Sono, come previsto, i lavoratori precari e i giovani in cerca di lavoro le prime vittime della crisi. Lo ha certificato la rilevazione Istat sulle forze lavoro nei primi tre mesi del 20. Parafrasando Piero Sraffa, quella dell'Istat è una rilevazione di precari a mezzo di precari. La decimazione dei precari Tito Boeri, la Repubblica 20.6.2009 Sono, come previsto, i lavoratori precari e i giovani in cerca di lavoro le prime vittime della crisi. Lo ha certificato la rilevazione Istat sulle forze lavoro nei primi tre mesi del 2009.Nell'ultimo anno è sparito dal nostro mercato del lavoro un posto di lavoro su cento. Nell'ultimo trimestre addirittura tre su cento. Sono così più di 400.000 gli occupati in meno tra i lavoratori italiani (i dati sui lavoratori immigrati risentono dei ritardi con cui il campione Istat riesce a rilevare i flussi migratori) negli ultimi 12 mesi. A questi si devono aggiungere 245.000 cassintegrati che, formalmente, mantengono un rapporto di lavoro con l'azienda. E poi le persone costrette dalla crisi a lavorare meno ore: è cresciuto il part-time involontario (+42.000) e la percentuale di lavoratori che dichiara di lavorare meno di 10 ore alla settimana, presumibilmente a seguito di riduzioni del volume di attività. Insomma la crisi c'è. E' evidente non solo nei titoli di giornale e nelle previsioni, ma nei posti di lavoro persi e nella sottoccupazione. Il calo dell'occupazione è concentrato tra i lavoratori con contratto a tempo determinato (-154.000), tra i lavoratori con collaborazioni coordinate e continuative (-107.000) e tra i lavoratori autonomi (-163.000), soprattutto nelle piccole imprese, tra cui si celano molte prestazioni di fatto alle dipendenze, in una giungla di partite Iva involontarie e collaborazioni con un unico committente. Le riduzioni percentuali in queste tipologie contrattuali oscillano tra il meno 7 (nei contratti a tempo determinato) e il meno 12 per cento (collaborazioni) a fronte di un calo complessivo dell'occupazione dell'1 per cento. Il rischio è, dunque, fortemente concentrato su questi lavoratori che sono discriminati anche fuori dal lavoro. Sono, infatti, proprio loro ad essere meno coperti dagli ammortizzatori sociali. Le norme inserite nel decreto anticrisi sono talmente restrittive da offrire tutele a non più del 12,5 dei lavoratori parasubordinati, al 20% di apprendisti e al 60% di persone con contratti a tempo determinato. E chi perde il lavoro in un contesto in cui i lavoratori con contratti a tempo indeterminato vengono mantenuti in azienda attraverso la proroga sempre più estesa della Cassa Integrazione, riuscirà molto difficilmente a trovare un impiego alternativo. La riprova del blocco delle assunzioni in atto è il forte incremento delle persone in cerca di prima occupazione (aumentate del 12% nell'ultimo anno, addirittura del 20% tra gli uomini). Per questi motivi la scelta del Governo di non riformare gli ammortizzatori sociali equivale a una dichiarazione di guerra ai giovani e ai lavoratori precari. Si è scelto chiaramente di intervenire solo con deroghe alla Cassa Integrazione (l'Inps stima che le prestazioni in deroga saranno a fine anno 177.000) che servono per lo più ad estendere nel tempo la durata di trattamenti già in essere. Si è scelto di lasciare priva di protezione la maggioranza di chi perde lavoro. Si è scelto di impedire che la recessione ci serva quanto meno per accelerare il processo di cambiamento della nostra specializzazione produttiva verso attività su cui possiamo meglio competere a livello internazionale. Di più, il ricorso a misure in deroga, concesse arbitrariamente e finanziate dalla fiscalità generale, ci lascerà in eredità un sistema ancora più complesso di quello attuale (che già prevede normative ad hoc per mansioni specifiche come gli "addetti alla frangitura delle olive" o "le imprese che svolgono attività di sviluppo delle pellicole cinematografiche"). E' un sistema talmente complicato da indurre in errore lo stesso Ministro del Lavoro. Qualche giorno fa Sacconi ha dichiarato che i dirigenti, solo loro (!), non sono coperti dagli ammortizzatori in Italia. In verità, la legge recita che "i dirigenti di qualsiasi settore privato" hanno diritto ai sussidi ordinari di disoccupazione. Inoltre un sistema finanziato sempre più dalla fiscalità generale anziché dai contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori, si presta ad abusi. Quando la crisi finirà sarà molto difficile togliere questo trasferimento che è stato di fatto accordato ad alcune imprese, soprattutto di grandi dimensioni. Si doveva e si poteva invece cogliere l'occasione della crisi per vincere le resistenze ad una riforma degli ammortizzatori che tutti sulla carta dichiarano di voler fare da anni. Servirebbe anche a darci informazioni più tempestive sull'andamento del nostro mercato del lavoro: i lavoratori che, per conto dell'Istat, svolgono le interviste personali su cui si basa l'indagine sulle forze di lavoro hanno tutti contratti di collaborazione coordinata e continuativa e rischiano di perdere il lavoro a fine mese. Parafrasando Piero Sraffa, quella dell'Istat è una rilevazione di precari a mezzo di precari. |