Università pubblica da rivalutare

Prof. Paolo Stefano Marcato* Il Messaggero, 12.1.2009

Se ci si mette dalla parte degli utenti dell’università pubblica italiana, si rilevano realisticamente anche non trascurabili note positive che ridimensionano la recente frenesia scandalistica per sua natura portata a generalizzare gli esiti peggiori a tutto il sistema. Il numero di studenti universitari è aumentato di oltre il 70% nell’ultimo quarto di secolo e il tasso netto di accesso all’istruzione terziaria (56%) è superiore alla media OCSE (54%).

La quota di giovani maturi all’istruzione secondaria superiore che si immatricola si è elevata di quasi il 5% dall’inizio del 2000 a oggi. E’ diminuito di quasi il 7% il fenomeno degli abbandoni dopo il primo anno di corso. E’ stato posto un freno alle c.d. lauree facili dimezzando i crediti abbuonabili. Il numero chiuso all’ingresso ha comportato studenti più regolari nella progressione degli studi. Secondo certi metodi di calcolo, da alcuni però bollati quali artifici statistici, la spesa italiana annuale per studente sarebbe seconda solo a quella di Stati Uniti, Svizzera e Svezia.

Il numero di laureati in discipline scientifiche, sebbene ancora carente, si pone sopra la media dei Paesi dell’UE. E’ quasi raddoppiato dal 2000 a oggi il numero di studenti che inizia un corso di dottorato di ricerca. L'Italia è il più grande esportatore europeo di cervelli e già agli inizi degli anni 90 la quota di laureati italiani residenti fuori dal territorio nazionale era più che doppia di quella degli altri Paesi dell’UE.

Nel 2007 la mobilità internazionale degli studenti italiani (compresi i dottorandi) è aumentata di oltre il 10% rispetto all’anno precedente. L’affluenza di studenti stranieri in Italia è bassa ma vi sono sedi che ne attraggono molti, come la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove sono il 17,5% (e il 34% quelli iscritti ai corsi di perfezionamento e di dottorato), e la Bocconi di Milano, dove sono l’11% degli iscritti.

Il limite del 20% del Ffo imposto alle tasse universitarie è in pratica allineato a quello delle università pubbliche degli Stati Uniti dove costituiscono il 19% delle entrate. Nell’arco di 40 anni il rapporto tra laureati e coetanei è passato dal 5,7% al 40,6%. Il numero di matricole che arriva a conseguire la laurea è cresciuto dal 35% degli anni 70 a oltre il 70% degli anni recenti. Circa il 70% degli studenti dopo la laurea triennale vuole conseguire anche quella magistrale. Dal 2001 a oggi le domande per iscriversi a lauree triennali per le professioni non mediche (infermieri, ostetriche, tecnici sanitari ecc.) sono aumentate del 93%. Le iscrizioni alle lauree magistrali sono in crescita esponenziale (+31,8% nel triennio 2005-2007).


Vicepresidente dell’Unione Sindacale Professori Universitari di Ruolo