Scuola, azione bilaterale

Pasquale Almirante, La Sicilia 28.6.2009

Mettiamo il caso che alle prossime elezioni politiche vinca il centrosinistra: che ne sarà di tutti i provvedimenti sulla scuola presi dalla Gelmini? Sulla base di quanto sostiene l'opposizione si dovrebbe ripartire daccapo, perché non sembra ci sia un solo punto condiviso, anzi, vista la robustezza della critica, l'impianto complessivo sul riordino dei tecnici e dei licei sarebbe tutto da rifare, compreso il maestro unico, il voto in condotta e così via, senza dimenticare le graduatorie a esaurimento, i precari e il ridimensionamento delle ore e del personale. C'è inoltre in incubazione la legge sul reclutamento dei professori col nuovo stato giuridico e la valutazione dei docenti, al di là della burla dei voti dati dagli studenti. Questa semplice riflessione dovrebbe indurre alla ricerca di una riforma ormai ineludibile della scuola superiore con l'apporto delle opposizione cosicché le successioni dei governi diano almeno stabilità alle grandi progettazioni. Fra l'altro in periodo di esami di stato il dibattito ancora è fermo sulla presunzione di una riacquistata serietà in funzione del numero dei non ammessi, in una ripetuta giaculatoria contro il buonismo sessantottino (ma la più buona fu la Moratti che consentì quasi il 100% di ammessi anche con debiti e il trionfo dei diplomifici) e nella esasperazione del voto in condotta, dimenticando che l'obiettivo, fin dagli anni Novanta, era di rivisitare tutto l'impianto degli esami.

Se è auspicabile una valutazione nazionale oggettiva, come è avvenuto nella ex scuola media, non sembra più procrastinabile alle superiori un esame di stato in cui vengano certificate le abilità e le competenze di ciascun studente che un voto unico non può mai specificare. Contestualmente respingere o non ammettere un giovane alla maturità, con la certificazione dei singoli saperi, non avrebbe senso perché sarebbe l'attestato in suo possesso a declamare le capacità e le competenze acquisite dopo 5 anni di studio specialistico, sia liceale, e sia tecnico-professionale. Per questo non si capisce perché l'azione dei governi, da quando la politica si è polarizzata, non debba essere bilaterale, almeno nelle strutture portanti del Paese, come è appunto l'istruzione. A meno che non si vogliano, pure con la scuola, affermare due diverse visioni del mondo che a seconda di chi vince viene imposta sull'altra: ma a che pro?