Il nodo cruciale Gianni Gandola, da ScuolaOggi 11.1.2009
Da tempo andiamo sostenendo su questo
giornale che la traduzione pratica della “riforma Gelmini” - almeno
per quanto riguarda il primo ciclo e la scuola primaria in
particolare - la si vedrà soltanto al momento dell’assegnazione
degli organici alle scuole. In passato non era così. Si sapeva che,
sul piano degli organici – vale a dire del numero dei docenti
(posti) assegnati alle scuole – alle classi a tempo pieno (30 ore di
lezione più 10 di mensa) corrispondevano due insegnanti per classe e
a quelle a modulo (30 ore di lezione) tre docenti ogni due classi.
Tutto diventa ora più complicato. Al principio base della “riforma
Gelmini” (un insegnante, una classe, 24 ore) che costituirebbe una
semplificazione estrema dell’esistente, si aggiunge un proliferare
di modelli organizzativi, di fatto mutuati dalla riforma Moratti
(decreto lgs. 59/2004), ricalcati su diversi tempi scuola, 27 ore,
30 ore e “fino a 40 ore”. Come qualcuno ha fatto notare, unico caso
in tutta Europa di una scuola primaria – scuola dell’obbligo, quindi
- con una varietà di orari scolastici così differenziati e
articolati. Il tutto, naturalmente, nella logica secondo cui si
rimanderebbe alle famiglie la scelta sugli orari ritenuti più
opportuni, quasi fossimo in un supermercato ove ciascuno sceglie il
prodotto che più gli aggrada fra i tanti possibili. Ad esempio, è chiaro che il modulo dei tre insegnanti su due classi non ci sarà più (è stato detto in tutte le salse) e che in tutte le scuole dove era in atto questo modello organizzativo (¾ delle classi in Italia) vi sarà un vero e proprio terremoto. Anche nelle classi successive alla prima infatti -quindi su tutte le classi che erano a modulo- si prevede la soppressione (esplicita, dichiarata, vedi art.4, comma 4 del regolamento) delle ore di compresenza dei docenti. Rimarranno le ore di lezione (27, 30) ma non il modulo 3x2. Sul piano degli organici docenti questo vuol dire, applicato alla lettera, che se gli alunni di una classe finora avevano tre docenti (uno per ambito disciplinare) d’ora in avanti, di fatto, ne vedranno due, con conseguente perdita di continuità didattica. Già, ma a chi importa la “continuità didattica”, che una volta rappresentava un valore intoccabile, in un contesto in cui l’obiettivo di fondo è il risparmio di spesa e basta?
In ogni caso la bozza di regolamento
(ultima) dice che nelle classi funzionanti secondo il modello
previsto dall’art.4 del dl n.137/2008 (poi legge n.169/2008) la
dotazione organica di istituto è fissata in 27 ore settimanali,
precisazione che prima non c’era. Quindi un insegnante ogni 27 ore
(e non più tre ogni due classi). Con una variazione. Mentre una precedente bozza di regolamento prevedeva che “le maggiori disponibilità di orario derivanti dalla presenza di due docenti per classe rispetto alle 40 ore del modello di tempo pieno” (quindi le compresenze) fossero “utilizzate per una maggiore diffusione del tempo pieno medesimo” (ipotesi, questa dell’aumento delle classi a tempo pieno, sbandierata come un grande passo avanti), ora l’ultima bozza in circolazione (22 dicembre 2008), dice che queste ore “sono utilizzate per la costituzione dell’organico di istituto”. Par di capire quindi che le ore di compresenza dei docenti non potranno più essere effettuate all’interno dell’orario della stessa classe dei due contitolari (o in classi parallele) con gruppi di alunni, ma saranno utilizzate altrove, ai fini dell’organico di istituto. Ci viene in mente allora un film già visto in epoca Moratti nelle scuole elementari milanesi quando ad es. per coprire l’orario di quattro nuove classi prime a tempo pieno venivano assegnati non otto ma sette o sei docenti (le 22 ore settimanali di questi, aggiunte alle ore di inglese e religione, erano sufficienti a garantire le 40 ore di scuola alle famiglie, facendo saltare, appunto, le compresenze). Se questa interpretazione è esatta, allora - tradotta in pratica – vuol dire che neanche alle classi a tempo pieno verrebbero del tutto garantiti due docenti per sezione (se si utilizzano le compresenze ai fini dell’organico di istituto, complessivamente ne bastano meno…). Questo principio, se riguardasse tutte le classi a tempo pieno (e non solo le prime) comporterebbe anche qui un vero e proprio sconquasso, facendo saltare le compresenze su tutte le classi e compromettendo irreparabilmente il modello pedagogico.
Ma immaginiamo invece l’ipotesi più
ottimistica, cioè che vengano effettivamente assegnati in organico
due docenti per classe a tempo pieno. Che vuol dire allora che
“le maggiori disponibilità di orario rispetto alle 40 ore di scuola”
restano all’interno dell’istituto e devono essere utilizzate ai fini
dell’organico? Che quelle ore vanno a coprire buchi da altre parti
(nelle classi, se ci sono, ove si fanno le 27 o 30 ore, più magari
la mensa…)? Oppure che devono essere utilizzate per i “vuoti di
organico” temporanei, vale a dire per le supplenze? In ogni caso si
tratterebbe dello snaturamento del tempo pieno. Questo è certo.
Quel che è chiaro invece - è bene essere
realisti – è che si prospetta uno sconvolgimento radicale
dell’assetto pedagogico e organizzativo della scuola primaria. Un
impoverimento sul piano delle risorse e sul piano pedagogico. Si
tratta di vedere in quali tempi e con quali modalità,
ma le intenzioni sono evidenti. D’altra parte cosa altro ci si
poteva aspettare da un governo di centro destra a guida Berlusconi
riguardo la scuola pubblica? |