Altro che Finlandia..!

di Dedalus, ScuolaOggi 19.6.2009

E’ stato presentato mercoledì 17 giugno presso la Sala della Comunicazione al MIUR, a cura dell’Associazione TREELLE e del Settore Educazione dell’OCSE, il rapporto TALIS 2008 - Indagine Internazionale sull'Insegnamento e l'Apprendimento (Teaching And Learning International Survey – TALIS).

Che cos’è TALIS? Si tratta in pratica del nuovo progetto promosso dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) per elaborare indicatori internazionali allo scopo di “creare ambienti di apprendimento e di insegnamento efficaci”, quindi indagini sugli insegnanti, le pratiche di insegnamento e l'apprendimento (clima d’aula, occasioni di sviluppo professionale, percezione dell’efficacia del proprio lavoro, ecc.). Il progetto riguarda 23 paesi, europei e non, che vi hanno aderito, fra cui l’Italia.

Immediatamente la stampa nostrana ha parlato di bocciatura della scuola italiana da parte dell’OCSE. Bassi i livelli di apprendimento degli studenti italiani, troppi gli insegnanti, nessuna valutazione, strutture scolastiche obsolete, assenza di laboratori moderni e funzionali.

In realtà, come ha osservato puntualmente Roman, il rapporto TALIS dell’OCSE non dice propriamente queste cose (basta leggerlo…), semmai questi dati sono stati riportati nel comunicato del MIUR che riprende solo il rapporto economico (“Economy Survey of Italy”) con la descrizione di analisi vecchie e già note.

Tanto è bastato perché il ministro Gelmini se ne appropriasse per riaffermare la validità della propria politica di “riforme”.

Ora, prendiamo pure per buona larga parte di queste considerazioni (es. assenza di un sistema di valutazione dei docenti, livelli di apprendimento non soddisfacenti, strutture scolastiche obsolete, ecc.) ma la domanda d’obbligo è: che cosa ha fatto il governo – e il duo Gelmini-Tremonti in particolare – per migliorare la qualità del sistema scolastico italiano in questo anno di legislatura?

Quali sono state le scelte di fondo di politica scolastica, le “riforme” messe in atto e la loro ricaduta sulle scuole e sul sistema di istruzione?

La preoccupazione principale (se non esclusiva) di questo governo è stata quella di ridurre la spesa per l’istruzione a cominciare dalla riduzione del personale docente. Tagli di personale pesanti ed indiscriminati su tutti gli ordini di scuola. Nella scuola primaria è stato spazzato via il gruppo docente del modulo, che riguardava il 75% delle classi a livello nazionale. E’ stato mantenuto, per il momento, una sorta di Tempo Pieno sui generis, senza compresenze e nella prospettiva, comunque dell’insegnante prevalente (a quando torneremo definitivamente alla scuola del mattino più, eventualmente, il doposcuola comunale?). Tagli pesanti si registrano nella scuola media, nelle superiori, nei corsi serali e in prospettiva anche nei Centri per gli adulti (se gli attuali corsi di italiano per stranieri verranno esclusi dall’utenza valida per la definizione degli organici dei CPIA).

Ma la scuola primaria non era quella che secondo tutte le più importanti indagini internazionali riportava buoni risultati?

E comunque, ripetiamo, la scelta prevalente è stata quella di ridurre il personale scolastico (un taglio di 140 mila tra docenti e non docenti in tre anni ed un risparmio programmato di 9 miliardi di euro).

A questo proposito sfatiamo ancora una volta la leggenda secondo cui l’Italia avrebbe un numero spropositato e ingiustificabile di insegnanti a confronto di tutti gli altri paesi europei. Come ricordava qualche tempo fa Emanuele Barbieri (ex sottosegretario al MPI), dati alla mano, le comparazioni internazionali tengono conto di quello che nei diversi paesi viene considerato afferente al sistema di istruzione. Nel caso nostro l’Italia ha fatto ad es. la scelta di inserire gli alunni disabili nelle classi normali a differenza di molti paesi ove invece esistono istituzioni o scuole speciali che non rientrano nel sistema di istruzione. Vi è quindi, di conseguenza, da noi un numero considerevole di insegnanti di sostegno (circa 93.000). Così come in molti paesi il personale addetto al funzionamento della scuola per alcune funzioni (mensa, assistenza, avviamento alla pratica sportiva) non afferisce al settore dell’istruzione. Queste funzioni in Italia vengono affidate alle scuole. Per non parlare poi degli insegnanti di religione, “specificità” tutta italiana.

Se poi vogliamo estendere il discorso allo “stato di salute” dei nostri istituti scolastici, basta pensare alle enormi difficoltà finanziarie in cui versano le scuole (vedi la recente e clamorosa denuncia dell’associazione delle scuole autonome del Lazio e non solo) che non possono non riverberarsi sul funzionamento quotidiano delle stesse.

Per non dire della valutazione (e quindi della valorizzazione della professionalità dei docenti). L’unico tentativo in questo senso, discutibile fin che si vuole e poi abortito, fu quello del ministro Berlinguer. Cosa è stato fatto nei cinque anni di legislatura con la Moratti ministro? E adesso, al di là delle affermazioni, cosa si intende concretamente fare (a cominciare dal ddl Aprea)?

Insomma si ha l’impressione che invece che mettere mano a riforme strutturali serie (che richiedono più e non meno risorse e investimenti) si sia proceduto da un lato con una politica restrittiva tesa al ridimensionamento (o al progressivo smantellamento?) della scuola pubblica, dall’altro con provvedimenti tanto propagandistici quanto discutibili (la bocciatura con il 5 in condotta o, alla scuola media, con l’insufficienza in una sola materia) e comunque a costo zero.

Per questo ha ragione Mario Reggio, quando scrive su Repubblica che il confronto con la (solita) scuola finlandese, prima nelle indagini OCSE, non regge proprio. Lì i vari governi hanno investito miliardi di euro per una scuola moderna ed efficiente, qui si va in direzione opposta. Si smantella quello che funziona bene e si pensa (o meglio: si afferma) di voler migliorare la qualità della scuola riducendo le risorse finanziarie e professionali, in maniera generalizzata e senza distinzione alcuna. Uno strano modo di concepire il miglioramento.