La scuola (o il gioco?) dei pacchi Roberto Stefanoni, Orizzonte scuola 11.6.2009 Esperienza fresca, recente, anzi, ancora in corso. I pacchi del 26 e 28 maggio, quelli per la rilevazione nella scuola primaria, sono ancora là, nello stanzino chiuso a chiave, in attesa che il corriere passi a ritirarli. Ma da qualche giorno, in qualche istituto comprensivo, non sono più soli: fa loro compagnia un'altra serie di pacchi, ancora integri, sigillati: quelli che il Dirigente è andato a ritirare all'Ufficio Scolastico Provinciale in previsione della prova nazionale per l'esame di stato del 1° ciclo, di giovedì 18 giugno. Pacchi aperti e pacchi chiusi, che da un lato creano una qualche preoccupazione al Dirigente, responsabile della loro custodia e - per i più recenti - anche della loro integrità; ma che su altri versanti determinano curiosità, scetticismo, attesa, sospetto, preoccupazione, fastidio: dipende dal soggetto che in qualche modo si rapporta con essi. Certo, dalle segreterie delle scuole questo 'gioco dei pacchi' ha buone probabilità di essere visto come un poco piacevole diversivo dalle quotidiane incombenze, che - soprattutto a fine anno - si accumulano e appesantiscono la gestione dei servizi di supporto al funzionamento della scuola. La compilazione on line delle schede degli alunni (per i 'vecchi' pacchi), con tutte quelle informazioni da immettere (e prima ancora, da ritrovare o da chiedere alle famiglie, magari con l'aiuto di improvvisate schede più o meno informative, viste con variabile diffidenza e ostilità); ora (per i 'nuovi' pacchi), l'intestazione delle schede per le risposte degli studenti, e non solo per un campione di alunni, ma per tutti quelli che frequentano la terza classe. Insomma, un lavoro extra, anche un po' noiosetto e ripetitivo, del quale tutti, nell'ufficio di segreteria, farebbero volentieri a meno. I genitori: nella più normale delle ipotesi, non ne hanno saputo e non ne sanno quasi nulla; ma in alcune situazioni si sono fatti sentire. Raramente, per apprezzare il tentativo della scuola di 'misurarsi' per poi 'valutarsi', in un positivo confronto con altre realtà, con altri esiti; nella quasi totalità dei casi, per lamentarsi di quell'indebita intrusione nel loro vissuto familiare: "Ma che gliene importa alla scuola se vivi con me o con tuo padre, se abbiamo il computer o l'allarme, se giochi da solo o con gli amici? Beh, magari fanno bene a chiederti se qualche volta ti degni di dare una mano in casa... Ma che c'entra tutto questo con la matematica? Sta' a vedere che la prossima volta vogliono sapere dove passiamo le ferie e se abbiamo la barca o il SUV!" Misurarsi per poi valutarsi e migliorare. Già. Ma come andare a raccontarlo a quegli insegnanti che temono conseguenze negative per il loro operato? "Professor Rossi, gli alunni della sua classe hanno ottenuto nella prova nazionale risultati peggiori di quelli delle altre classi: come mai?". O a quei docenti che cominceranno ad avanzare pretese: "Vede, Dirigente? I miei alunni a matematica sono i migliori della scuola; e lei ha nominato coordinatore del progetto "Giocare con i numeri" il collega che ha riportato risultati disastrosi con i suoi alunni!". Pacchi per destabilizzare la scuola, anziché migliorarla? Perché poi, in fase di iscrizione, i genitori accorti pretenderanno per i propri figli quell'insegnante che ha mietuto successi nella gara dei pacchi. E come la prende la cosa il Dirigente? Se ha un istituto comprensivo, con tutte queste scatole da prelevare, controllare, aprire, consegnare, ricevere, rispedire, ecc. rischia un effettivo "giramento di scatole", concentrato com'è, tutto questo movimento, in un arco temporale abbastanza ristretto. E visto che tutta l'operazione, quest'anno, viene condotta a spron battuto - tra scuola 'elementare' e 'media' - in poco più di due mesi (fra adesione alla proposta e fine del tutto), non ha nemmeno il tempo fisiologico per capire, riflettere, comunicare, coinvolgere, responsabilizzare, predisporre ipotesi di percorsi di miglioramento. È