Scrutini ed esami: aspettando...

di Roberto Stefanoni, ScuolaOggi 8.5.2009

A un mese circa dalla conclusione dell’attività didattica, nelle scuole si stanno ormai attivando le consuete procedure che dovranno portare alla definizione dei risultati finali, per l’ammissione all’esame di fine ciclo o alla classe successiva. Gli insegnanti del 1° ciclo, che non possono invocare “sospensioni di giudizio”, riflettono preoccupati sulla pericolosa situazione di molti alunni, che non è migliorata nonostante le sollecitazioni dei mesi passati e gli interventi fino ad ora adottati. E con una certa ansia, via via crescente, si chiedono tra loro come devono comportarsi nei confronti di tali alunni, dal momento che le norme in vigore da quest’anno prevedono in maniera molto netta una precisa condizione: la sufficienza in tutte le materie.

A far lievitare l’ansia concorre certamente anche la mancata definitiva approvazione – a tutt’oggi – del regolamento di coordinamento delle norme sulla valutazione, ormai noto nella redazione varata dal Consiglio dei Ministri il 13 marzo scorso, nel quale sono previste disposizioni che, se dovessero entrare in vigore prima della conclusione delle lezioni, metterebbero in seria difficoltà la maggior parte dei consigli di classe. E, tuttavia, quello schema di regolamento contiene anche norme che risolverebbero una non piccola parte dei quesiti che assillano gli insegnanti.

Vediamo, in dettaglio, alcune di tali questioni, cercando di individuarne anche le possibili soluzioni.


ESAME DI STATO DEL 2° CICLO

Valutazione del comportamento e ammissione

La norma generale, che prevede anche per l’ammissione all’esame di stato la sufficienza in tutte le materie, quest’anno, nel 2° ciclo, è in parte mitigata dalla recente ordinanza ministeriale n. 40, la quale specifica chiaramente che “si intendono valutati positivamente gli alunni che nello scrutinio finale dell’ultimo anno di corso conseguano almeno la media del ‘sei’”.

Ma, anche in questo caso, a prima vista piuttosto chiaro, c’è un elemento di forte dubbio, determinato dalla considerazione o meno nel calcolo della media del voto attribuito al comportamento, che non deve comunque essere inferiore al sei. “Il voto di condotta”, si sente chiedere ormai quotidianamente, “fa media o no?”. E’ fin troppo evidente che un 9 in condotta consentirebbe da solo di ‘recuperare’ col calcolo della media anche tre insufficienze non gravi in qualche materia; e sarebbe, quindi, un bell’aiuto. Diversamente, il ‘recupero’ di voti non sufficienti sarebbe a carico esclusivamente delle materie, nelle quali in genere non è del tutto agevole riportare voti elevati.

Come regolarsi sulla questione? Certo, l’ordinanza ministeriale non è del tutto chiara al riguardo; dopo avere affermato (art. 2, c. 1) che il voto attribuito al comportamento “concorre, unitamente alla valutazione degli apprendimenti, alla valutazione complessiva dello studente”, prosegue con un “pertanto” che sembrerebbe definire e circoscrivere l’effetto di tale ‘concorrenza’: “pertanto, … il voto sul comportamento incide sulla determinazione del credito scolastico”. Concetto ribadito anche al successivo art. 8 (comma 1): “la valutazione sul comportamento concorre dal corrente anno scolastico alla determinazione dei crediti scolastici”. Dunque, non si parla di media calcolata anche col voto di condotta.

Si può obiettare che, poiché il punteggio del credito scolastico viene attribuito considerando “la media dei voti conseguiti in sede di scrutinio finale”, come ricorda la nota alla tabella A allegata al D.M. n. 42 del 22-5-2007 (che sostituisce quella originaria allegata al D.P.R. 323/1998), ne consegue che la ‘concorrenza’ della valutazione del comportamento sulla determinazione del credito, affermata dall’ordinanza n. 40/2009, non può che voler significare la sua considerazione per il calcolo della media dei voti.

