Voti, che passione! di Giancarlo Cavinato, Pavone Risorse 27.6.2009 Ritengo di essere uno dei ‘quattro pirla’ che, quando parla Gelmini, ambirebbe ad avere una ministra (meno sboccata) più competente. Ho contato circa 20 comunicazioni sulla valutazione, gli esami di compimento del primo ciclo, la somministrazione della prova nazionale Invalsi: comunicazioni pervenute prima, durante e (si spera di no) dopo... Ognuna contraddittoria rispetto all’immediatamente precedente, per ognuna avremmo dovuto cambiare documento di valutazione, rivedere criteri, rifare scrutini e plenarie.
Altro che ‘ritorno alla serietà’! La
scuola italiana pubblica è stata sottoposta, nel corso di quest’anno
scolastico, a forme di pressione, disorientamento, svillaneggiamento
da parte di ministri della Repubblica, mobbing. C’è, bensì, qualcosa di più profondo: qualcosa di torbido, un odio archetipico verso la cultura, la formazione egualitaria, una viscerale avversione verso la parità di opportunità, un’invidia maturata nel corso della propria storia di formazione verso chi, nonostante condizioni di partenza avverse, ha l’opportunità di un miglioramento, che la scuola nel suo percorso secolare ha ( non sempre e non per tutti) consentito. Non si spiega altrimenti in relazione a quali criteri, in un istituto tecnico rinomato della mia città, un diciassettenne afgano approdato lo scorso anno in Italia dopo mille peripezie e rischi, perdendo per strada la famiglia, completamente spaesato, con grosse difficoltà linguistiche e comunicative, dopo esser stato indirizzato dai docenti del corso delle 150 ore dove ha superato l’esame di compimento del primo ciclo presso tale corso di studi, sia stato BOCCIATO con ZERO IN ITALIANO ( e insufficienze dal 3 al 4 in tutte le altre discipline): L’azione orientativa e ri-orientativa della scuola quale è stata? Quale ‘passerella’ si è pensato di istituire? Quali interventi di recupero sono stati effettuati? La famiglia affidataria , pur avvertita delle difficoltà incontrate dal ragazzo, non è stata adeguatamente informata delle alternative possibili ( il ritiro entro marzo, ad es.;), né dei possibili interventi, e nemmeno di voti così gravemente stigmatizzanti e invalidanti. Dare zero è come dire. non vali nulla, non conti nulla, non esisti.
Effetto questo, di un’adesione
incondizionata di dirigenti scolastici e docenti di tutti gli ordini
di scuola (molto meno, per fortuna, nella primaria, ma anche qui ci
sono state votazioni sanzionatorie e penalizzanti in corso d’anno in
diverse situazioni) alla ‘semplificazione e al ‘rigore’ invocati da
Gelmini (gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: una scuola
secondaria di primo grado di Treviso ha bocciato 50 alunni). Questi nostri legislatori e i loro esecutori (‘vestali della classe media’ erano definiti un tempo) sono affascinati da un uso punitivo e discriminatorio della prassi valutativa.
‘Oggi anche l’operaio vuole il figlio
dottore e pensi che roba ne può venir fuori’, cantava il compianto
Ivan Della Mea. Non se ne sentirà la mancanza: i ragazzi sono talmente bombardati di stimoli, lusinghe, iperprotezioni, modelli di carrierismo, stimoli all’anticipazione, che solo la lode mancava!
Intanto, si deve sentir affermare da
un alunno durante un ‘colloquio pluridisciplinare’, che dei due
modelli di sviluppo che si sono fronteggiati nel ‘900, quello del
‘libero mercato’ è volto alla protezione dei bisogni e dei diritti
degli individui. Nel silenzio-assenso dell’intero consiglio di
classe. Voto finale: 10 (senza la lode...pe ccato!). Un effetto, comunque, il Regolamento, pur se non ancora in vigore, lo ha avuto: mentre nello schema circolato a dicembre si indicava che le prove nazionali per gli alunni stranieri potevano essere differenziate, e anche la valutazione complessiva doveva tener conto dei loro punti di partenza, delle potenzialità e degli ostacoli, tale dicitura è completamente scomparsa nello schema di maggio, e anche in questo caso le scuole hanno ‘liberamente’ adattato e interpretato. Certo il testo di Buzzati e anche il testo informativo non erano semplici per alunni cinesi, albanesi, marocchini, anche se non al loro primo anno; ma l’adozione di misure alternative è prevista solo per l’handicap, la dislessia, i disturbi di apprendimento (purché ‘specifici’: quelli che oggi i neuropsichiatri ‘curano’ con il Ritalin o altri farmaci). L’anno che si è concluso costituisce una pietra miliare nella storia della scuola italiana. Sarà purtroppo anche l’ultimo in cui le risorse di un istituto consentiranno forme di valorizzazione, arricchimento culturale, attività di laboratorio e di ricerca, piccoli gruppi, progetti. Con il prossimo comincia il tramonto, la scomposizione, gli orari frammentati, i tempi brevi, la ‘semplicità’ del bel tempo che fu. Quindi, un’ulteriore stretta sui voti, per chi ‘non ci arriva’. L’anno prossimo sarà peggio, con classi numerose, insegnanti frustrati dal mettere pezze di qua e di là per coprire buchi orari, con problemi sempre nuovi di famiglie e alunni con bisogni formativi nuovi e vecchi che non si riuscirà a soddisfare. Per questo sono un ‘pirla’: perché il sistema che si è messo in atto mi disgusta e mi produce avversione, mentre ad altri piace proprio. E’ un sistema che premia il conformismo e la pochezza culturale, la piattezza e l’assuefazione al ‘massaggio’ dei cervelli operato dal controllo mediatico.
E’ un sistema sempre più deprivato,
neutro, poco costoso, inefficace, che chiede poco e dà poco: una
‘macchina del vuoto’, per citare un’altra pietra miliare
dell’avventura pedagogica iniziata quasi quarant’anni fa.
Di fronte all’alunna cinese chiusa in
un mutismo ostinato, a cui evidentemente i genitori, per timore di
‘invasioni’ hanno ordinato di non rispondere a nessuna domanda sul
suo futuro durante il colloquio, e lei ha esteso tale ordine a tutto
l’ambito delle possibili domande, aveva senso fermarsi a parlare di
voti, di ‘eccellenza’ (di chi? di chi non vede la sua esistenza
sottoposta a continui cambiamenti, alla precarietà del domani), di
media delle prove Invalsi? La tensione e la rabbia della ragazzina a
un certo momento sono talmente aumentate che, perfino quando la prof
di una disciplina le ha comunicato che nello scritto le ha dato 9,
lei ha avuto uno scatto e ha gridato: -No!- Ministra, a lei non è mai successo che un evento imprevisto l’ha colta di sorpresa, le ha scombinato un progetto, una prospettiva, l’ha trovata impreparata? Pensa che sancire con un numero tale spaesamento sia il modo più giusto di affrontarlo? Pensa davvero che il valore di una persona, la sua storia, cultura, memoria, identità, si ‘pesino’ coi numeri? Ha consegnato alla scuola - e alla storia - un messaggio che mai avremmo voluto sentire da un ministro di questa repubblica: si può fare di meno, si può fare meno ‘fatica’ a insegnare e valutare, si può fare lo stesso con molte meno risorse, vale la pena di impegnarsi ‘solo’ coi ‘capaci e meritevoli’ (nel senso di chi appartiene a un censo, a una classe, a un livello sociale, a un ambiente già di per sé ‘fornito’).
P.P.S.S. E se aprissimo l’anno tutti col cartellino giallo in bella evidenza? |