Un terzo degli studenti aspetta di finire gli
studi
per decidere il percorso universitario
Ma molti giovani mostrano di non conoscere
cosa li aspetta all'università e nel mondo del lavoro
Cosa fare dopo la maturità?
I ragazzi scelgono troppo tardi
Scuola del rigore? Per i pedagogisti la
dispersione dimostra la crisi del sistema
E tanti ragazzi che restano negli istituti costano allo Stato
miliardi in più
Federico Pace, la
Repubblica 17.6.2009
Ogni anno centinaia di migliaia di
giovani arrivano alla maturità con apprensione e preoccupazione. Ci
sono gli scritti che fanno paura. C'è il colloquio orale che
spaventa più di ogni cosa. Eppure molti di loro, superata la
strettoia dell'esame, si accorgono che la cosa più difficile, non è
passare quell'ostacolo. Quel che è più arduo è scegliere cosa fare
dopo. Sì, perché molti di loro, circa un terzo, prima di prendere la
decisione che può segnare la propria vita, aspetta di finire le
superiori e mettersi alle spalle quel groviglio di sensazioni che è
la maturità. E qualcuno lo fa addirittura dopo settembre, dopo avere
trascorso l'ultima spensierata estate.
Troppi drammi per l'esame.
Capire cosa si vuol fare è complicato, ma perché aspettare tanto?
Per Giancarlo Gasperoni, docente di sociologia all'università di
Bologna e direttore dell'Istituto Cattaneo (leggi
l'intervista) questo "si spiega con una certa
drammatizzazione eccessiva della maturità. Di fatto le probabilità
di essere respinti sono così basse che non si capisce perché si
drammatizzi così. Questo blocca le scelte che andrebbero fatte prima
e con maggiori energie. Certo ci sono anche ragazzi e ragazze che
hanno preso una decisione da tempo, ma questo non riduce
l'evidenza".
Secondo l'indagine realizzata
dell'Istituto Cattaneo sulle scelte dei diplomati dopo la maturità,
in particolare focalizzata sui diplomati "eccellenti", sono
soprattutto i ragazzi e le ragazze del Classico a prendere una
decisione per tempo: il 35,4 per cento sceglie il percorso
universitario prima dell'ultimo anno. Molti quelli che aspettano
l'ultimo momento. Una buona quota comunque trova il bandolo della
matassa nel corso dell'ultimo anno (vedi
tabella),
Poco informati. Resta evidente
che la gran parte dei giovani al momento della scelta mostra, oltre
che incertezza, di non sapere molto a cosa sta andando incontro. Una
situazione che rende ancora più complesso l'iter decisionale e
determina, in fin dei conti, una dispersione di talenti in percorsi
frammentati se non interrotti d'improvviso. "La difficoltà dei
giovani è evidente", dice Andrea Cammelli, direttore del consorzio
Almalaurea (leggi
intervista).
"Basti pensare che il 20 per cento
degli immatricolati al sistema universitario italiano non iscrive
più al secondo anno universitario. A questo si aggiunga che il 77
per cento dei centocinquantamila diplomandi che hanno compilato il
percorso di orientamento AlmaOrientati ha sbagliato tutte le
risposte alle dieci domande che misuravano il loro grado di
conoscenza del sistema universitario e del mercato del lavoro".
La via verso l'università. Ad ogni
modo, più di due ragazzi su tre di quelli che escono dalle superiori
decidono di iscriversi in un ateneo. Una scelta che ha registrato
un'impennata negli anni della riforma (il 72,6 per cento) e che ora
si è stabilizzata intorno al 66 per cento (era il 62,3 per cento nel
2001). Scelgono l'università soprattutto gli studenti del centro
Italia. Dietro, di qualche punto percentuale, ci sono quelli
residenti al Nord, seguiti dagli studenti del Mezzogiorno. Più le
ragazze che i ragazzi.
La gran parte di loro, secondo
l'ultimo rapporto Istat dedicato a università e lavoro che prende in
considerazione solo quelli che si iscrivono per la prima volta,
finisce per privilegiare i corsi del gruppo economico-statistico (in
45 mila), quelli politico-sociali (35 mila), quelli giuridici (32
mila) e i diversi percorsi di ingegneria (31 mila). Solo 10 mila si
azzardano ad iscriversi a corsi scientifici (vedi
tabella).
Le attitudini. Ma come scelgono
allora i giovani? Quali sono le motivazioni da cui si fanno guidare?
Quali gli elementi che fanno pendere, infine, la bilancia da un
lato? Tanti e diversi tra loro, tanto che è difficile indicarne uno
solo. Secondo lo studio dell'Istituto Cattaneo, la gran parte degli
studenti si basa soprattutto sul quello che piace di più. Il 71,7
per cento afferma che l'attitudine alla materia è risultato un
fattore decisamente determinate per la scelta. Si fa filosofia
insomma soprattutto perché si ci si sente portati per le materie
umanistiche e il pensiero logico. Subito dopo, nelle lista dei
fattori decisivi, ci sono la qualità dei contenuti didattici, la
varietà degli sbocchi lavorativi. Meno importanti, ma sempre
significativi, la qualità dell'organizzazione didattica, il
prestigio della professione cui si accede, la continuità degli studi
precedenti, la possibilità di studio all'estero, l'innovatività del
corso e la vicinanza alla residenza.
Quanto conta il web. Se si
guarda alle fonti utilizzate, sono soprattutto i siti internet delle
università a svolgere il primo ruolo di orientamento per i ragazzi
che li indicano, quasi in quattro casi su dieci, come decisamente
determinanti. Seguono le guide stampate, le visite dirette alla sedi
della facoltà e i consigli di altri studenti universitari. Meno
importanti sono invece i consigli di amici o anche quelli di
genitori o insegnanti.
Scelta consapevole. Ma per
prendere una decisione cosciente e studiata cosa deve fare un
giovane? Per Cammelli "deve informarsi sulle performance delle
facoltà più che dell'università". Insomma, non sempre atenei
prestigiosi come prima scelta. "Qualche volta - spiega Cammelli - si
scopre che una facoltà in un altro ateneo ottiene risultati migliori
soprattutto su due terreni: le esperienze di studio all'estero e di
stage e tirocinio". Elementi questi molto importanti perché
"testimoniano quanto il corpo docente di quel determinato corpo di
studio sia fortemente integrato a livello comunitario e sia capace
di interagire con il mercato del lavoro e con le parti più dinamiche
della società".