Scrutini ed esami: l’attesa è finita… di Roberto Stefanoni, Educazione & Scuola 25.5.2009 In un precedente contributo di un paio di settimane fa, sulla stessa tematica, dal titolo “Scrutini ed esami: aspettando…”, individuavo alcune ipotesi di soluzione ai problemi che con maggiore insistenza venivano posti da dirigenti e insegnanti, alle prese con gli ultimi adempimenti didattici prima della conclusione dell’attività scolastica. Quei suggerimenti erano in qualche modo ‘sospesi’, in attesa che il Ministero svelasse le sue intenzioni, definendo in termini operativi le disposizioni di carattere generale contenute nella legge 169/2008 e tradotte anche concretamente dal regolamento di coordinamento delle norme sulla valutazione, che però era (ed è ancora) nel limbo delle numerose regole approvate dal Consiglio dei Ministri, ma non ancora legittimamente applicabili. Ma ora l’attesa si è conclusa, con l’emanazione prima della circolare n. 46, del 7 maggio, che ha finalmente sciolto, sia pure in termini non del tutto convincenti, il dubbio sul conteggio del voto positivo del comportamento ai fini del calcolo della media per l’ammissione all’esame di stato del 2° ciclo; e poi con la coppia di circolari n. 50 e n. 51, ambedue del 20 maggio, che trattano in maniera globale la questione della valutazione finale (la prima) e l’esame finale del 1° ciclo (quella successiva). Ora, davvero, non c’è altro da aspettare: occorre semplicemente riflettere su quanto si trova scritto nella legge 169/08 e in questi due testi e… darsi da fare. Perché da fare ci sarà senz’altro: quanto meno ci sarà da capire – prima ancora di ‘metter mano all’opra’ – una serie di passaggi relativi al 1° ciclo, che per una certa parte (minima, per la verità) vengono chiariti dalle due recenti circolari, ma per un’altra parte, non irrilevante, vengono non solo mantenuti nel dubbio, ma addirittura resi incerti rispetto alle ‘certezze’ consolidate degli anni passati. Anche perché sullo sfondo, a fare azione di disturbo interpretativo, c’è quel regolamento di coordinamento delle norme sulla valutazione, che spesso, nelle discussioni intorno alla materia di cui stiamo trattando, viene tirato in ballo, ma non sempre del tutto inopportunamente, visto che prima o poi ce lo ritroveremo fra le norme da attuare, è vero, ma per ora – di fatto – possiamo ignorarlo, almeno come fonte prescrittiva. Assodato una volta per tutte che in ogni ordine e grado di scuola alla fine di ogni periodo valutativo devono essere utilizzati i voti, andando in ordine più o meno cronologico, rispetto alle procedure da attivare prima per gli scrutini e poi per gli esami finali del 1° ciclo, le principali questioni sulle quali ragionare sembrano essere le seguenti.
Ammissione alla classe successiva A) SCUOLA PRIMARIA Nella scuola primaria – anche se molti stentano a crederlo – non è affatto necessario che l’alunno, per essere promosso, debba avere voti tutti sufficienti; non sta scritto da nessuna parte; o meglio, in nessuna norma (per la verità, è stato scritto in alcuni giornali). Per la scuola primaria, infatti, la legge 169 definisce non criteri per l’ammissione dell’alunno alla classe seguente, ma soltanto una circostanza e una modalità (molto rigorosi) per la sua eventuale non ammissione: un caso eccezionale, opportunamente motivato, e la decisione unanime dei docenti. Sì, ma quali docenti? Quelli del team o équipe pedagogica (finché dura) o quelli del consiglio di interclasse, insieme col Dirigente che lo presiede? Giacché molto spesso i due organismi non coincidono. Giova ricordare che, dopo una diatriba durata qualche tempo, originata dall’art. 8 del D. L.vo n. 59 del 2004, una nota del Ministero (la n. 4212 del 9.5.2005) chiudeva la questione affermando in pratica la competenza, circa la valutazione, dell’organo collegiale (dunque del consiglio di interclasse nella primaria), presieduto dal Dirigente scolastico. Per quest’anno è ancora così, ma il futuro regolamento – se non sarà modificato – porterà a questo proposito qualche novità; ma