L’integrazione difficile/2. da TuttoscuolaNews N. 394, 25 maggio 2009 Ci furono grandi polemiche qualche anno fa, tra il 2003 e il 2004, quando in una delle bozze della nuova Costituzione europea comparve nel preambolo il riferimento alle “radici cristiane dell’Europa”. Polemiche alla fine liquidate dal presidente francese Chirac con una dichiarazione perentoria: “Il mio paese ha chiuso questo genere di querelles sulla laicità cento anni fa, non vogliamo che si preferisca una religione ad un’altra in un testo costituzionale”. Così il riferimento scomparve, con il forte rammarico dell’allora pontefice Giovanni Paolo II e di molti intellettuali e politici italiani, da Franco Frattini (anche allora ministro degli Esteri) a Romano Prodi, presidente della Commissione Europea. Il tema è stato ripreso la scorsa settimana dal ministro Gelmini in una sede ben disposta ad accogliere le sue parole, quella della Pontificia Università Lateranense, dove si svolgeva la presentazione del libro di Rino Fisichella “Identità dissolta”. Parlando di identità (italiana) e di integrazione degli alunni stranieri il ministro ha detto che “nel dibattito in corso si parla poco della nostra identità e della difesa delle radici cristiane in Europa che rischiano la dissoluzione. Questo tema non deve essere messo tra parentesi. Dobbiamo tutti interrogarci su come difendere la nostra identità cristiana. Nessuno può dirsi estraneo al dovere di ricordarci da dove veniamo”. E perché non ci fossero dubbi sul suo pensiero in materia ha aggiunto che “l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche ha una forte valenza nell’integrazione perché fa conoscere i nostri principi cristiani anche a chi aderisce ad altre fedi religiose. Non è rinunciando ai nostri valori che possiamo guardare con maggiore certezza al nostro futuro. Non dobbiamo accettare l’annullamento della nostra identità”. Nuove polemiche in vista, tenuto conto che l’insegnamento della religione cattolica non è più obbligatorio? |