Se in tre anni non ci pensi … di Claudio Cereda, ScuolaOggi 4.5.2009 Sono passati oltre due anni dalla emanazione della legge (L 1/07) con cui Fioroni si pose il problema di affrontare, in termini di maggior rigore, la anomalia tutta italiana per la quale all’esame di stato passano tutti e nel primo biennio di università si disperdono quasi tutti. Fioroni lasciò per un attimo il cacciavite ed intervenne in maniera drastica sulla questione dei debiti e sull’esame di stato. Per i debiti si fece la scelta di introdurre la sospensione del giudizio; per l’esame di stato si intervenne a tre livelli: ripristino della ammissione, maggior peso al credito con minor peso al colloquio, valorizzazione della eccellenza. Non è stato un successo tranne per la maggiore attenzione ai più bravi (all’esame e nelle gare).
La questione della ammissione o non
ammissione naviga nel mare magnum dei rinvii: è una bella
pretesa quella del dover essere sufficienti in tutto per accedere ad
un esame cui si può accedere da privatista anche senza fare la
quinta ed è altrettanto ridicolo usare la media del sei (con dentro
i voti di educazione fisica e condotta). Quando il legislatore ha cambiato i punteggi si è però dimenticato di aggiornare la norma sul punteggio integrativo: “la commissione di esame può motivatamente integrare il punteggio fino ad un massimo di 5 punti ove il candidato abbia ottenuto un credito scolastico di almeno 15 punti e un risultato complessivo della prova di esame pari almeno a 70 punti”.
I requisiti precedenti erano di almeno
15 su 20 di credito e di almeno 70 su 80 nelle prove d’esame. Aveva
diritto di accedere alla integrazione chi aveva un curricolo
buono e faceva un esame altrettanto buono. Erano poi le
commissioni a dosare i 5 punti a seconda degli esiti e delle ragioni
predisponendo appositi criteri in maniera di essere equi e non
arbitrari. Prendiamo come esempio uno studente bravo che prenda 13/15 nella prima prova (13 è un voto alto e spesso nei criteri di misurazione fa da estremo sinistro alla fascia della eccellenza). Supponiamo di avere 14/15 nella seconda prova: il 14 ai bravi è molto frequente quando la commissione si sia data dei criteri analitici; per esempio nella prova di matematica dello scientifico può bastare una risposta considerata incompleta in un quesito per rendere non eccellente una prova personale, critica e completa in tutte le altre parti.
Basta ora un 12 alla terza prova
(magari frutto di una caduta in una delle 5 materie) e non serve
nemmeno l’intervento di padre Pio al colloquio: il 30/30 non
basta perché il totale nelle prove d’esame fa 69 e con il 69 non si
accede alla integrazione. Poteva pensarci Fioroni e non l’ha fatto; poteva pensarci Gelmini e non l’ha fatto; poteva farlo presente Dutto nel preparare l’ordinanza e non l’ha fatto. Ai prossimi esami avremo qualche 100 e lode e pochi, pochissimi 100. Ma oltre a ciò ci sarà anche un abbassamento in tutta la fascia dei voti alti perchè l’integrazione servirà solo a dare 100 a chi arrivava di suo a 97 o 98. Agli altri nulla. Magari è un bene ma in quel caso bisogna dirlo e correggere quel punteggio di 15 su 25 nel credito che grida vendetta al cospetto di Dio. Chi ha scritto la legge e chi non l'ha rivista, decisamente non merita l'integrazione di punteggio. |