per ora lasciamolo stare. C’è poi la certificazione delle competenze, novità attuale per la scuola primaria, che – secondo alcuni – riguarderebbe tutte le classi del 1° ciclo. La formulazione della legge 169, in effetti, fa nascere questo sospetto, visto che essa viene nominata insieme con la valutazione periodica e annuale; ma ritengo che ciò sia dovuto semplicemente al fatto che si sia voluto accomunare valutazione e certificazione perché entrambe richiedono l’attribuzione di voti in decimi, non perché debbano andare di pari passo. Del resto, nel regolamento, che dovrebbe esplicitare in termini operativi la legge, si dice chiaramente che “le competenze acquisite dagli alunni sono descritte e certificate al termine della scuola primaria e, relativamente al termine della scuola secondaria di primo grado, accompagnate anche da valutazione in decimi”; come si vede, qui addirittura – frenando rispetto a quanto prevede la legge – si escludono i voti per le competenze nella primaria; ma vedremo come staranno le cose a regolamento pubblicato e vigente. Per ora, al termine della primaria, occorre certificare le competenze; e occorre farlo ricorrendo ai voti, purtroppo! Quali competenze? Dipende dal modello didattico di riferimento di ogni scuola, che di certo si sarà liberamente ispirata o alle competenze del morattiano portfolio (si veda la circolare ministeriale n. 85 del 3 dicembre 2004) oppure a quelle dei ‘traguardi’ contenute nelle “Indicazioni per il curricolo”. Sulla base delle competenze comunque scelte, visto che non esiste un modello ministeriale, col conforto della C.M. n. 50 (punto 5), ogni scuola definirà il suo certificato. Per la certificazione al termine della secondaria di 1° grado, vedremo più avanti. Ma non è finita: in tutte le classi della primaria c’è da stilare per ogni alunno un “giudizio analitico sul livello globale di maturazione raggiunto dall’alunno” che ha il compito di ‘illustrare’ la valutazione attribuita e la certificazione delle competenze (nell’ultimo anno); si tratta, in altre parole, di redigere in maniera descrittiva un profilo dell’alunno, che ne completi il quadro valutativo anche con riferimento alla sua crescita complessivamente considerata. Il voto? Qui no, per fortuna!
B) SCUOLA SECONDARIA DI 1° GRADO Diverso il discorso per la scuola secondaria di 1° grado, dove l’ammissione alla classe seguente viene subordinata completamente ai voti, che devono essere tutti positivi (cioè non inferiori al ‘6’), compreso – è ovvio – quello del comportamento. L’assegnazione dei voti avviene “con decisione assunta a maggioranza dal consiglio di classe”, il quale, naturalmente, può decidere di portare un voto (o anche più d’uno) non positivo a ‘6’, per evitare una bocciatura, che altrimenti scatterebbe automaticamente. Una riflessione: come mai nella primaria viene richiesta l’esplicitazione della volontà dei giudicanti per decidere la non ammissione (“i docenti, con decisione assunta all’unanimità, possono non ammettere l’alunno alla classe successiva”), mentre nella secondaria di 1° grado essa viene richiesta per decidere l’ammissione (“sono ammessi… gli studenti che hanno ottenuto, con decisione assunta a maggioranza dal consiglio di classe, un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina”)? Sarebbe interessante capire da quale retro-pensiero deriva questo diverso approccio all’atto ‘giudicante’, che, in ogni caso, produce un effetto procedurale esattamente opposto a quello indicato dalla C.M. n. 50 (punti 1.2 e 2.1, ultima riga): la delibera a maggioranza non va formalizzata a verbale per la non ammissione, ma per l’ammissione. La necessità di avere voti tutti positivi per andare avanti (classe successiva o esame) ha generato una diatriba sul presunto ‘falso’ costituito dall’innalzamento del voto, che non si verificava fino all’anno passato, perché il giudizio descrittivo consentiva di rappresentare in maniera un po’ più realistica l’eventuale situazione di carenza dell’alunno, senza tuttavia negare la promozione. A mio avviso, si tratta