Vecchie abitudini all'università A prima vista i criteri per la ripartizione dei fondi collegati alla Programmazione triennale 2007-2009 degli atenei pubblici sembrano ispirarsi alla teoria dell'incentivazione. Poi i dettagli tecnici indicano che la finalità perseguita implicitamente è quella di non modificare lo status quo. Servendosi di calcoli complessi, per i quali premio e sanzione differiscono poco. Intanto, il 7 per cento del Fondo ordinario già quest'anno dovrebbe essere assegnato in base a principi di qualità. Ma mancano ancora indicazioni concrete sulle modalità della ripartizione delle risorse. di Daniele Checchi e Tullio Jappelli, La Voce 8.7.2009 Nelle Linee guida del governo per l’università diffuse dal ministro Gelmini lo scorso 6 novembre si legge che: “Autonomia e responsabilità, quindi, ma anche, soprattutto, il merito come criterio costante di scelta: nell’allocazione delle risorse, nella valutazione dei corsi e delle sedi, nella scelta e nella remunerazione dei docenti, nella promozione della ricerca”. E poco più avanti: “L’allocazione delle risorse sulla base della qualità (della ricerca, dell’insegnamento e dei suoi risultati, dei servizi e delle strutture) è per il Governo il criterio fondante di un nuovo sistema universitario più libero e più responsabile, sia a livello centrale che nei singoli atenei. Già nel 2009 il 7 per cento di tutti i fondi di finanziamento alle università sarà erogato su base valutativa e la percentuale è destinata a crescere rapidamente negli anni successivi per allinearci alla migliore prassi internazionale. L’obiettivo è infatti quello di raggiungere entro la legislatura il 30per cento”.
BUONI PROPOSITI
Propositi encomiabili, che però
restano lettera morta nonostante sia già trascorso
più di metà del 2009. Il problema che sembra ora affliggere il
ministero è individuare i criteri con cui ripartire i fondi;
purtroppo quelli che verranno e le modalità con cui saranno
applicati rischiano di essere ancor meno trasparenti di quelli
applicati in passato. (1)
UN PESO PER L'INDICATORE Immaginate di disporre di due indicatori di performance degli atenei: ad esempio, qualità della didattica e della ricerca. La tabella 1 riporta i dati per dieci atenei qualsiasi; i dati sono tratti da due indicatori effettivamente utilizzati per la valutazione ministeriale. Scegliendo un peso da assegnare ai due indicatori, i dati sarebbero sufficienti per distribuire le risorse. I criteri e i loro pesi nella distribuzione delle risorse darebbero un messaggio importante. Ad esempio, se l’indicatore A pesa molto più dell’indicatore B, l’anno successivo gli atenei probabilmente risponderebbero incentivando le attività che migliorano l’indicatore. Tabella 1 – Indicatori di performance
Il ministero però preferisce una via molto più tortuosa. Invece di premiare il livello di efficienza conseguito (da cui risulterebbe che l’ateneo 5 è relativamente il migliore – valori in grassetto), decide di premiare i miglioramenti conseguiti sul passato, dando più peso a chi partiva dalla situazione peggiore. Si calcolano quindi le variazioni degli indicatori da un anno all’altro (colonne 1 e 2 di tabella 2), individuando la performance peggiore, che viene presa come benchmark negativo (rispettivamente gli atenei 3 e 8 – valori in grassetto). La performance di tutti gli altri atenei viene ridefinita in rapporto al valore peggiore (colonne 3 e 4): ad esempio l’ateneo 1 migliora l’indicatore A di 11 decimali rispetto all’ateneo 3 (il peggiore). Si sommano poi i miglioramenti relativi di tutti gli atenei (ultima riga delle colonne 3 e 4) e si calcola il contributo di ciascuno al miglioramento complessivo (colonne 5 e 6).
Tabella 2 – Costruzione degli indici di ripartizione
Tuttavia, il ministero è fortemente
preoccupato delle reazioni che potrebbe provocare un simile sistema
incentivante. Chiede quindi agli atenei stessi di
scegliere i pesi da attribuire ai due indicatori
(in un intervallo compreso tra 1/3 e 2/3). Per massimizzare le
risorse, gli atenei attribuiranno il peso maggiore proprio dove
hanno la performance migliore (colonne 7 e 8). Alla fine, la
ripartizione dei fondi avviene pesando i due indicatori così
costruiti (meglio sarebbe dire manipolati) con pesi scelti dagli
atenei. Si noti che nella realtà gli indicatori sono 21, il calcolo
più complesso e la trasparenza notevolmente minore che nel nostro
esempio.
(1) Già oggi esiste un modello (chiamato non senza ironia “teorico”) per ripartire il fondo di Finanziamento ordinario sulla base della produttività didattica degli atenei. Tuttavia il modello assegna solo il 2,2 per cento del fondo; il resto viene attribuito sulla base della spesa storica. Sulla base della ripartizione teorica alcuni atenei potrebbero ottenere molto più di oggi: tra questi i Politecnici di Milano e Torino e le università di Padova, Bologna, Torino e Milano. (2) Le aree di attenzione sono cinque: (A) Razionalizzazione dell’offerta formativa; (B) Sviluppo della ricerca scientifica; (C) Azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti; (D) Sviluppo dell’internazionalizzazione; (E) Risorse umane di personale docente e tecnico amministrativo. Ciascuna area contiene indicatori per quantificare il progresso di ciascun ateneo lungo quella dimensione.
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