Insegnanti facilitatori per alunni stranieri: di Gianni Gandola, ScuolaOggi 27.5.2009
Dopo l’insegnante
specialista di lingua straniera – e alla luce dei previsti tagli di
organico - ci chiediamo se verrà a mancare nella scuola di base
anche un’altra figura docente: quella dell’insegnante per gli alunni
stranieri (o insegnante “facilitatore di apprendimento”). Si tratta
sicuramente di una realtà molto più circoscritta e limitata ad
alcune regioni, anzi province, e ad un numero non esteso di scuole,
ma indubbiamente di una risorsa importante per gli istituti che
hanno un elevato numero di alunni stranieri, in particolare di
recente immigrazione.
La figura del
docente “facilitatore di apprendimento” in Lombardia, e segnatamente
in provincia di Milano, ha una storia lunga. I “progetti per
l’integrazione degli alunni stranieri” – sulla base dei quali sono
stati assegnati alle scuole insegnanti della dotazione di organico
aggiuntiva – risalgono ad oltre dieci anni fa. Allora erano circa
700 gli insegnanti della dotazione provinciale assegnati agli
istituti sulla base dei progetti educativi presentati. Gran parte di
questi posti aggiuntivi veniva utilizzata appunto per l’integrazione
dei bambini e/o ragazzi stranieri. Nel corso del tempo questo numero
si è progressivamente andato riducendo: a 500 posti, poi a 240, poi
115, poi ad un numero oscillante tra i 90 e 100 negli ultimi anni.
Val la pena di notare un dato alquanto curioso e paradossale: mentre
il numero degli alunni stranieri è andato aumentando in maniera
esponenziale in tutti questi anni, quello dei facilitatori assegnati
alle scuole è andato via via riducendosi, in maniera inversamente
proporzionale.
E' assodato che i
"bisogni" principali dei bambini stranieri immigrati, al momento del
loro arrivo, sono fondamentalmente riconducibili all’accoglienza,
all’inserimento scolastico, all’alfabetizzazione linguistica e
all’apprendimento dell'italiano L2. E' evidente il cambiamento
radicale dei modi di vita, di ambiente, cultura, abitudini vissuto
da questi bambini nel momento in cui approdano ad una realtà nuova,
spesso profondamente diversa da quella del paese di provenienza. Gli
alunni stranieri neo-arrivati quasi sempre non sanno una parola
d'italiano. E' difficoltoso pertanto l'approccio iniziale, la
comunicazione. Devono imparare l'italiano come lingua d’uso
quotidiano e di scolarità (in ambito familiare si continua a
parlare, abitualmente, la lingua d'origine). Si pone inoltre il
problema dell'inserimento in classe accanto a bambini italiani e di
altre etnie e nazionalità, in una prospettiva educativa che rispetti
e salvaguardi le culture d'origine di ogni alunno.
Per quanto
riguarda il concreto "inserimento", per far fronte al continuo
afflusso di bambini stranieri, diverse scuole (in particolare le
elementari, ma anche le medie) hanno potuto attrezzarsi utilizzando
appunto i docenti "facilitatori di apprendimento". I facilitatori
hanno costituito nel tempo un tassello importante nella “strategia”
per l’integrazione degli alunni stranieri nelle scuole milanesi.
Questo è stato il “modello” seguito e che ha funzionato con
risultati positivi (senza alcun bisogno di inventarsi “classi ponte”
e luoghi di “separazione”..!).
Ora, il problema è
proprio qui. Negli ultimi anni si è assistito ad una progressiva
riduzione del numero dei docenti assegnati ai "Progetti stranieri".
La scuola, a seguito delle politiche di contenimento e riduzione
degli organici, è quindi in difficoltà, potendo disporre di risorse
interne del tutto insufficienti. Sono molte infatti le scuole che
avevano il facilitatore (o più insegnanti facilitatori) e il
progetto stranieri e che negli ultimi anni non hanno più potuto
usufruire di questa risorsa.
Ammesso (e non
sempre concesso) che sia possibile utilizzare in questo modo qualche
ora di compresenza, la differenza è comunque sensibile. Un conto è
usare per l’accoglienza e l’alfabetizzazione linguistica degli
stranieri qualche ora qua e là, di insegnanti di classi diverse e su
gruppi alunni diversi (si tratterebbe, in questo caso, di una
soluzione abbastanza estemporanea, episodica, non specifica). Un
altro è poter utilizzare una figura professionale che nel corso del
tempo si è “specializzata” in questa attività, ha acquisito
competenze specifiche e può dedicarsi per intero a questi compiti
delicati (alfabetizzazione linguistica in particolare) in maniera
rigorosa. Dopo il docente “specialista” di inglese, figura in via di estinzione secondo i programmi del Miur, ci spiacerebbe dover assistere anche alla progressiva scomparsa dei docenti facilitatori. Si disperderebbe in questo caso un patrimonio significativo di esperienze e di competenze. Sarebbe un ulteriore passo verso l’impoverimento di risorse, professionali e culturali, della scuola pubblica. E quindi della qualità dell’offerta formativa nel suo insieme. Con inevitabili ricadute sui processi di integrazione scolastica. |