Tutti promossi e il giudizio diventa un inganno la Repubblica 11.6.2009 Era una ressa di teste che cercavano il proprio nome, la riga giusta, la risposta definitiva a un anno di lavoro o di fannullonaggine. E poi erano salti di gioia o pianti, ma anche mezze soddisfazioni per chi si immaginava bocciato e invece se l'era cavata con tre materie a settembre. L'estate era perduta, ma forse l'anno era salvo. Quei numeretti in rosso, quei tre e quei quattro potevano ancora trasformarsi in sei e sette. Insomma, dubbi non c'erano, e anche gli insegnanti, nel chiuso degli scrutini finali, sapevano bene cosa fare, come premiare, stroncare o tenere ancora in sospeso per un paio di mesi quegli studenti non ancora pronti per l'anno successivo. Poi tutto è cambiato e si è entrati nel regno dell'incertezza, dell'arbitrarietà, dello spaesamento. I quattro sono diventati sei cerchiati di rosso, come dire che l'anatroccolo è diventato quasi un cigno, pur conservando un'aria depressa. Ciò che appare, ossia una sufficienza, una salvezza, in realtà non è una sufficienza e non è una salvezza, è un'altra cosa, una mezza magagna che andrà sanata con dei corsi estivi di recupero, misere finzioni di poche ore che servono solo a dare una mano di bianco a una casetta dissestata. Per altro le finanze che sorreggono questi corsetti sono micragnose, mancano i soldi perché la scuola veleggi bene durante l'anno, figuriamoci cosa resta per questo mucchietto d'ore più canicolari che curricolari. Così anche gli insegnanti si prestano poco volentieri a dare il meglio, gli alunni somari fiutano che si tratta di una commediola di mezza estate, e tutto scivola via senza entusiasmo, senza nemmeno la paura dell'esito finale.
Ma ora
probabilmente anche questa stazione è superata, la confusione regna
sovrana e riemerge l'antica e italianissima arte di arrangiarsi.
Fatta la legge, trovato l'inganno. Ora nessun ragazzo delle scuole
medie dovrebbe ottenere la promozione se ha un'insufficienza.
Potrebbe avere anche tutti nove e dieci, ma un cinque in matematica
o in educazione fisica lo terrebbe fermo per un giro nel gioco
dell'oca della Gelmini. Prima riparava a settembre, poi si affidava
ai corsi di recupero, ora perde l'anno. Qualsiasi persona di buon
senso intuisce che si tratta di una scelta assurda, di una profonda
ingiustizia, di una sciocchezza colossale. La scuola certo non
diventerà più seria e formativa segando ciecamente alberelli con un
solo ramo infruttifero. E allora ecco che nel teatrino dei consigli
di classe i professori sono costretti a ritornare al famigerato sei
politico, stavolta non dettato da astratte rivendicazioni sociali,
come si pretendeva negli anni Settanta, ma semplicemente dallo
spettro di una catastrofe ingiustificabile. Nessun professore
italiano vorrà infierire su un ragazzino che stenta in una materia.
Magari quel piccolo studente avrebbe davvero bisogno di colmare
quell'unica lacuna, ma ora non è più possibile accollargliela fino a
settembre o fino a un recupero-fantasma. O dentro o fuori, o
promosso o respinto. E allora, inevitabilmente, tutti promossi,
tutti i quattro volano a sei, tutta la presunta serietà diventa
l'ennesima comica: ma qui neanche si ride |