Al riguardo, però, occorre tenere a mente che quando fu approvato il D.M. n. 42, che riprende la formulazione del regolamento sull’esame di stato del 1998, il voto di condotta non era considerato ai fini del calcolo della media; dunque, la stessa definizione del punteggio del credito prescindeva da tale votazione. La valutazione della ‘condotta’ assumeva un rilievo solo nella definizione del punteggio all’interno della banda di oscillazione (verso l’alto o verso il basso), come esplicitamente indicato anche dalla stessa nota alla tabella A (“Il credito scolastico, da attribuire nell’ambito delle bande di oscillazione indicate dalla precedente tabella, va espresso in numero intero e deve tenere in considerazione, oltre la media M dei voti, anche l’assiduità della frequenza scolastica, l’interesse e l’impegno nella partecipazione al dialogo educativo”). E la stessa ordinanza di quest’anno, al comma 2 dell’art. 8, precisa: “L’attribuzione del punteggio, in numeri interi, nell’ambito della banda di oscillazione, tiene conto del complesso degli elementi valutativi di cui all’art. 11, comma 2, del DPR n. 323/1998, con il conseguente superamento della stretta corrispondenza con la media aritmetica dei voti attribuiti in itinere o in sede di scrutinio finale e, quindi, anche di eventuali criteri restrittivi seguiti dai docenti.” Come sarebbe applicabile questo comma se il voto del comportamento fosse già compreso nella media?

Tanto più che nel precedente comma 1 dello stesso articolo si richiama “l’incidenza che hanno le votazioni assegnate per le singole discipline sul punteggio da attribuire quale credito scolastico e, di conseguenza, sul voto finale”; il voto del comportamento viene del tutto escluso dal calcolo della media che determina la banda di oscillazione da utilizzare per l’attribuzione del punteggio del credito.

Comunque, la domanda posta inizialmente ha una sua qualche legittimità e non sarebbe male che in tempi rapidi il Ministero fornisse una sua definitiva risposta.

Alla questione della media per l’ammissione all’esame “di maturità”, calcolata con o senza il voto del comportamento, è collegato il problema determinato dalla diversa influenza che tale voto viene ad assumere nel calcolo della media nelle varie tipologie di istituti in relazione al numero delle materie. Se il piano di studi contempla molte materie, tale influenza risulta meno incisiva, più diluita, vanificando quella parità di trattamento che, invece, dovrebbe essere garantita ad ogni studente. Su tale aspetto, niente affatto secondario, sono stati pubblicati su vari siti contributi molto dettagliati; si veda, tra gli altri, quello di Paolo Cicconofri, che dimostra con due chiari esempi come una stessa media ottenuta con i voti finali delle varie materie dia esiti molto diversi (addirittura ammissione o non ammissione all’esame di stato) qualora essa venga ricalcolata considerando lo stesso identico voto di condotta, a seconda che ci si riferisca a un corso di studi con 9 oppure con 12 materie.

Un aspetto dell’ammissione all’esame finale del 2° ciclo che non desta alcuna difficoltà interpretativa è quello relativo al giudizio di ammissione, che quest’anno non viene richiesto; il consiglio di classe, oltre a motivare e verbalizzare le eventuali non ammissioni, decide autonomamente come formalizzare le delibere di ammissione.


ESAME DI STATO DEL 1° CICLO

La decisione di utilizzare la media per l’ammissione all’esame di stato della secondaria di 2° grado, sia pure in via transitoria, ha fatto sollevare la questione relativa alla disparità di trattamento per l’ammissione ai due esami di stato presenti nel nostro ordinamento scolastico: perché la media non inferiore al sei (con o senza la condotta) vale per il 2° ciclo e non per il 1°? La domanda è più che legittima, anche considerando le motivazioni che si leggono nella premessa dell’ordinanza n. 40/2009 a giustificazione della decisione assunta: anche per la secondaria di 1° grado si possono invocare il regolamento di coordinamento delle norme sulla valutazione ancora in corso di adozione, la difficoltosa attuazione delle relative nuove disposizioni, “l’avanzato svolgimento dell’anno scolastico e della legittima aspettativa degli alunni a sostenere l’esame di Stato secondo le regole in vigore”.

