Maestro unico? No, grazie!
di Cinzia Mion, ScuolaOggi
20.6.2009
Quando ho
traghettato, a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, la riforma
della scuola elementare, nota allora come L.148, alla fine del primo
quinquennio di applicazione della riforma stessa, iniziata nel
1987/88 con le circolari sulla sperimentazione, mi sono fatta un
giro per le classi quinte a fare una chiacchierata con i ragazzi per
confrontare la loro crescita e l’effetto che poteva aver prodotto su
di loro l’organizzazione modulare, al posto del maestro unico.
Il confronto di
sicuro non può aver avuto l’impronta della scientificità , per
scontati motivi, ma ricordo benissimo ciò che ho empiricamente
rilevato, visto che ne ho subito parlato al successivo collegio dei
docenti. Io ero solita andare per le classi a parlare con i bambini,
era una cosa che mi piaceva moltissimo ed ogni volta questo rituale
mi riservava lo stupore della freschezza dei loro interventi e delle
loro espressioni fatte non solo di linguaggio verbale ma anche
corporeo.
In altri termini
mi affascinava del mio lavoro la possibilità di mantenere una
relazione oltre che con i docenti anche con i bambini e la bambine.
Dopo quella
ricognizione ricordo che l’impressione che ne ho rilevato è stata,
rispetto al livello delle classi quinte precedenti, quella di una
nettissima diversa modalità di rapportarsi all’adulto anche quando
l’adulto era, come nel mio caso, di rilevanza istituzionale.
Ricordo la
disinvoltura con cui mi parlavano del distinto rapporto vissuto con
i diversi docenti, ricordo con quanta perspicacia riuscivano a fare
valutazioni pertinenti sulla relazione che ogni docente era riuscito
a stabilire con loro. Mi ha colpito per esempio una osservazione di
un’alunna, particolarmente matura, che con un linguaggio appropriato
era riuscita a fare una rilevazione critica su di una docente, con
garbo, senza offenderla, sul fatto che prometteva sempre delle
sanzioni senza mantenerne mai una, aggiungendo che questo
comportamento non era educativo, aggiungendo poi perché…
L’aspetto
peculiare che mi è rimasto impresso è stato lo sguardo dei ragazzi,
più fiero, più diretto, a volte ammiccante, capace di ironia, in
grado di capire lo scherzo e il ragionamento più serio ed
impegnativo. In altri termini l’emancipazione, la maturità, la
profondità del ragionamento, la competenza argomentativa e critica
perché i discorsi che facevamo non riguardavano argomenti scolastici
ma pensieri riflessivi.
A far da contraltare a questi ragionamenti, negli stessi giorni sono
andata presso la scuola paritaria confessionale, molto accreditata
nel territorio di mia pertinenza, a fare una visita sempre alla
classe quinta, dove da tempo mi invitava l’insegnante della classe,
insegnante unica nel senso che realizzava da sola tutto il
curricolo, perché la docente del pomeriggio faceva fare i compiti,
ed un’altra docente esterna al collegio insegnava inglese. In altre
parole una docente unica degli attuali tempi gelminiani …
.
Non avevo in mente nessun confronto ma questo mi è venuto spontaneo
Sono passati quasi vent’anni per cui posso parlare liberamente.
Appena arrivate, ero accompagnata dalla mia vicaria, la suora ci
presentò il pezzo forte al quale stava lavorando da tempo! Beh ho
assistito ad una specie di ricostruzione storica, una recita
composta da un collage di poesie e canzoni del risorgimento, che
spaziava da”Ei fu, siccome immobile…, quindi da Napoleone, via, via
in un crescendo di retorica artificiosa, sotto la regia della
maestra che orgogliosamente proseguiva in questo imparaticcio, senza
collante e connessioni critiche, fino ad arrivare ai giorni nostri a
parlare del pontefice e a scomparire in ginocchio sotto il banco da
cui spuntavano le mani giunte sopra le testa, in una preghiera per
lunga vita al papa…
Non intendo ora sbeffeggiare la dimostrazione cui ho assistito, da
parte di quasi una trentina di ragazzine tutte compunte e
diligentemente indaffarate ad obbedire ai cambi di regia della loro
maestra, faccio riferimento soprattutto ai loro sguardi tra cui ho
cercato inutilmente un segnale di dissenso sia pur minimo, un
guizzo, uno sguardo che dicesse:-Scusa ma porta pazienza, lei ci
tiene tanto….Invece niente, la platea era convinta, pendeva dalle
labbra e dalla regia della suora, gli sguardi erano allineati,
nessun fremito che denunciasse qualche perplessità e la ricerca di
un po’ di complicità con me,ho registrato una totale adesione
acritica . La vicaria sentiva che io facevo fatica a controllarmi e
stavo per sbottare ma trovò il modo di sussurrarmi :-Lascia perdere
Dopo un po’ lo strazio finì ed io, non volendo ferire la suorina che
si aspettava da me le lodi per la sua fatica, buttai lì un po’
imbarazzata:-Madre, non ho parole…
E salvai lei e la mia coscienza!
La suora era alle soglie della pensione e non ho ritenuto opportuno
deluderla, il pensiero è andato però a tutti i genitori della
comunità di appartenenza che per trovare posto per le loro figlie il
primo giorno di apertura delle iscrizioni facevano la fila a partire
dall’alba…
Sappiamo che sono
passati gli anni e che i bambini sono cambiati , ma le
argomentazioni riportate non perdono per questo il loro valore!
Bonus per la scuola non statale?
Chi ancora ha il coraggio di sostenere che la legge Gelmini risponde
solo ad una esigenza di tagli e non ha un disegno anche
ideologico?Se fosse stato così i tagli sarebbero stati mirati, dove
c’erano gli sprechi e non in modo indiscriminato e diffuso.
A pensar male forse si fa peccato ma il più delle volte si indovina!
Nemmeno il pudore di aspettare un po’!
Meditate, gente, meditate…