Sul voto di condotta ritardi e poca chiarezza G.R. dal Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, 10.1.2009 Su diversi siti che si occupano di scuola si può leggere lo schema di regolamento per la valutazione degli alunni, attuativo del decreto Gelmini che ha reintrodotto i voti in decimi e l’efficacia del voto in condotta. Non è ancora definitivo e in teoria può ancora essere modificato. Una sintesi si può leggere anche oggi su alcuni giornali, tra cui “La Repubblica”. Non c’è dubbio che il voto in condotta è una delle leve indispensabili per formare nei giovani il senso di responsabilità, ma anche per contribuire a creare un clima più sereno e produttivo, grazie al quale innalzare i livelli di apprendimento. Non l’unica leva, certamente: “a monte” del voto di condotta devono esserci regole più esigenti e sanzioni più tempestive; i docenti andranno formati ad applicare sempre e con fermezza le nuove norme, esattamente come in questi ultimi decenni sono stati sistematicamente spinti nella direzione opposta. C’è ancora un lungo e difficile lavoro da fare. Sul punto il decreto è tutt’altro che soddisfacente. Vediamo in breve cosa stabilisce per la scuola media (nella primaria c’è un giudizio e non comporta conseguenze particolari). Al comma 6 dell’articolo 3 si dice che “la valutazione sul comportamento, attribuita collegialmente dal consiglio di classe, concorre, come il voto delle altre discipline, alla determinazione della media complessiva dei voti in ogni situazione in tutti i casi previsti dalla norma” . Difficile capire cosa significhi esattamente. A cosa servirebbe comunque la media dei voti, su cui influisce quello in condotta? Forse uno dei casi a cui ci si riferisce è la valutazione finale dell’esame di licenza media, a cui concorrono: fino al 35% le prove scritte d’istituto, fino al 15% la prova scritta nazionale, il colloquio fino al 25%. Il restante 25% può essere attribuito “sulla base del voto finale di ammissione all’esame [la media?] e degli elementi valutativi complessivi relativi all’alunno”. È facile intuire quanto poco – nel bene e nel male – possa influire la condotta su questo 25%, facendo media con altri undici voti. A parità delle valutazioni nelle materie, alla fine del salmo la differenza tra chi ha 6 e chi ha 10 in condotta ammonterebbe a un terzo di voto... Non è certo una grande svolta. Nelle scuole superiori, invece, il voto in condotta concorrerà alla determinazione dei crediti scolastici. Anche qui facendo media, quindi influendo pochissimo. Molto meglio sarebbe stato - come da noi proposto - riservare uno o più punti di credito scolastico a chi si è comportato bene. Del resto ci sarebbe da obbiettare: come è possibile considerare positivo un 6 in condotta, quando con il 5 si ripete l’anno? Non sarebbe stato meglio stabilire che si boccia con il 4, introducendo con il 5 un’insufficienza meno grave, ma comunque chiaramente segnalata? Ma appunto sulla maggiore novità a proposito di condotta, cioè la non ammissione all’anno successivo o agli esami di chi non abbia la sufficienza, il regolamento, già tardivo, rinvia a un apposito decreto, in cui saranno precisati “i criteri per correlare la particolare e oggettiva gravità del comportamento al voto inferiore a sei decimi”. Nei prossimi scrutini quadrimestrali (o in quelli trimestrali già in corso), come ci si dovrà quindi regolare al riguardo?
Quanto sia radicata, infine, una filosofia dell’educazione che
recalcitra all’idea di fermezza anche quando si fanno dei passi
avanti nella giusta direzione, lo dimostra la seguente precisazione:
“La valutazione del comportamento non ha funzione sanzionatoria ma
formativa”. Si perpetua l’equivoco che contrappone sanzione a
educazione, mentre la prima non è altro che uno degli strumenti a
disposizione della seconda. Non esiste sistema educativo in cui non
ci siano sanzioni. E non dovrebbero avere un fine anche rieducativo
perfino quelle del codice penale? |