Scuola. Nuova materia: educazione sessuale

Dopo la decisione di distribuire preservativi nelle scuole superiori romane, la Sigo, Società italiana di ginecologia e ostetricia, sollecita l’inserimento dell’educazione sessuale nelle scuole. Un progetto che coinvolge docenti preparati e competenti, ma anche i genitori.

Silvia Pino, Votailprof 1.7.2009

Dopo la decisione di distribuire preservativi nelle scuole superiori romane, la Sigo, Società italiana di ginecologia e ostetricia, sollecita l’inserimento dell’educazione sessuale nelle scuole. ''Distribuire contraccettivi nelle scuole superiori è utile per sensibilizzare i giovani sull'importanza di praticare sesso con responsabilità salvaguardando la loro salute. Ma non basta: per colmare l'ignoranza dilagante servono soprattutto interventi strutturati nelle scuole da parte di medici e psicologi'', afferma Giorgio Vittori, presidente della Sigo. La prima proposta legislativa avanzata per introdurre l’educazione sessuale nelle scuole italiane risale all'anno 1910, ma nonostante la proposta non avesse ottenuto abbastanza consensi per il varo di una legge, il dibattito è ancora in corso. Sebbene l’introduzione dell’educazione sessuale nei programmi didattici non sia stata ottenuta, oggi si parla normalmente di sesso a scuola da un punto di vista fisiologico con i docenti di scienze e biologia, oppure da un punto di vista etico e religioso con i docenti di religione cattolica. Ma è evidente che informare non equivale ad educare. L’introduzione dell’educazione alla sessualità nelle scuole richiede il coordinamento non solo di docenti preparati e competenti, ma coinvolge anche i genitori e necessita l’appoggio delle Asl locali. Per questo richiede un'attenzione e una sensibilizzazione particolari.

Nel 1992 nasce l’ENHPS (European Network of Health Promoting Schools), ossia il network europeo delle scuole promotrici della salute. Esso si propone di incoraggiare ed educare gli studenti a seguire uno stile di vita sano. In Italia, partecipano al Network dal 1995 diverse città, occupandosi di tematiche diverse tra cui prevenzione del cancro, dell’AIDS, educazione alimentare e anche educazione alla sessualità. Ma i veri pionieri dell’educazione sessuale nelle scuole, sono gli Svedesi che l’hanno inserita obbligatoriamente nella didattica nel 1956. In Francia dal 1973 vi è un corso extra scolastico facoltativo, come anche in Inghilterra e in Galles. In Finlandia, invece, la Population Family Welfare Federation distribuisce a tutti i quindicenni un kit introduttivo con un opuscolo, un profilattico e il video di una storia d’amore in cartoni animati. Ed è proprio su questa scia che la Sigo si propone di elaborare un set pronto all’uso, composto da diapositive, poster, guide per gli insegnanti e gli studenti, che sarà pronto già per il prossimo anno scolastico.

Ma la base per una sessualità consapevole e sicura è rappresentata senz’altro dal dialogo e dall’insegnamento che la famiglia può fornire ai ragazzi. I dati parlano chiaro. La Sigo sostiene che servono corsi sulla sessualità anche per i genitori: solo il 40% delle madri delle ragazze nate dall’85 in poi parla di contraccezione con le figlie, il 47% dei genitori considera il profilattico sicuro contro le malattie sessualmente trasmesse; l'81% dei ragazzi parla di contraccezione, mentre soltanto il 4% si rivolge al padre e il 3% alla madre, il 59% dei casi ne parla con gli amici. Il presidente Giorgio Vittori sottolinea la crescita delle interruzioni di gravidanza per le under 14 e le indagini condotte sostengono che una ragazza su tre non utilizza alcuna precauzione la prima volta, il 50% delle ragazze poi continua a non usarne. L’educazione sessuale è quindi necessaria, ''contro aborti, malattie e futura infertilità'', per responsabilizzare i giovani e favorire uno stile di vita all’insegna della salute e del rispetto del proprio corpo.

L’educazione alla sessualità ha inizio all’interno della famiglia, eppure solo il 4% degli adolescenti sceglie di confidarsi e chiedere consiglio ai propri genitori. Gli psicologi sostengono che i figli vivono questo disagio perché essi percepiscono chiaramente l’eccessivo coinvolgimento emotivo nel trattare l’argomento. A volte i genitori tendono a considerare l’età mentale dei propri ‘pargoli’ minore di quella anagrafica. Ma una giusta compensazione a questa carenza ‘istintiva’ in famiglia può essere colmata dall’introduzione dell’educazione alla sessualità nelle scuole?

Lo abbiamo chiesto ad Antonia Cascio, rappresentante del CGD (Coordinamento Genitori Democratici) di Palermo. ''La scuola da sola non può colmare - risponde Antonia Cascio- queste ‘innate’ carenze familiari attraverso l’introduzione dell’educazione alla sessualità nei programmi. Famiglia e scuola devono costruire alleanze, trovare linguaggi comuni e condivisi per dare risposte chiare e adeguate al desiderio di informazione e confronto espresso dai ragazzi. Gli adulti dovrebbero forse essere formati e sensibilizzati loro per primi, per acquisire maggiore scioltezza nel trattare certi argomenti “sensibili”, e riuscire a rielaborare le proprie esperienze giovanili con occhi maturi e più consapevoli".


Molti genitori avversi al progetto, sostengono che l’educazione sessuale rischia di incoraggiare precocemente i bambini e i ragazzi alla pratica sessuale. Cosa ne pensa?

"Intanto bisogna capire cosa si intende per educazione sessuale: a volte dietro questo termine si nascondono retaggi cattolici, atteggiamenti conservatori che non tengono conto delle novità dei tempi. Ma oggi i ragazzi usano soprattutto internet per raccogliere quelle notizie, anche sulla sessualità, che giornalmente non riescono a trovare. L’informazione è importante, perché l’ignoranza può essere la causa diretta di esperienze negative che segnano per la vita e condizionano la possibilità di costruire relazioni positive.
La famiglia prima e la scuola subito dopo, sono i luoghi dove si osservano e si capiscono le relazioni fra gli adulti, il rispetto e la convivenza con gli altri; bisognerebbe piuttosto aiutare i ragazzi a costruire relazioni affettive adeguate e a diventare adulti consapevoli".


Crede che ci sia abbastanza sensibilizzazione al tema dell’educazione sessuale in ambiente scolastico e familiare? Quanto conta per lei, in qualità di genitore, affiancare ad uno studio etico o filologico del sesso, una trattazione tollerante, libera e pluralista?

"E’ importantissimo che gli adulti siano capaci di affrontare con serenità argomenti legati alla sessualità, alle scelte del partner, dando ai ragazzi, alunni o figli che siano, la certezza che non saranno giudicati per ciò che fanno o per ciò che chiedono ma ascoltati e accompagnati".


Secondo la sua esperienza, pensa che ci sia un approccio differente al tema in base alla collocazione geografica nel Paese? Ossia, è diversa l’opinione a riguardo tra Nord e Sud, oppure tra piccole cittadine o paesi e grandi centri urbani?

''Sicuramente esiste un approccio differente legato alla collocazione geografica: le statistiche ci dicono che al nord le esperienze sessuali, la famosa prima volta, sono pressoché precoci; per me però questo non significa che in quel caso ci sia una maggiore consapevolezza da parte dei ragazzi di ciò che avviene nella loro vita. Anzi, il rischio di anticipare i tempi delle proprie esperienze può comportare malesseri e disagi che, se non intercettati in tempo e con strumenti adeguati possono arrecare danni. In questo, famiglia e scuola ricoprono un ruolo essenziale''.