolastico. I quindicenni quindi sono studenti che hanno ricevuto la preparazione di base offerta a tutti i cittadini, con la quale si avviano alla vita adulta e che deve consentire loro di “apprendere per tutta la vita”.

E’ chiaro tuttavia che tali competenze non sono frutto del lavoro nell’anno scolastico in corso al momento della misurazione. Esse sono l’esito di un percorso formativo articolato, dalla scuola primaria ai primi anni della scuola superiore; oltretutto, nell’ottica della misurazione OCSE-PISA il percorso comprende anche quanto proviene dal contesto, dalla famiglia, da ambiti formativi diversi dalla scuola. Di fatto però, almeno in Italia, l’occhio si sposta inevitabilmente al segmento precedente i quindici anni, cioè alla scuola secondaria di I grado.

La nostra scuola media, o appunto secondaria di I grado, è oggetto a livello internazionale della rilevazione IEA-TIMSS, che verifica le competenze in matematica e scienze dell’8° grado, cioè la terza media, dopo un’analoga misurazione al 4° grado (per noi la quarta elementare). La misurazione della reading literacy del parallelo piano IEA-PIRLS testa invece solamente il 4° grado.

I risultati delle prove IEA, come si è già detto più volte su queste colonne (v. Notarbartolo e Colombo), offrono un quadro particolarmente inquietante: la scuola elementare infatti risulta collocata brillantemente nel quadro internazionale, mentre il segmento successivo ne esce praticamente con le ossa rotte.

Non si tratta ovviamente di colpevolizzare in maniera ingiustificata un settore della scuola italiana che mette in campi notevoli energie professionali e materiali, bensì di fare il punto su un segmento che, dopo la riforma ordinamentale negli anni ’60 e quella del 1979, è oggetto oggi dell’interesse dei riformatori soprattutto dal punto di vista dei percorsi scolastici e delle competenze in uscita. La stessa “quarta prova” dell’esame di Stato per la secondaria di I grado, che dopo l’esperimento dell’anno passato connoterà anche quest’anno gli esami finali del ciclo, ha fornito molti spunti di riflessione: i quadri di riferimento e le prove standardizzate sono stati pubblicati sul sito dell’INValSI e dai dati in uscita sono stati tratti esiti comparabili fra di loro su tutto il territorio nazionale. In diversi casi i dati e i materiali hanno cominciato a circolare dentro le scuole e a diventare oggetto di riflessione.

In questo scenario ha grande importanza il secondo Piano di informazione e sensibilizzazione sulle indagini internazionali (OCSE-PISA; IEA-TIMSS e IEA-PIRLS), avviato proprio in questi giorni da MIUR e INValSI, rivolto in primo luogo ai dirigenti e poi a più di 30.000 insegnanti di italiano e matematica-scienze delle scuole medie delle quattro regioni-convergenza (Puglia, Campania, Sicilia e Calabria). Si tratta di una seconda azione di sensibilizzazione, dopo quella rivolta agli insegnanti delle scuole superiori delle medesime regioni in preparazione della prova OCSE-PISA, che si è svolta nell’aprile di quest’anno.

Il piano attuale intende raggiungere a partire dall’anno scolastico 2009-2010 gli insegnanti della scuola secondaria di I grado che sono “sul campo”, ai quali offrire tutto il ricco repertorio delle prove rilasciate, dei quadri di riferimento e dei risultati delle misurazioni internazionali, per una riflessione approfondita sul concetto stesso di competenze di base e un’azione di miglioramento in linea con lo scenario internazionale. Particolarmente interessanti per il ciclo della secondaria di I grado sono proprio i quadri di riferimento e le prove IEA che, diversamente dall’OCSE-PISA, mettono al centro i curricoli scolastici.

I materiali IEA, come spesso quelli OCSE-PISA, sono per lo più sconosciuti al grande pubblico degli insegnanti. Le prove sono un’occasione di interrogarsi sulle priorità implicite nell’insegnamento: è possibile descrivere con precisione le dimensioni della materia insegnata e i livelli di difficoltà? In che misura gli insegnanti chiedono agli studenti di motivare le loro risposte e di rendere ragione dei processi e non solo dei risultati? Quanto pesano gli esercizi di routine? Quanto la valutazione tiene conto delle diverse componenti della “materia scolastica” per l’attribuzione dei voti, e non privilegia invece solo uno degli aspetti (per esempio in matematica il calcolo)?

Dopo anni di discussioni sul concetto di “competenza”, le prove offrono un punto di osservazione molto particolare, una casistica analitica assolutamente affidabile di oggetti di misurazione, un insieme di conoscenze e competenze che richiede agli studenti interazione, processi di integrazione delle informazioni, attività.

Un dato che emerge con particolare chiarezza è proprio la necessità di un sapere non meccanicamente acquisito, capace di trasferirsi ad altri campi, cioè “competente” (cfr box 2.1, p. 33 del rapporto internazionale PISA 2006).

Il dato, segnalato durante il seminario di apertura del Piano dalla prof.ssa M.T. Siniscalco (che ha coordinato la partecipazione dell’Italia alla rilevazione OCSE del 2003), riguarda l’evoluzione del mercato del lavoro: non è tanto la domanda di lavoro manuale a decrescere, bensì quella di occupazioni routinarie in cui si applicano algoritmi ripetitivi: trasferito a scuola, la mera “ripetizione” priva di ragioni e l’applicazione di formule private del loro scopo. E’ chiaro che in un’ottica come questa l’emergenza è ancora una volta “educativa” e non solamente metodologica o di contenuto.

Probabilmente la scuola media ha bisogno di riorganizzarsi al suo interno: meno oggetti, percorsi più finalizzati, competenze più flessibili, livelli in uscita comparabili. L’esperienza precedente del Piano di informazione sull’OCSE-PISA ha dimostrato che gli insegnanti, dopo un primo momento di diffidenza o di autodifesa, sono i primi ad accogliere con entusiasmo tutto quanto valorizza la loro competenza professionale e la loro responsabilità educativa ad ampio raggio.