Mezzo milione di studenti italiani saranno respinti o non ammessi agli esami. Per il ministro Gelmini questa è "l'istruzione del merito". Per anni gli insegnanti hanno evitato le stroncature perché ritenute controproducenti. Adesso però è suonata la campanella del rigore "Ma non bisogna spingere fuori chi è in difficoltà Va applicato un altro sistema" Le mancate promozioni sono spesso dovute all'insufficienza in condotta "La bocciatura è una sconfitta che di solito mette fine a un percorso già a ostacoli"

Scuola, l'esercito dei ripetenti

Aumentano i respinti e i non ammessi agli esami. L'OCSE critica l'Italia

 Maria Novella De Luca la Repubblica 18.6.2009

Respinti, bocciati, non ammessi. Sconfitti. Migliaia e migliaia. Saranno in molti a ricordarsi l'anno scolastico 2008/2009, anno primo di una nuova era fatta di alunni ripetenti, di 5 in condotta, di scuole senza laboratori e senza fondi, senza ore e senza tempo pieno, ma con licenza di bocciare, con la penna rossa, in nome di rigore, severità, merito. I dati li ha anticipati il ministero dell'Istruzione, dunque sono ufficiali: non ammessi alla maturità il 6% degli studenti, quasi 400mila respinti nelle classi dalla prima alla quarta superiore, e ben 70mila adolescenti bocciati tra la prima e la seconda media, di cui 10mila con il famigerato 5 in condotta.

"Nessuno si compiace per l'aumento delle bocciature, è sempre un dispiacere quando un ragazzo perde l'anno - ha detto ieri tra le contestazioni il ministro Mariastella Gelmini - ma serve una scuola del merito, non una scuola buonista". Replica con ironia amara un prof di Lettere del liceo Mamiani di Roma: "È come se tra i banchi delle scuole italiane si fosse nascosto finora un esercito di ignoranti e di baby teppisti stanati dalla riforma Gelmini...". Critiche, ma anche consensi.

"Qui i ragazzi distruggono le aule e ci minacciano - racconta Marina Caputo, docente di un istituto professionale di Nola - e chi vuole studiare è penalizzato dalla violenza di pochi. A lungo abbiamo evitato le bocciature, pensando che fossero controproducenti. Da due anni a questa parte invece, grazie a un nuovo dirigente scolastico, la linea è cambiata. Abbiamo iniziato a respingere: i ragazzi sono cambiati. Alcuni hanno abbandonato, è vero, ma chi è rimasto oggi studia con profitto".

La scuola si divide, si interroga. Ma il risultato sono valanghe di ripetenti, per troppe assenze, per una cattiva condotta, e soltanto in parte, ammettono i dirigenti scolastici, per profitto insufficiente. Il comportamento dunque sullo stesso piano del sapere. Scuote la testa ricordando Maria Montessori il professor Giacomo Cives, docente emerito di Storia della Pedagogia all'università La Sapienza di Roma, che parla subito di "sconfitta della scuola". "Raramente le bocciature spingono a migliorarsi, il merito va incoraggiato, premiato, ma per chi è in difficoltà bisogna applicare come diceva la Montessori una "educazione dilatatrice", dare di più, portare dentro, non spingere fuori, con il rischio che gli espulsi abbandonino per sempre il percorso scolastico". La verità, dice Cives, è che dietro tutto questo c'è l'intento di "smantellare la scuola pubblica, che è in crisi, è vero, così come è vero che i professori hanno perso passione e senza passione è difficile "contagiare" i ragazzi con l'amore per il sapere, ma le minacce non hanno mai fatto progredire nessuno". E da studioso Cives cita un altro studioso, Giuseppe Lombardo Radice, filosofo e pedagogista, e la sua teoria appunto del "contagio positivo" tra chi insegna e chi apprende. "Avete notato che quando un docente è appassionato della sua materia gli studenti affermano di voler diventare fisici se insegna Fisica, storici se insegna Storia? Questo vuol dire che bisogna investire sui docenti, non tagliare le ore e i fondi. Con che coraggio si smantella la scuola e poi si respingono i ragazzi?".

Ma che cosa vuol dire essere bocciati a 12, 14, 16 anni, dover ripetere una classe, ritrovarsi tra i più piccoli? Qual è l'impatto di un 5 in condotta tra i giovanissimi dell'era digitale sottoposti spesso fin dalle classi elementari ad altissime aspettative da parte dei genitori? Se i primi dati saranno confermati saranno oltre 70mila i teenager espulsi nel passaggio tra la prima e la seconda media, di questi circa 10mila a causa del loro comportamento. E di questi una parte consistente è fatta di figli di immigrati, alle prese con le difficoltà della lingua e dell'integrazione, come si vede dai primi scrutini delle scuole medie del Veneto.