La precarietà della situazione normativa ha indotto il Ministero, nella circolare n. 32 del 13 marzo scorso, relativa all’esame del 1° ciclo, ad affermare che “istruzioni organiche, in materia di scrutini ed esame di Stato, saranno dettate a seguito della pubblicazione del regolamento (di coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli studenti)”; ponendo tutti nella legittima attesa di ulteriori disposizioni, dal momento che, in realtà, la suddetta circolare si limita di fatto a parlare soltanto della prova unica nazionale, tralasciando importanti riferimenti (ammissione, svolgimento delle prove, documentazione sulla prova unica nazionale, lingua straniera, alunni disabili, alunni di recente immigrazione, adulti, certificazione delle competenze), per i quali, in assenza delle preannunciate “istruzioni organiche”, occorrerà attenersi alla circolare dell’anno passato, la n. 32 del 14 marzo 2008, previa verifica della compatibilità con le variazioni introdotte dalla normativa seguente.

Questo clima di attesa e di latitanza di indicazioni normative e di riferimenti affidabili è visivamente riscontrabile, a proposito dell’esame del 1° ciclo, nella relativa area del sito del Ministero, nella quale nulla si dice riguardo a “Come è”, “Cosa cambia”, “Come si svolge”, “La certificazione delle competenze”, “La linea del tempo”; e lo spazio FAQ è vuoto, o meglio, inaccessibile, come gli altri citati.

In attesa di ‘lumi’ chiarificatori (se possibile adeguatamente tempestivi), non resta che affrontare le varie questioni riguardanti sia le procedure di ammissione all’esame del 1° ciclo sia lo svolgimento stesso dell’esame, per alcune delle quali, nella parte che segue di questo contributo, si cercherà di individuare soluzioni praticabili anche in caso di interventi normativi dell’ultimo momento.


Il voto di idoneità e il giudizio di ammissione

Dall’anno passato, per effetto del comma 4-bis inserito dalla legge 176/2007 nell’art. 11 del D. L.vo 59/2004, il Consiglio di classe deve formulare per ogni alunno un giudizio di idoneità o di non ammissione all’esame di stato. D’altra parte, la legge 169/2008 prevede l’ammissione per gli alunni che riportino un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline. Ne dovrebbe conseguire che lo stesso giudizio di idoneità debba essere formulato in decimi; tanto più che proprio in questi termini si esprime il regolamento di coordinamento sulla valutazione, non ancora in vigore: “il giudizio di idoneità di cui all’articolo 11, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 59 del 2004 e successive modificazioni è espresso dal consiglio di classe in decimi”.

La soluzione migliore (anzi, la ‘meno peggiore’) sembra essere quella della predisposizione per ogni alunno di un giudizio di ammissione, che delinei sinteticamente il profilo del candidato (livello globale di maturazione, capacità e attitudini mostrate), da riportare nella scheda d’esame, seguito (purtroppo!) da un voto in decimi. Questi elementi, complessivamente considerati, sono in grado di fornire informazioni sufficientemente esaurienti alla commissione d’esame su ogni alunno ammesso. L’espressione del voto di idoneità in decimi, inoltre, permette il calcolo della media, unitamente ai voti attribuiti alle singole prove d’esame, per la definizione del voto finale da riportare nel nuovo modello di diploma, allegato al D.M. n. 22 del 24 febbraio 2009.


Dal 5 al 6: si può?

Uno dei problemi più delicati (e non solo per l’ammissione all’esame) è rappresentato dagli alunni non del tutto sufficienti in una o più materie; come regolarsi per loro, dal momento che da quest’anno l’esito positivo dello scrutinio si ha soltanto se tutti i voti sono non inferiori al 6? Come rilevato da più parti, è in agguato il ‘falso’ costituito da voti non sufficienti trasformati in 6, per poter deliberare la promozione o l’ammissione di quegli alunni che, per una serie di apprezzabili ragioni, non meritino di ripetere l’anno.

