il commento
Quelle pagelle ai professori: Isabella Bossi Fedrigotti, Il Corriere della Sera 24.6.2009 Tabelloni con i voti ai professori accanto a quelli con le valutazioni degli alunni. Succede al Berchet, lo storico liceo del centro milanese e il preside sembra soddisfatto dell’iniziativa. Forse sarà sembrato un gesto democratico permettere agli studenti di giudicare pubblicamente i loro insegnanti, forse sarà sembrato liberatorio, innovativo. Premesso che valutare la preparazione dei professori è probabilmente più che giusto, meglio però sarebbe da parte di una apposita commissione che non in modo così brutale e populistico, per mano degli alunni. Non basta che i professori siano notoriamente sottopagati oltre che, fin troppo spesso, svillaneggiati quando non minacciati o anche aggrediti dai genitori dei loro studenti? Non basta che siano ormai ridotti nell’immaginario comune a impiegati senza più status né autorità? Bisognava anche umiliarli con questa specie di gogna pubblica, un tabellone agli occhi di tutti che — è facile immaginarlo — riporterà soprattutto le vendette degli alunni? Cinque al prof che mi ha dato cinque, quattro a quello che mi ha rimproverato davanti a tutti, secondo una barbara legge del taglione? Oppure otto a quello che non interroga mai di lunedì e nove a quello che lascia copiare durante i compiti in classe, secondo una regola altrettanto incivile? Con questo non si vuole per principio mettere in dubbio l’equità di giudizio degli studenti, ma solo suggerire quanto sia facile e comprensibile la tentazione di punire chi ha punito e di premiare chi ha premiato chiudendo un occhio. Ma c’è anche dell’altro. Quale accordo, quale armonia ci potrà essere in un corpo insegnanti dilaniato da una simile spiacevolissima votazione pubblica? E dove andranno a finire la fiducia e la solidarietà tra preside e professori così necessarie per il buon funzionamento di un istituto scolastico se il primo permette che i secondi vengano dati in pasto alla platea giudicante degli studenti? Poveri prof, verrebbe da dire, ci mancava anche questa: orecchie d’asino sulla testa e la scritta «ciuco» appiccicata sulla schiena. |