La Corte blinda l'esame di stato, rispetto al
federalismo
La Consulta agli enti locali: Giuseppe Mantica, ItaliaOggi 28.7.2009 L'esame di stato non può essere federale. La struttura e le modalità della verifica conclusiva del corso di studi di istruzione superiore sono impostate dal legislatore nazionale e non possono trovare modifiche e deroghe proposte dagli enti locali. Sulla base di questo principio la Corte costituzionale ha recentemente accolto il ricorso presentato dal presidente del consiglio dei ministri mirante ad accertare la illegittimità di una normativa emessa dalla provincia autonoma di Bolzano. La decisione è contenuta nella sentenza n. 213 pubblicata il 14 luglio scorso e sancisce l'incostituzionalità della legge provinciale esaminata. Si tratta dell'art. 8, comma 1, della legge n. 2/2008 della provincia altoatesina che aveva previsto «corsi annuali a favore di persone in possesso di un diploma professionale conseguito nell'ambito dei percorsi della formazione professionale», allo scopo «di creare i presupposti» per poter sostenere un «esame di stato», «utile anche ai fini dell'accesso all'università e all'alta formazione artistica, musicale e coreutica». La legge disponeva altresì, all'art. 12, una particolare disciplina per le prove di esame, nonché diverse modalità di nomina della relativa commissione rispetto alla normativa statale. Questa legislazione ha sollevato l'attenzione del governo, che legittimato ad agire nei giudizi sui conflitti di attribuzione tra i poteri dell'amministrazione, si è rivolto alla consulta ritenendo il contrasto con le norme costituzionali sul riparto di competenze legislative fra lo stato e la provincia autonoma, in base alle quali la disciplina dei titoli idonei a determinare l'accesso agli studi superiori spetta soltanto allo stato. La materia oggetto del caso è, infatti, da ritenersi estranea tanto alla potestà esclusiva in materia di formazione professionale, quanto alla potestà concorrente in materia di istruzione, attribuita alle province autonome dal dpr n. 670/72. La disciplina dell'esame di stato, inoltre, rientra per dettato costituzionale (art. 117, secondo comma, lettera n) tra le norme generali sull'istruzione.
Nel dichiarare fondato e quindi nell'accogliere il ricorso, la corte
costituzionale ha rimarcato come spetta allo stato, in via
esclusiva, la potestà legislativa relativa alle norme generali
sull'istruzione; siccome spetta alle regioni, in via residuale, la
potestà legislativa concernente la formazione professionale. La
corte ha rilevato che le norme in esame avevano dato luogo
all'organizzazione di un corso annuale (corrispondente al quinto
anno integrativo degli studi di formazione professionale) volto a
«creare i presupposti» per poter sostenere un «esame di stato»
diverso da quello disciplinato dalle norme nazionali, suscettibile
di consentire l'accesso agli studi universitari direttamente dal
sistema della formazione professionale. La provincia aveva, quindi,
istituito, un esame maturità diverso da quello nazionale che prevede
lo svolgimento di tre prove scritte e di un colloquio orale su tutte
le materie del programma scolastico, mentre la legge provinciale in
questione stabiliva che «le prove di esame vertono sulla valutazione
delle competenze acquisite in cinque delle materie fondamentali»,
«nonché in almeno una delle materie caratterizzanti l'indirizzo».
Così facendo, l'ente non aveva operato nell'ambito dei limiti
prestabiliti, invadendo la sfera di competenze riservata
all'amministrazione centrale. La disciplina degli esami conclusivi
ricade nella materia dell'istruzione, in quanto conclude il percorso
di istruzione secondaria superiore ed avvia gli studi di
universitari. In tal senso, sottolinea il giudice delle leggi,
l'impostazione dell'esame di maturità rappresenta un elemento di
quella struttura essenziale del relativo sistema nazionale che non
può essere oggetto di normazione differenziata su base territoriale
e deve essere regolata in modo unitario sull'intero territorio. |