L’OCSE (ri)boccia la scuola italiana

da TuttoscuolaNews N. 399, 22 giugno 2009

L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), fondata a Parigi nel 1960, ha cominciato ad occuparsi di educazione in modo organico e sistematico a partire dagli anni novanta dello scorso secolo, quando furono messi a punto gli Indicatori internazionali dell’istruzione (1992), avviate le indagini comparative poi sfociate nei rapporti annuali Education at a glance, e lanciato nel 2000 il vasto programma PISA (Programme for International Student Achievement), a cadenza triennale, sugli apprendimenti dei quindicenni in lettura, matematica e scienze.

Da quando l’OCSE si occupa di istruzione in chiave comparativa la scuola italiana non ha dato buona prova di sé. Anzi, si può dire che è stata bocciata sistematicamente, e che la sua situazione di classifica è andata addirittura peggiorando, come mostrano i risultati delle tre edizioni del PISA finora espletate (2000, 2003, 2006: quella del 2009 è in corso di svolgimento).

Non ha perciò sorpreso il giudizio negativo sulla scuola italiana contenuto nell’ultimo rapporto OCSE sull’Italia, dedicato in gran parte ai problemi economici ma attento anche ad individuare i nodi strutturali che bloccano lo stesso sviluppo economico. Tra questi nodi l’OCSE inserisce il nostro sistema educativo, che è tra i più costosi (università esclusa) e nello stesso tempo tra i più scadenti per quanto riguarda i risultati.

Ha avuto buon gioco il ministro Gelmini nel rilevare che lo stato attuale della scuola italiana non le può essere rimproverato, e che anzi le riforme da lei avviate (a partire da tagli di personale, chiusura delle scuole piccole, alleggerimento dei curricoli) raccolgono le indicazioni dell’OCSE. Bisognerà vedere, naturalmente, se i risultati complessivi miglioreranno, pur in presenza di risorse più scarse. E questa è la sfida che attende il ministro.