Matteo Lancini, docente di Psicologia dell'Adolescenza all'università Bicocca di Milano, avverte che le conseguenze possono essere serie, anche drammatiche. "La sensazione è che il mondo adulto stia cercando di riprendere il controllo su una generazione che sente di non saper governare. Ragazzi abituati al confronto, alla dialettica, non all'autorità. Più fragili per certi aspetti, più forti per altri. Ma non si può passare dalla scuola del dialogo e dell'accoglienza, a quella dei divieti e del 5 in condotta senza conseguenze. Mi spiego: in altre epoche la bocciatura faceva parte di un percorso educativo, i ragazzi la mettevano in conto, sapevano sostenerla. Oggi no. La vergogna di essere respinti, la mortificazione di non essere all'altezza possono compromettere per sempre il percorso di un adolescente. Forse ci dobbiamo interrogare su questa fragilità, ma di certo la risposta non può essere quella di tornare da un giorno all'altro alla scuola della paura e delle sanzioni".

Il ministro Gelmini parla di merito e di fine del buonismo. E una parte dell'istituzione scolastica la appoggia, chiede anzi che le regole tornino ad essere regole. Ma cosa accade veramente, in termini di futuro, dopo una bocciatura? Quanti studenti "dispersi" hanno alle spalle uno, due, tre insuccessi? Alessandra Vincenti è docente di Politiche sociali all'università di Urbino, e ai ragazzi dell'abbandono e della dispersione ha dedicato più di una ricerca. "I numeri degli studenti che "scompaiono" sono assai più alti di quanto non si sappia, e il nostro paese ha un tasso di dispersione scolastica ancora grave. La bocciatura è senza dubbio una sconfitta che di solito mette fine ad un percorso già difficile, ed è una delle cause dell'abbandono del percorso formativo. Questo bisogna dirlo, deve essere chiaro. I ragazzi che ho incontrato nelle mie ricerche per fortuna, dopo una o più bocciature e dopo aver deciso di non tornare più in classe, hanno incontrato operatori e strutture che li hanno reinseriti in un programma di formazione, verso il lavoro magari, ma cercando di fornire loro degli strumenti. Questo accade però in pochissime aree fortunate del Paese. Altrove, dei ragazzi che lasciano - ammette Alessandra Vincenti - non si sa più nulla. Scompaiono, vengono reclutati nei mestieri sottopagati, archiviano per sempre la speranza di un diploma, mandando in frantumi anche i sacrifici dei genitori. Il trauma della bocciatura che porta all'abbandono è poi trasversale ai ceti sociali, non sempre si tratta di livelli bassi".

Piero Macchi ha 52 anni, insegna Matematica in una bella scuola media di Ferrara, allievi presenti, famiglie impegnate, professori appassionati. "Il paradosso della mia vita - confessa - è che non ho mai bocciato un allievo e invece mia figlia, unica e adorata, è stata respinta in primo liceo scientifico. Profitto buono, condotta impossibile. Devo dire che quando ho capito come stava andando a finire ho fatto fuoco e fiamme, ho minacciato ricorsi, ho detto chiaro e tondo ai miei colleghi che non sapevano fare il loro mestiere... Mia moglie ed io abbiamo sofferto come cani, mentre stranamente mia figlia dopo aver fatto finta di nulla, con spavalderia, ha invece iniziato a riflettere. E noi con lei. Sul perché di tutte quelle assenze, di quell'impegnarsi al minimo, nonostante un'intelligenza brillante ogni tipo di sostegno in famiglia... Forse noi eravamo stati troppo "comprensivi", fidandoci di lei, lasciandola vivere come voleva, accettando che saltasse le lezioni per andare a suonare con il suo gruppo.

Il risultato è che oggi ha cambiato scuola, ha ripetuto il primo liceo, ed è tra le prime della classe. Non solo. Ha imparato a gestire il suo tempo e le sue capacità, tra le sue passioni e lo studio. Mi sono chiesto se la bocciatura sia stata salutare? Forse sì, ma soltanto perché noi l'abbiamo sostenuta, non l'abbiamo giudicata... Ma in quante famiglie accade così? No, non ho cambiato idea. La Gelmini sbaglia. Sono rarissimi i casi in cui perdere un anno fa maturare uno studente. Certo, se è proprio necessario la bocciatura è giusta. Ma noi professori - aggiunge Piero Macchi - dobbiamo agire prima, prevenire. Se un ragazzo rischia, questo si vede già dai primi mesi dell'anno. È allora che noi dobbiamo metterci in gioco, se bocci un giovane vuol dire che tu professore hai fallito. È amaro da ammettere, ma è così. È vero, noi siamo sottopagati e spesso demotivati. Ma il futuro di questi ragazzini di 12, 14, 15 anni è anche nelle nostre mani. E nella scuola io credo ancora".