GRUPPO DI FIRENZE

per la scuola del merito e della responsabilità

Bocciature come opportunità:
una risposta ai commenti

di Valerio Vagnoli,
d
al Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, 28.6.2009.

Prendo spunto dai commenti al mio intervento E se la bocciatura fosse un’opportunità? sulle bocciature per chiarire alcuni temi.

Quando parlo di permanere, nel nostro sistema scolastico, di modelli seicenteschi, non intendo riferirmi soltanto alla lezione frontale che giustamente uno degli intervenuti difende come strumento didattico dal quale non si può ancora prescindere (salvo vederla propinata per sei-sette ore di seguito anche da parte di docenti di materie tecniche-professionali che richiederebbero, invece, ben altre strategie didattiche). Seicentesco, nel nostro sistema scolastico, è anche il permanere del modello esclusivo della classe al posto di una organizzazione per gruppi di livello o modulare o per classi aperte, come ad esempio nel modello finlandese. Seicentesca, inoltre, è l’organizzazione dello studio, che andava benissimo per una scuola elitaria; meno per una scuola come la nostra.

In uno degli interventi si sottolinea, giustamente, come le scuole italiane siano strutturalmente inadatte a sperimentare nuove strategie didattiche. È vero, tuttavia anche l’esclusività dell’organizzazione in classi contribuisce a non stimolare i responsabili dell’edilizia scolastica ad investire in modo da rivoluzionare strutture e strumentazioni delle scuole di ogni ordine e grado.

Accade, invece, che edifici scolastici possano essere ricavati (succede in alcune grandi città del sud) anche da appartamenti per civili abitazioni collocati al quarto e quinto piano di palazzoni anonimi e tristi per le stesse famiglie che vi abitano, figuriamoci per dei bambini o per degli adolescenti.

Una scuola ove il ruolo della “classe” - nelle scuole superiori - finisse per essere marginale o per scomparire del tutto costringerebbe gli Enti locali a ripensare gli edifici scolastici. Ovvio, tuttavia, che le scuole dovrebbero essere belle e funzionali a prescindere da questo, ma da noi così non è. Ripenso al mio ultimo viaggio in Francia, alla bellezza di gran parte dei suoi edifici scolastici. Scuole di provincia pensate come una sorta di piccolo villaggio con spazi verdi e sportivi da far impallidire i nostri centri sportivi più alla moda. Mense e laboratori pensati per una scuola che risponde a ben altre dinamiche rispetto alla nostra ancora troppo ancorata al passato. Qualcosa vorrà pur dire se negli ultimi anni il meglio del cinema e della narrativa francese ruota intorno al tema della scuola mentre da noi, salvo rarissimi casi (e tra questi è doveroso annoverare l’alzata di scudi dei 16 intellettuali firmatari dell’appello a favore del merito e della responsabilità), siamo rimasti a qualche film macchiettistico, a Mio figlio professore, a Terza B facciamo l’appello e a Io speriamo che me la cavo, oltre ovviamente la solita, oggi retorica, Lettera a una professoressa.

Per quanto concerne i rilievi a proposito della responsabilità della scuola sulle bocciature e quanto poco si faccia per recuperare i meno bravi, rimando all’intervento dell’amico Giorgio Ragazzini.