di argomentazioni poco convincenti, perché moltissime scuole da molto tempo (con i giudizi e non con i voti) fanno quello che ora dovrebbero fare praticamente tutte in casi come questi, se vogliono essere davvero credibili e ‘formative’: allegare come parte integrante del documento di valutazione una nota informativa per la famiglia, nella quale si dice che il consiglio di classe, valutata la situazione dell’alunno, il quale presenta carenze nelle materie come appresso indicato…, ha ritenuto a maggioranza/all’unanimità di doverlo ammettere alla classe successiva per le seguenti motivazioni… Ovviamente, si dovranno indicare in maniera non approssimativa le carenze e i problemi, rispetto ai quali la famiglia deve assumersi l’impegno di intervenire, eventualmente anche con la collaborazione della scuola (che può predisporre attività specifiche a settembre o altro), per consentire all’alunno di recuperare entro il periodo iniziale dell’anno scolastico seguente, accertando davvero e formalmente tale recupero. Un po’ come succedeva fino all’anno passato con i debiti per la scuola secondaria di 2° grado, con la differenza che in questo caso non si deve pensare di mettere l’asterisco rosso accanto ai voti finali dell’alunno promosso con carenze. Un dubbio generato dalla legge 169 e del tutto ignorato dalle ultime circolari riguarda la dizione “ gruppo di discipline”: al comma 3 dell’art. 3 si parla, infatti, di “voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline”. Ma quello che non chiariscono le circolari ha provveduto a spiegarlo il sottosegretario Giuseppe Pizza, il quale, rispondendo il 14 maggio scorso a un’interrogazione nel corso della seduta della VII commissione della Camera, ha testualmente detto: “Con riguardo alla prospettata necessità di chiarimenti in ordine alla dizione «Gruppi di discipline», cui fa riferimento la legge più volte richiamata, faccio presente che questa dizione è ben nota ai dirigenti scolastici: si tratta, infatti, di «gruppi» costituiti da due o più discipline che, insegnate da un unico docente, comportano tuttavia l’attribuzione di un solo voto di profitto in sede di valutazione periodica e finale: è il caso, ad esempio, di «Gruppi di discipline», oggi presenti nei piani di studio di corsi ordinamentali e sperimentali, quali matematica e informatica, diritto ed economia, disegno e storia dell’arte, elementi di psicologia, sociologia, statistica, economia e organizzazione aziendale, scienze della terra eccetera.”. Tutto chiaro? Forse, ma a questo punto andrebbe chiarito quali sono effettivamente le discipline nella scuola secondaria di 1° grado, dove l’adozione di assetti disciplinari diversi (chi segue il modello Moratti-Bertagna, chi quello targato Fioroni-Ceruti, chi un mix fra i due, magari con l’aggiunta di materie/discipline di stampo più specificamente laboratoriale o con “Cittadinanza e Costituzione” a sé) ha portato di fatto a una situazione piuttosto variegata anche per quanto riguarda i “gruppi di discipline”. Per citare qualche esempio, girando qua e là per le scuole possiamo trovare documenti di valutazione nei quali le Scienze stanno da sole o insieme con Matematica o anche con Tecnologia oppure con Informatica che – a sua volta – se non sta per conto proprio, si abbina non di rado con Matematica, ma anche con Tecnologia; e Geografia spesso costituisce un ‘gruppo’ con Storia, che talvolta si abbina con Cittadinanza e Costituzione; la quale spesso non c’è per niente nei cosiddetti ‘piani di studio’; che in molte scuole contemplano ‘materie’ del genere “Laboratorio di…”, con tanto di valutazione (e quindi voto?) separata oppure comprensiva della corrispondente ‘disciplina’. Insomma, una situazione che rende oltremodo complicato capire se e come sia possibile applicare il concetto di “gruppo di discipline”. A quando un “piano di studi” che fissi alcuni paletti imprescindibili, attorno ai quali possano ruotare le altre variegate “offerte formative” del curricolo, più o meno locale, e modelli certificativi di sicuro riferimento?
