SCUOLA
Nuovi licei: Enrico Castrovilli *, il Sussidiario 23.6.2009 Una buona notizia per la scuola italiana. Una risposta, seppur parziale, a quanti si interrogano sui limiti dell’apprendimento realizzato nelle nostre aule: non è che nella scuola italiana occorra prima di tutto un bel vento di modernità? Dai regolamenti sui licei approvati nel Consiglio dei Ministri del 12 giugno appare qualcosa di nuovo: l’ingresso dell’economia, delle scienze e delle tecnologie nei licei. In questo modo può penetrare una ventata d’aria fresca nella filiera liceale, allargando le opzioni per le famiglie ed introducendo discipline nuove caratterizzate da metodologie più innovative loro intrinseche. Il tutto si spera con positive ricadute sui livelli di apprendimento e di motivazione da parte degli allievi. L’opzione del Liceo Economico e sociale all’interno del Liceo delle Scienze umane ha avuto un parto travagliato e pertanto lo svezzamento dovrà avvenire con cure e dedizioni particolari. Gli antefatti e i fatti richiamano infatti alla prudenza. Il Liceo Economico morattiano aveva raccolto al suo esordio più critiche che elogi. Era stato soprattutto la licealizzazione forzata della scuola italiana a far cadere il consenso che avrebbe potuto avere l’inserimento dell’economia nei licei. Esso era infatti un ibrido dove sarebbero convissute finalità culturali non terminali destinate ad essere completate da corsi universitari con la formazione tecnica e professionale. Portare al livello liceale gli istituti tecnici commerciali avrebbe aumentato il mismatch quantitativo tra il numero decrescente di tecnici e quadri intermedi amministrativi, contabili e commerciali formati dalle scuole e il notevole numero richiesto dalle tante piccole e medie imprese del nostro tessuto produttivo. Abrogati da Fioroni i licei economici e tecnologici, si è steso un velo di silenzio, una verae propria damnatio memoriae sulla possibilità che le discipline economiche, giuridiche e sociali potessero giocare un ruolo al livello liceale. La partita è stata riaperta da un crescendo di sempre più fitti messaggi giunti da soggetti del mondo della comunicazione (Corriere della Sera, Osservatorio Giovani-Impresa, Il quotidiano in classe, Il Sole 24 Ore), bancari istituzionali (Bankitalia), bancari (Intesa Sanpaolo, Patti Chiari), assicurativi (Ania), dell’università (Società Italiana degli Economisti), delle associazioni professionali dei consulenti finanziari (Anasf, Nafop), dai tanti progetti didattici poggiati sull’economia, la cultura e le simulazioni d’impresa, sulla conoscenza del diritto e della Costituzione. L’ANSAS (ex-IRRE) della Lombardia intanto pubblicava per Franco Angeli il libro “Cultura economica nei licei”, mentre l’Associazione Europea per l’Educazione Economica AEEE-Italia catalizzava e indirizzava ai decisori politici questi messaggi. Facevano anche premio la conoscenza dei sistemi educativi europei che da tempo reclamavano a gran voce che anche in Italia vi fosse un’adeguata presenza delle discipline economiche nei licei, così come emerge dall’esperienza francese e da quella inglese. Il messaggio era chiaro. Le scienze sociali moderne ed in primis tra esse l’economia non possono non avere un ruolo culturale che consenta di orientare i giovani tra le potenzialità e le difficoltà che la società globalizzata introduce sul palcoscenico della vita. L’economia è infatti la scienza sociale che ha più attitudine a interpretare i fatti e ad orientare alle scelte. Essa non è solo importante per gestire i risparmi, spiegare la crescita del PIL, aiutare a trovare un buon lavoro o difendersi quando l’inflazione morde i redditi. L’economia è tanto forte sul piano cognitivo e operativo perché è la scienza che consente di realizzare le scelte migliori nell’uso delle risorse scarse destinabili ad usi alternativi. L’economia è la scienza delle scelte. Ha quindi un ampio raggio di azione, che spazia dalla sfera della produzione dei beni e dei servizi, fino a suggerire stili di vita, scelte di studio, opportunità di lavoro, criteri di conduzione di una famiglia. Questioni rispetto alle quali è bene saper valutare il rapporto costo-opportunità, vale a dire il costo della migliore alternativa a cui si rinuncia quando si opera una scelta. Il raggio cognitivo dell’economia non si ferma così a una nuda elencazione di vantaggi e svantaggi contabili o ad asettiche considerazioni teoriche, nella logica deprecata dallo storico inglese Thomas Carlyle che giustamente definì l’economia una scienza “triste”. L’economia e le altre scienze sociali traggono linfa dallo studio di aspetti umani, sociali, comportamentali, psicologici, etici. Considerano che l’economia non può prevedere né tantomeno forgiare il futuro, ma può essere una scienza duttile, plastica, dove la razionalità dei soggetti è limitata, dove irrompono le pulsioni sociali e dove l’incertezza e il rischio insiti nelle intraprese umane costituiscono una costante imprescindibile. Queste complessità e profondità di ramificazioni cognitive dove possono essere studiate dai giovani se non al livello liceale? Riempie quindi di soddisfazione il fatto che il messaggio sia stato recepito dai decisori politici inserendo nella nuova filiera liceale un’opzione liceale Economica e sociale. C’è solo da aggiungere che il quadro completo dei contenuti didattici dovrà comprendere l’importantissima scienza delle regole, il diritto, e i primi rudimenti dell’arte d’impresa, l’economia aziendale. Si tratta di discipline che hanno avuto una loro storia importante nella scuola italiane negli istituti tecnici e professionali, mentre in questo nuovo liceo sono chiamate assieme all’economia politica a compiere un salto di qualità in un ruolo di carattere culturale più complesso ma non meno interessante. Dall’altro lato il grappolo di scienze che comprende la sociologia, l’antropologia, la psicologia, la matematica, la statistica, il calcolo delle probabilità, la geografia antropica ed economica devono offrire il loro contributo, utilizzando la positiva esperienza compiuta dai Licei delle Scienze sociali. Si richiamava in precedenza alla prudenza e alla necessità di svezzare il nuovo liceo con cure e dedizioni particolari. Qui si apre infatti una serie di punti interrogativi che non vuole costituire recriminazione su quanto di meglio si poteva fare, bensì un auspicio alla costruzione di un progetto robusto e di lungo periodo, che corrisponda compiutamente sì alle aspettative della società e dei giovani italiani. Il piano orario previsto nei regolamenti ministeriali è infatti bisognoso di miglioramenti indispensabili da vari punti di vista. Innanzitutto occorre dare all’economia politica, al diritto ed all’economia d’impresa uno spazio orario coerente con la denominazione di Liceo Economico e sociale. In secondo luogo il curricolo dovrà presentare compattezza attorno ad un’ipotesi culturale e didattica che non si limiti a giustapporre discipline a discipline, innervandosi invece verso le altre scienze sociali nel Liceo Economico e sociale e verso le culture classiche, scientifiche e così via nel caso che altri licei vogliano accogliere tra le loro materie il Diritto e l’Economia, utilizzando la quota dell’autonomia scolastica. Di particolare interesse si presenta infine l’utilizzo della metodologia CLIL per insegnare casi aziendali internazionali, costruire la panoramica del diritto internazionale, utilizzare la banche dati, aprirsi ai social network nelle lingue della globalizzazione. Di queste cure e dedizioni intende farsi carico l’AEEE-Italia con il supporto dell’ANSAS (ex-IRRE) Lombardia.
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Presidente Associazione Europea per l’Educazione Economica
AEEE-Italia
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