L’attuale situazione normativa, però, non nega affatto la possibilità di ‘alterare’ la valutazione negativa riportata da un alunno, visto che la stessa legge 169/2008 prevede che la votazione finale sia attribuita “con decisione assunta a maggioranza dal consiglio di classe”, il quale, quindi, può legittimamente portare a 6 un voto non sufficiente proposto da un insegnante. In questo caso, sembra più che opportuno che lo stesso organo collegiale, con una nota informativa da allegare al documento di valutazione, metta la famiglia dell’alunno al corrente di tale decisione, esplicitandone le motivazioni e illustrando non solo le carenze che avrebbero dato luogo al voto non sufficiente (e alla ripetenza), ma anche – soprattutto per la promozione a classe successiva – gli impegni che la famiglia e l’alunno dovrebbero assumere per evitare ulteriori e più gravi difficoltà (con probabili esiti negativi) nell’anno seguente. Per gli alunni ammessi all’esame, in caso di accesso a un istituto secondario di 2° grado, tale nota aggiuntiva, se trasmessa dalla scuola di provenienza, avrebbe anche lo scopo di informare adeguatamente la scuola di destinazione circa le carenze e le difficoltà dello studente da tenere sotto controllo, fin dall’inizio del nuovo anno.

La soluzione proposta (che viene già adottata da tempo in molte scuole) trova riscontro, oltretutto, nel regolamento sulla valutazione, che la prevede esplicitamente al comma 7 dell’art. 2. Perché non adottarla comunque, indipendentemente dall’approvazione di questo in tempo utile, visto che nessuna norma la dichiara illegittima? Riguardo alle modalità e alle procedure per la valutazione, è bene ricordare che l’art. 4 (comma 4) del regolamento dell’autonomia (DPR n. 275/1999) attribuisce alle singole scuole il compito di individuare “le modalità e i criteri di valutazione degli alunni nel rispetto della normativa nazionale”. E, dunque, non possono essere messe in discussione scelte effettuate autonomamente, purché non contrastino con le disposizioni di carattere generale.


La certificazione delle competenze

Anche per la certificazione finale delle competenze si vive in un clima di attesa, considerando che la C.M. n. 10 del 23 gennaio 2009 si conclude proprio con un rinvio “a successiva comunicazione” riguardo a tale adempimento, “a seguito anche della approvazione definitiva del citato regolamento sulla valutazione”. Il che starebbe a significare che, in mancanza del regolamento, ogni scuola dovrà risolvere il problema nella maniera ritenuta più idonea, come nei due anni precedenti.

Ma l’entrata in vigore della legge n. 169/2008 ha in parte modificato i termini della questione, dal momento che il comma 3-bis dell’art. 3 di detta legge non parla più genericamente di “certificazione delle competenze”, come faceva la norma precedente (D. L.vo n. 59/2004), ma prescrive un esito dell’esame “espresso con valutazione complessiva in decimi e illustrato con una certificazione analitica dei traguardi di competenza e del livello globale di maturazione raggiunti dall’alunno”.

E il regolamento sulla valutazione, nella formulazione nota, si esprime in termini ancora più chiari e impegnativi (art. 8, c. 1) : “Nel primo ciclo dell’istruzione, le competenze acquisite dagli alunni sono descritte e certificate al termine della scuola primaria e, relativamente al termine della scuola secondaria di primo grado, accompagnate anche da valutazione in decimi”; dunque, non basterebbe indicare le competenze e valutarle in decimi, ma esse andrebbero anche ‘descritte’. Con quale modello non è dato sapere, finché non verrà emanato l’apposito decreto ministeriale previsto dal comma 6 dello stesso articolo.

Resta il fatto che, anche semplicemente sulla base della legge vigente, la n. 169/2008, non potranno essere utilizzati certi modelli fin troppo sintetici visti negli anni passati, che facevano riferimento a generiche competenze “in lingua italiana”, “matematiche”, “artistiche”, ecc.; certamente non si può parlare, per quei modelli, di “certificazione analitica dei traguardi di competenza”, come prescrive la legge citata. Occorrerà, quanto meno, aggiungere per ogni disciplina i descrittori che sono stati utilizzati per attribuire la valutazione, la quale, in base a quanto indicato all’art. 3, c. 2 della stessa legge, dovrà essere espressa con voti numerici.