Ammissione all’esame finale del 1° ciclo Qui dubbi sembra che non ve ne siano, dal momento che la legge 169 assimila l’ammissione all’esame di stato finale del ciclo all’ammissione alla classe seguente: dunque, tutti voti non inferiori al ‘6’; nient’altro. Ma c’è il giudizio di ammissione (o di idoneità), che non è previsto dalla legge suddetta (e per questo è inesatto il rinvio indicato dalla nota n. 11 della C.M. n. 50), bensì dal D. L.vo n. 59/2004 (art. 11, commi 4-bis e 4-ter, aggiunti dalla Legge n. 176/2007). Giudizio che non deve essere espresso con un voto, ma secondo modalità che furono abbastanza chiaramente indicate nella circolare sugli esami dell’anno passato (la n. 32 del 14.3.2008), nella quale si legge: “I docenti esprimeranno un giudizio di idoneità o non idoneità per l’ammissione all’esame sulla base della valutazione degli apprendimenti conseguiti al termine dell’anno scolastico. Il giudizio finale terrà conto dei giudizi sintetici espressi sulle singole discipline, sulle attività opzionali/facoltative, sul comportamento e delle valutazioni espresse nel corso dell’anno sul livello globale di maturazione, con riguardo anche alle capacità ed alle attitudini dimostrate.” [Si badi che l’espressione “giudizio finale” è usata qui come sinonimo di “giudizio di idoneità”, come si evince anche da altri passaggi della circolare; come quello, per esempio, nel quale si afferma (punto 4.3.4) che tale “giudizio finale di ammissione” è elemento per la definizione del giudizio complessivo, insieme con i risultati delle prove d’esame; ma su questo torneremo parlando dell’esame.] Ci si chiede come mai quest’anno nessuna delle circolari che tratta questa materia spenda più di un semplice accenno al giudizio di idoneità o di ammissione, facendo nascere in molti operatori della scuola il dubbio che anche per questo elemento valutativo debba esprimersi un voto (ormai rischiamo di vedere spuntare voti dappertutto!). Tanto più – sostiene qualcuno – che anche il regolamento (che però non è ancora in vigore, ricordiamocelo!) parla di “giudizio di idoneità … espresso dal consiglio di classe in decimi”, che in questa veste concorre a definire la media per l’attribuzione del voto finale. Ora mi pare, francamente, che si stia diventando più realisti del re: ci siamo lamentati (o abbiamo fatto finta?) perché la legge 169 ha introdotto i voti anche nel 1° ciclo proprio in un momento in cui nella secondaria di 2° grado si stava invece rafforzando la tendenza a usare modalità valutative meno rigide (non meno rigorose!); e ora questi voti li vogliamo usare anche quando non vengono richiesti? Per il giudizio di idoneità non viene attualmente richiesto il voto, perché il regolamento – che invece lo prevede – non è entrato in vigore; e dunque, che resti il giudizio descrittivo, anche se non logorroico, per favore. Giunti a questo punto, non resta che pubblicare tutti i risultati e prepararsi per l’esame, anch’esso con non pochi dubbi. Vediamone qualcuno.
L’esame di stato conclusivo del 1° ciclo Il principio che deve guidarci è molto semplice: la legge 169 ha introdotto novità nell’esame solo in due elementi, legate ai voti, ovviamente: 1) il voto finale, che manda in pensione il classico giudizio sintetico (sufficiente, buono, ecc.) 2) il voto sulla certificazione delle competenze. Per il resto, l’esame si svolge esattamente come nell’anno passato, anche se la C.M. n. 51 sembra avere introdotto – in maniera del tutto ingiustificata, a mio avviso – altre due novità, sulle quali ci soffermiamo un momento. “Il colloquio pluridisciplinare verte sulle discipline di insegnamento dell’ultimo anno” (CM n. 51). Punto e basta. E come mai quest’anno una presa di posizione così netta? Nell’analoga circolare dell’anno passato (n. 32 del 14.3.2008) si leggeva “il colloquio pluridisciplinare potrà riguardare gli approfondimenti delle singole discipline di studio e altri elementi derivanti da qualificate esperienze realizzate”. E si faceva riferimento molto preciso all’OM n. 90/2001, da quasi un decennio regolatrice di tutte le operazioni relative agli scrutini e all’esame del 1° ciclo; la quale richiamava a sua volta il mai abrogato DM del 26 agosto 1981, contenente i criteri orientativi per l’esame ‘di licenza media’. Cos’è intervenuto nel frattempo a determinare tale cambiamento, che non è da poco, se teniamo ben presenti tutte le considerazioni pedagogico-didattiche che stanno dietro questo esame? La cosa non è affatto chiara e meriterebbe una qualche spiegazione (se c’è, ovviamente). A mio parere, comunque, l’esame si dovrebbe svolgere anche per questo aspetto come negli anni passati, almeno finché qualche norma di legge non sancisca la fine definitiva del citato decreto del 1981. L’altra novità che la CM n. 51 presenta, riportando quasi identica la formulazione della CM n. 50, è la considerazione che deve avere il giudizio di ammissione nell’attribuzione del voto finale: nessuna! Proprio così: “L’esito