Il Cun consegna alla Gelmini il primo dossier su ricercatori e prof

L'università si autovaluta:
le nuove regole per insegnare

Può cadere l'obbligo delle pubblicazioni accademiche
I requisiti per i concorsi nelle aree disciplinari degli atenei.
«Ma se si presenta un Einstein ci saranno eccezioni»

Gabriela Jacomella, Il Corriere della Sera 3.1.2009

MILANO — Ci sono voluti quattro mesi. Che potranno, ad alcuni, sembrare parecchi per il parto di un «documento di lavoro». Che sono, in realtà, molto pochi se l'esito è quello di depositare sul tavolo del ministro Gelmini la prima griglia di «autovalutazione » mai prodotta dall'università italiana.

Un bel precedente, che arriva giusto a ridosso dei mesi di scontri e polemiche sulla gestione degli atenei, sulla qualità della ricerca, sulla sua competitività internazionale. A mettere le mani in questo ginepraio è stato il Cun, il Consiglio universitario nazionale. Organo elettivo con il compito di formulare «pareri e proposte» destinate al ministero di viale Trastevere, nel Cun coesistono rappresentanti di tutto il mondo accademico, dagli studenti ai docenti, passando per rettori, personale tecnico amministrativo, presidi... «Siamo l'unico organismo rappresentativo della collettività accademico-scientifica — chiosa il presidente Andrea Lenzi, endocrinologo bolognese trapiantato alla Sapienza —. Ed è questo il motivo per cui il ministro Gelmini, a inizio settembre, ci ha scritto, chiedendo al Cun di fare questo tentativo».

E il Cun ha, ovviamente, accettato. «L'università è sempre stata restia su questi temi; ma siamo in un'epoca in cui il nostro mondo è sotto assedio. Così gli universitari, dopo aver detto più volte "valutateci", sono passati dalla teoria alla pratica». Ogni area disciplinare — delle 14 che compongono il «pantheon» accademico — si è rimboccata le mani. Sono stati mesi di confronti, dialoghi, raccolta di idee. «Come Cun, abbiamo voluto privilegiare la libertà delle singole aree piuttosto che imporre uno schema omogeneo».

«Abbiamo scelto — spiega Lenzi — di definire i limiti del problema. Va bene elencare il numero di lavori e di pubblicazioni, l'"età accademica" necessaria per adire a un concorso; ma bisogna contemplare l'eccezione. Se per diventare ordinari di Fisica servono 10 pubblicazioni, ma poi si presenta un certo Einstein che di articoli ne ha uno solo ed è l'enunciazione della teoria della relatività...». Insomma, i minimi sono stati posti, senza escludere però che qualcuno possa scardinarli. «Del resto, abbiamo solo messo per iscritto le "buone pratiche" concorsuali degli ultimi 10-15 anni; al di là dei fatti che possono essere di competenza della magistratura, questo è quello che gli atenei hanno sempre fatto, nel buio delle loro stanze».

Ci sono altri passaggi importanti, nel documento che il Cun pubblicherà sul proprio sito ( www.cun.it) per permettere a tutti di intervenire nel dibattito, e che sarà presumibilmente inserito nei lavori del Parlamento sul decreto 180 e sulle procedure di valutazione dei progetti di interesse nazionale. Per ogni area è previsto un preambolo di «autodefinizione» delle caratteristiche fondanti della disciplina, «anche all'estero lo hanno fatto in pochissimi»; i parametri non sono fissi ma «rivedibili nel tempo, indicatori trasparenti, da usare con intelligenza»; le definizioni sono chiare e, per una volta, non in «accademichese»; l'apertura verso l'estero è evidente, con una netta sterzata anti-iperspecializzazione...

Insomma, per essere un «abbecedario», come lo definisce Lenzi, il documento è ambizioso. E in quanto tale, a rischio critiche. «Me ne aspetto molte, insieme ai plausi. Le regole, però, sono regole. Anche tra pari». Se questa non è una rivoluzione...