L'Ocse nel rapporto sull'Italia mette in guardia dai rischi di risparmi di spesa indiscriminati. La scuola deve controbilanciare il contesto sociale negativo

Tagliare al Sud è molto pericoloso

Giovanni Scancarello, ItaliaOggi 14.7.2009

Tagliare la spesa per l'istruzione in Italia si può. Per esempio, aumentando il numero di studenti per classe, e dunque riducendo il numero di insegnanti. Ma non dove il rendimento degli studenti è già basso, e il peso determinante è dato dal cotnesto sociale, come al Sud. In caso contrario, le prestazioni peggioreranno. L'avvertimento giunge dall'Ocse che ha recentemente sfornato il suo nuovo studio sulle condizioni economiche del nostro paese, dato alle stampe con il titolo Economic survey of Italy. Secondo l'Ocse conciliare l'esigenza di risparmio con l'innalzamento degli standard di apprendimento degli studenti è possibile a patto che si attuino «politiche di risparmio strutturali e di investimento mirate alle scuole che meritano di più in base ai risultati ai test di apprendimento».

Un monito per il nostro ministro dell'istruzione Mariastella Gelmini che proprio del risparmio e del merito fa la propria bandiera, ma che sarà costretta a riconoscere che anche per realizzare risparmi e investimenti mirati servono soldi e scelte condivise. L'Italia è al 36° posto della classifica dei paesi Ocse Pisa in fatto di apprendimento delle scienze da parte degli studenti di 15 anni. Mentre aspettiamo di comprenderne le ragioni, bisogna far tornare i conti. L'Ocse definisce il risparmio di spesa «cruciale soprattutto in periodi di recessione» come quello attuale. Ma come combinare economia di bilancio dell'istruzione e miglioramento dei livelli di apprendimento degli studenti italiani, è questo l'interrogativo che ci si pone. Per l'Ocse c'è da metter mano alla struttura portante della spesa, cioè al rapporto tra numero docenti e alunni, al tempo scuola, al tempo di docenza e alla quantità di alunni per classe. E qui è doverosa una premessa: l'Ocse non tiene conto del fatto che nel sistema Italia anche i docenti di religione e quelli di sostegno fanno parte della voce istruzione, mentre in altri paesi sono allocati sotto capitoli e dunque ministeri diversi.

Un dato che fa certamente lievitare in alto il numero docenti imputato all'Italia: 28, 2 docenti ogni 100 alunni per tutto il percorso dalle scuole elementari alle superiori contro una media Ocse di 21,7 docenti; gli studenti vanno complessivamente a scuola per 3168 ore contro la media di 2790 ore di tempo scuola Ocse; gli insegnanti lavorano per 1937 ore contro le 2196 ore medie dei colleghi Ocse e per finire, le classi contano in Italia mediamente 20,7 alunni (considerando l'intero percorso dal primo al secondo ciclo) contro i 25,1 della media di una classe media Ocse. Eppure alla fine dell'obbligo gli studenti italiani si dimostrano deboli in matematica, scienze e lettura. In futuro, buona parte del risparmio va assolutamente reinvestito nella scuola ma non in modo indistinto, quanto piuttosto in modo mirato verso le scuole che fanno registrare migliori prestazioni di apprendimento dei propri studenti e quelle situate nelle aree a rischio. Il tutto richiede governance soprattutto se si vuole evitare che con l'incipiente avvio del federalismo scolastico si accentuino irrimediabilmente i divari tra scuole del nord e del sud.

In questo contesto, non si può tagliare per risparmiare in modo indistinto senza tenere conto delle differenze esistenti tra tipi di scuola e tra territori. Per questo serve inverstire di più e meglio, per esempio, sulla formazione professionale e sulle scuole del Sud, che risentono dei fattori di contesto molto più (38%)di influenza sui risultati ai test Ocse Pisa) che al Nord (3%). Il problema, sottolinea il rapporto, è anche il come risparmiare se non si vuole rischiare di gettare via il bambino con l'acqua sporca; in questo senso non si può non pensare al riordino della scuola elementare che, dopo tutto, stando ai risultati della valutazione internazionale dell'apprendimento in scienze, matematica e lettura, si era dimostrata efficace e competitiva. E che, nonostante questo, è stata riformata.