una cosa che va fatta ("Certo, potevo pensarci un po' meglio quando per la scuola primaria mi sono lasciato convincere dalla lettera di Cipollone") e la faremo. Ma servirà a qualcosa? Volutamente, tralascio il discorso degli osservatori, più o meno di qualità, con tutte le operazioni connesse per la rilevazione di fine maggio: reperimento, formazione, contratti, osservazione, 'imputazione'... Si tratta di un capitolo a parte, che l'INValSI dovrà approfondire per contro proprio, per evitare appesantimenti e problemi. Qui, mi limito a considerare la cosa, mescolando volutamente rilevazione degli apprendimenti nella scuola primaria e prova nazionale nell'esame di stato del 1° ciclo. Perché, alla fin fine, si tratta di momenti diversi, di aspetti diversi, di modalità e di tempi parzialmente diversi, ma tutti riferibili a un unico scopo. Già, un unico scopo: vedere come funziona la scuola italiana, quali apprendimenti produce, quali risultati conseguono gli alunni, gli studenti, secondo modalità che permettano di comparare questi esiti con quelli di altre scuole, di altri sistemi scolastici. Ma se unico è lo scopo, diversi possono essere - e lo sono - non solo i tempi, i momenti, le fasi, ma anche, legittimamente, gli intendimenti di ciascuno, le motivazioni, gli obiettivi personali e istituzionali, le conseguenze attese (o temute) da chiunque partecipi al processo. Una diversità che non può essere ignorata in nome di un "s'ha da fare e dunque facciamo", ma che richiede pazienza, ascolto, riflessione, dialogo e, soprattutto, tempi giusti, da programmare con lungimiranza e sano realismo. Non c'è niente di peggio che tentare di trascinare verso un obiettivo, sia pure nobile, ma non riconosciuto o non compreso, chi è, in fondo, l'artefice primo del possibile raggiungimento di questo obiettivo. Nella migliore delle ipotesi, ci sarà un'accettazione passiva, accondiscendente, certo non entusiastica, creativa, stimolante. E nel processo di rilevazione-misurazione, per una sperabile valutazione (meglio se autovalutazione) del sistema scolastico, ognuno deve potersi riconoscere come soggetto interessato, secondo la propria logica, in un'ottica che si possa integrare con quelle degli altri soggetti; ognuno deve potervi riconoscere l'interesse e la convenienza a farsi coinvolgere, a partecipare, a condividere gli elementi, le fasi, le difficoltà, i problemi. Altrimenti sarà un processo frenato, sopportato, criticato, a volte anche fuori luogo e fuori misura, destinato inevitabilmente a soccombere, prima o poi, nonostante le leggi, le imposizioni, la oggettiva validità degli scopi. L'esperienza di quest'anno, come anche quelle analoghe - sia pure parzialmente diverse - degli anni precedenti, fornisce numerosi spunti di riflessione al riguardo. Riflessione che non può essere rinviata, visto che la rilevazione sta diventando un elemento sempre più incardinato nel sistema scolastico, che da esse sarà in qualche modo caratterizzato e scandito con periodicità ormai definita. Riflessione che dovrà coinvolgere, in momenti di ascolto e di dialogo, le famiglie, gli operatori scolastici, gli stessi studenti, alla ricerca, alla scoperta e al confronto intelligente delle ragioni, delle motivazioni, delle esigenze di ognuno e delle possibili soluzioni ai vari inevitabili problemi, in parte già emersi ed evidenziati. Un lavoro non facile, certamente, ma che vale la pena di avviare, al più presto, ai vari livelli di responsabilità; perché intorno a questo processo, vitale e delicato, non più rinviabile per la credibilità della nostra scuola e per il bene (il "successo formativo") dei nostri ragazzi, ma che certamente deve trovare una sua forma, una sua realizzazione adeguata e convincente, si ritrovi la coesione e la condivisione il più possibile convinta di tutti quelli che della scuola sono a qualsiasi titolo gli artefici e ai quali sta a cuore una scuola efficace e credibile. Altrimenti... altrimenti potremo continuare a giocare coi pacchi, ma senza nemmeno divertirci un granché; anzi.... |