dell’esame conclusivo del primo ciclo è espresso con valutazione in decimi alla cui determinazione concorrono le valutazioni delle prove scritte, inclusa quella nazionale, e quella del colloquio”. Ma allora il giudizio di ammissione non è altro che una banale (si fa per dire) decisione di ammettere o non ammettere l’alunno all’esame? Non rappresenta in alcun modo un elemento di rilievo da considerare per definire il ‘valore’ espresso dall’alunno non solo nelle prove d’esame, ma anche nel suo percorso scolastico? A me, francamente, sembra una stranezza molto discutibile, se consideriamo due cose: 1. nell’esame conclusivo del 2° ciclo da quest’anno si fa assumere un valore maggiore alla storia pregressa del candidato, per il quale il credito scolastico passa da un massimo di 20 punti, com’era fino all’anno scorso, a un massimo di 25 punti, riducendo, contemporaneamente e di pari misura, il punteggio del colloquio;2. nel regolamento di coordinamento sulla valutazione, che norma non è ancora, è vero, ma ‘fa tendenza’, si prevede esattamente il contrario di quanto affermato dalla CM n. 51: “All’esito dell’esame di Stato concorrono gli esiti delle prove scritte e orali … e il giudizio di idoneità…. Il voto finale è costituito dalla media dei voti in decimi ottenuti nelle singole prove e nel giudizio di idoneità”. Per la verità, la circolare sembra lasciare comunque uno spiraglio, quando poco dopo afferma: “La Commissione plenaria, nella seduta preliminare, definisce i criteri per la determinazione del voto finale.”. Il che consente di rimediare a un’affermazione quanto mai fuorviante, se consideriamo anche che tutte le disposizioni relative all’esame finale del 1° ciclo ribadiscono, invece, l’esatto contrario. Per citarne alcune: OM 90/2001: “La sottocommissione sulla base delle risultanze dell’esame, degli atti dello scrutinio finale e di ogni altro elemento a sua disposizione, formula un motivato giudizio complessivo sul livello globale di maturazione raggiunto da ogni candidato. Tale giudizio, se positivo, si conclude con l’attribuzione del giudizio sintetico…”. La CM sugli esami dell’anno scorso: “Sulla base delle risultanze complessive degli scrutini finali, del giudizio finale di ammissione all’esame, delle prove scritte … e del colloquio pluridisciplinare, la sottocommissione … formula un motivato giudizio complessivo [che] … si conclude con la formulazione sintetica…”. In conclusione, ritengo che una decisione assunta dalla commissione nella seduta plenaria preliminare di considerare il giudizio di ammissione per la definizione del voto finale può rimediare a questa ‘falla’ delle due recenti circolari, dovuta probabilmente a una semplice svista. Molti si chiedono se la valutazione delle varie prove, scritte e colloquio, debba essere fatta con i voti. Per le argomentazioni espresse nella parte finale del precedente paragrafo “Ammissione all’esame finale del 1° ciclo”, ritengo che si debba procedere come negli anni passati. Quando sarà in vigore il regolamento prenderemo atto di quanto sarà prescritto. Per la prova nazionale, dovrebbero essere fornite apposite istruzioni, visto che la CM n. 50 parla di una valutazione “stabilita sulla base di una procedura standardizzata di correzione definita dall’Invalsi”. Quanto al voto finale, ogni commissione – come visto – dovrà stabilire i criteri per la sua determinazione in decimi, a partire dalle valutazioni degli elementi che concorrono a definirlo. Questa operazione richiederà un’attenta riflessione da parte delle commissioni; ed è augurabile che non si arrivi alla riunione preliminare dell’esame per individuare alcune credibili ipotesi per far scaturire il voto finale dai vari giudizi (o anche dai voti, per coloro che si saranno voluti orientare in questo senso). Resta da dire della certificazione delle competenze, che dal 1999 (esame di stato della scuola superiore) aspettano un loro degno riconoscimento certificativo. Sembra che i tempi ministeriali non siano ancora maturi per un parto che appare sempre più difficile e doloroso. Per cui, ogni scuola dispone “in modo autonomo [evviva l’autonomia!] forme e modalità della certificazione”, esattamente come nei due anni passati. Ma quest’anno con i voti, come vuole la legge 169. Che fare? Certo, a fine anno si ragiona male di queste cose; e poi, questo contributo rischia di diventare esageratamente prolisso. Per farla breve, una proposta, che riporto con un esempio molto semplice, prendendo a caso dalle “Indicazioni per il curricolo, ultimo anno di secondaria di 1° grado:
Un certificato che per ogni disciplina (o “gruppo di discipline”?), riporti descrittori, giudizio sintetico, voto in decimi; ovviamente, quei descrittori non dovrebbero essere messi lì, tanto per compilare un documento, ma dovrebbero fare riferimento a quanto effettivamente praticato nell’attività didattica nel corso dell’anno scolastico. Ma questa è un’altra storia…
(24 maggio 2009 – “Il Piave mormorava…”) |