Pronta la riforma delle superiori. Esame di terza media: slittano le nuove regole

Gelmini: Più matematica e scienze nei licei,
rilancio dei “tecnici”. Così cambia la scuola

Carlo Mercuri, Il Messaggero 17.5.2009

ROMA - Sulla scuola italiana sta per abbattersi una “tempesta” di numeri: nei licei e in tutti gli istituti secondari superiori si prevede a breve scadenza un’iniezione massiccia di cognizioni scientifico-matematiche. E’ la rivincita delle scienze esatte sulla filologia classica. «E’ la tendenza del nostro tempo», precisa il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini. Tra un paio di settimane il riordino delle scuole superiori approderà in Consiglio dei ministri e, sostiene il ministro, si tratterà di «una riforma epocale».


Perché, ministro, definisce la sua riforma “epocale”?

«Perché è la prima vera riforma della scuola da qualche decennio a questa parte. Diciamo dal 1923, dai tempi della Riforma Gentile. Io ho seguito la strada tracciata dalla Moratti».


Quali sono i cardini di questa riforma?

«Il cardine è uno solo: che si fa finalmente ordine nel sistema delle superiori razionalizzando i corsi e gli indirizzi. Ridurremo gli indirizzi di studio dei licei da 510 a 9 e degli istituti tecnici da 204 a 11».


Quali saranno i nuovi indirizzi?

«Per i licei resteranno il classico, lo scientifico, il linguistico e l’artistico. Quest’ultimo avrà, a sua volta, tre nuovi indirizzi. Si aggiungeranno, inoltre, due nuovi licei: il musicale-coreutico e il liceo delle scienze umane».


Che cos’è il liceo musicale-coreutico?

«E’ un liceo legato alle arti musicali, al coro, al canto e alla danza».


Diceva che anche gli indirizzi di studio degli Istituti tecnici verranno “razionalizzati”...

«Sì. Saranno suddivisi in due macro-aree: un settore economico e un settore tecnologico. Così daremo un senso anche agli Istituti tecnici».


Un senso, lei dice. Ma qual è la filosofia complessiva del suo progetto di riforma della scuola?

«Lo spirito è quello di rilanciare l’educazione tecnica e professionale. In un’epoca di crisi come l’attuale i ragazzi possono avere delle opportunità puntando molto sugli Istituti tecnici, che non sono scuole di serie B rispetto ai licei, come qualcuno pensa. Credo molto nella formazione tecnica: è quello che il mercato chiede».


Quindi, più Istituti tecnici e meno licei: è questa la sua ricetta?

«Non voglio denigrare i licei. Ma riaffermo che gli Istituti tecnici sono scuole di grande dignità e che in questo momento rispondono meglio alle esigenze del mercato. Non bisogna fare il liceo per forza e sono sicura che il segnale sarà recepito dai ragazzi».


Ma ci sarà più matematica anche nei licei?

«Sì, è la tendenza. Pur mantenendo l’impostazione tradizionale, anche nei licei verrà potenziato l’insegnamento della matematica».


E le lingue straniere?

«Potenzieremo l’inglese. Alla scuola media le famiglie potranno decidere se avvalersi delle ore dedicate alla seconda lingua per permettere ai loro figlioli di seguire soltanto corsi di Inglese. E al liceo classico ci sarà l’obbligatorietà della lingua inglese per tutti e cinque gli anni di corso».


E’ vero che il debutto della nuova versione dell’esame di terza media slitta al prossimo anno?

«Sì, è vero. Il sistema di valutazione che abbiamo messo in piedi slitterà all’anno prossimo perché deve fare tutto l’iter del Consiglio di Stato e creerebbe disagio farlo a soli 5 giorni dall’esame. Vorrà dire che, per quest’anno, ci resterà la novità del voto in condotta».


A proposito, lei è soddisfatta di questa novità? Le risulta che i fenomeni di bullismo a scuola stiano diminuendo?

«Certo, come no. I riscontri ci sono: nel primo quadrimestre alle superiori c’è stata una valanga di 5. Decine di migliaia di 5 in condotta. I ragazzi ora cominciano a preoccuparsi perché 5 vuol dire perdere l’anno. Finché si scherzava, nel primo quadrimestre... ma ora il ragazzo sa che se prende 5 viene bocciato, quindi è un deterrente molto forte. Gli insegnanti sono molto contenti perché è uno strumento grazie al quale possono controllare meglio la classe».


Ministro, lei ha detto di voler legare al merito le carriere e i salari dei professori. Ne consegue che i presidi potranno chiamare gli insegnanti che vogliono, quelli che ritengono più preparati, infischiandosene delle graduatorie. Quale sarà il criterio di scelta dei presidi? E che cosa diranno gli insegnanti che finora se ne sono stati buoni buoni in fila indiana ad aspettare il loro turno?

«E’ un argomento veramente complesso, che stiamo studiando. Ci sono anche delle proposte depositate in Parlamento e c’è un confronto con l’Associazione nazionale Presidi e con i sindacati. E’ un tema cruciale, perché senza valutazione non c’è qualità».


Sì, ma come valutare i professori già in graduatoria?

«E’ materia di riflessione. Ancora non c’è una proposta, credo che ci sarà nel giro di un mese, un mese e mezzo. Il sistema scolastico inglese, che è tornato ad essere di qualità, è partito con Tony Blair dalla valutazione delle scuole. Gli ispettori di Sua Maestà andavano nelle scuole a vedere come insegnavano i professori e da lì la scuola inglese, che era ridotta molto male negli anni 90, è ripartita. Da qui bisogna ripartire pure noi, la valutazione è tutto».


Basterà l’adozione di un codice etico contro i nepotismi a risollevare le sorti dell’Università?

«Stiamo studiando tante norme che, tutte insieme, segneranno la rivoluzione copernicana delle Università. O si cambia o l’Università italiana va verso il declino. Questa è l’ultima occasione per rilanciare l’Università e per rilanciare anche una mentalità, quella del merito e della qualità, per cui una persona brava può andare avanti anche con pochi mezzi economici. Le Università sono fatte non per dare posti di lavoro, ma per premiare i ricercatori più bravi».