Assunzioni regolari per il punteggio, ma
stipendio uguale a zero o quasi
Insegnare per anni gratis nelle private
La tacita regola imposta ai giovani docenti in
Campania
Tutti sanno, ma nessuna denuncia
Francesco Tortora, Il
Corriere della Sera 11.1.2009
NAPOLI - Insegnare per anni gratuitamente nelle scuole private. È il
destino che accomuna centinaia di giovani docenti che lavorano in
istituti paritari in Campania senza ricevere compenso o al massimo
ottenendo solo una piccola parte del salario. Esiste ormai da anni
una regola tacita imposta dai dirigenti di tante scuole private ai
docenti freschi di abilitazione all'insegnamento che entrano nel
mondo della scuola attraverso il canale degli istituti privati: le
scuole paritarie assumono con un regolare contratto i giovani
insegnanti permettendo loro di accumulare punteggio e scalare le
graduatorie provinciali d'insegnamento (condizione necessaria per
lavorare un giorno nella scuola pubblica e ottenere il fatidico
posto fisso). I docenti in cambio accettano di lavorare
gratuitamente o per poche centinaia di euro nelle scuole private. È
raro che un giovane insegnante si ribelli a questa prassi: nelle
regioni meridionali il numero dei docenti precari è molto alto e le
scuole private non hanno problemi a trovare insegnanti pronti a
tutto pur di ottenere un incarico annuale.
STATISTICHE - Secondo i dati
Istat del 2006, oltre il 20% delle scuole italiane sono private e
dei 9 milioni di studenti italiani almeno uno su dieci frequenta un
istituto privato. In Campania le scuole non statali riconosciute
sono oltre 2 mila: la maggioranza sono istituti per l'infanzia o
elementari, ma nel corso degli ultimi anni si sono moltiplicati i
licei e gli istituti tecnici. Con la legge del 2000 le scuole
paritarie sono state equiparate in tutto e per tutto alle scuole
pubbliche e ricevono sussidi e finanziamenti dallo Stato (la legge
di bilancio 2008 ha stanziato oltre 530 milioni di euro a favore
delle scuole private per l'anno 2008/2009). Ma, a differenza degli
istituti pubblici, le scuole paritarie non assumono gli insegnanti
prendendo in considerazione le graduatorie nazionali e provinciali,
ma contrattando con il docente compenso e condizioni lavorative.
L'unico obbligo che le scuole paritarie hanno è quello di assumere
insegnanti che hanno superato il concorso di abilitazione
all'insegnamento. Per tanti giovani alle prime armi che vivono
nell'Italia meridionale è davvero difficile ottenere una supplenza
in una scuola pubblica a causa del gran numero di insegnanti
presenti nelle graduatorie provinciali: proprio per questo si
rivolgono alle scuole paritarie. Tanti istituti paritari propongono
ai docenti il medesimo accordo: punteggio annuale in cambio di
lavoro gratis o sottopagato.
LA STORIA DI M. – M. è una
trentenne che da quasi tre anni lavora in un istituto primario
paritario che si trova nell'agro nocerino-sarnese, area a metà
strada tra Salerno e Napoli. Non vuole che il nome della sua scuola
sia divulgato perché teme di perdere il lavoro. «Come tanti giovani
insegnanti meridionali per cominciare a lavorare ho dovuto fare una
scelta», dichiara. «O emigravo al Nord con la speranza di ottenere
qualche supplenza nella scuola pubblica oppure dovevo accettare di
restare a casa e lavorare gratis per qualche istituto privato.
Grazie alla raccomandazione di un mio parente (la maggioranza delle
scuole paritarie locali assumono solo persone di cui si possono
fidare) sono stata presentata alla preside di una scuola privata
della zona e ho cominciato a insegnare. Già il primo giorno è stata
chiara: mi ha detto che a fine mese avrei dovuto dichiarare di aver
ricevuto il compenso ordinario firmando la busta paga, ma mi
sarebbero stati concessi solo 300 euro. Sono costretta a firmare e a
dichiarare il falso perché questa finta retribuzione garantisce il
pagamento dei contributi previdenziali, condizione necessaria per
l'attribuzione dei 12 punti annuali in graduatoria. I 300 euro
mensili mi permettono di pagare la benzina e l'autostrada che ogni
giorno prendo per raggiungere la scuola». Durante questi tre anni,
M. non ha ottenuto nessun aumento salariale, mentre le ore a scuola
sono aumentate e spesso la sua giornata lavorativa si conclude nel
tardo pomeriggio. «Io amo insegnare e per me non è un peso passare
intere giornate con i bambini. Certo se fossi pagata il giusto sarei
più felice. Lavorare gratuitamente nelle scuole private può apparire
uno scandalo ai più, ma qui in Campania è la regola. Nell'istituto
dove insegno ci sono decine di giovani colleghe che si trovano nella
mia stessa condizione. Con la riforma del maestro unico presentata
dal ministro Gelmini, per gli insegnanti elementari la situazione è
destinata a peggiorare: aumenteranno i maestri senza lavoro e
diminuiranno i posti a disposizione. Non mi stupirei se fra qualche
anno le scuole paritarie ci chiedessero di offrire un contributo
simbolico per lavorare».
LA STORIA DI S. – C'è chi come
S. dopo tanti anni di lavoro gratuito è riuscita a liberarsi dal
ricatto del punteggio diventando un'insegnante di ruolo in una
scuola pubblica. Oggi lavora in un liceo di Salerno, ma ricorda
ancora con rancore e rabbia gli anni di docenza in un famoso
istituto privato della città campana: «I primi anni insegnavo solo
italiano e latino», dichiara S., che oggi ha poco più di 30 anni.
«Poi ho cominciato a fare lezione anche di storia e geografia.
Lavoravo fino a 30 ore alla settimana e a fine mese l'istituto mi
pagava solo 200 euro. Questo calvario è durato ben sei anni». S.
dichiara di non aver mai parlato di compenso con il preside del
liceo, ma di aver sempre saputo che se voleva lavorare in quella
scuola bisognava accettare la somma esigua che le offrivano: «La
cosa più degradante avveniva a fine mese. Entravo nella stanza del
preside e fingevo di volerlo salutare. Lui capiva e mi metteva in
mano duecento euro. Anche altri insegnanti erano costretti a
ripetere questa sceneggiata. Nella scuola vi erano oltre trenta
docenti e la maggioranza si trovava nelle mie stesse condizioni. Poi
ogni tanto ti chiamavano e ti facevano firmare in blocco le buste
paga. Quando hai bisogno di lavoro e denaro fai mille compromessi,
alla fine se penso a quegli anni mi sembra di aver rimosso tante
cose spiacevoli e tristi». S. racconta che dopo aver passato sei
anni in quella scuola privata finalmente tre anni fa ha ricevuto la
chiamata per la prima supplenza in una scuola pubblica: «Avevo
accumulato un buon punteggio e ho deciso di lasciare l'istituto
privato. Dopo varie supplenze sono diventata di ruolo. Il giorno che
ho ricevuto il primo stipendio regolare è stato indimenticabile».
Tuttavia S. non rinnega il passato: «Mi dispiace dirlo, ma senza i
compromessi accettati nella scuola privata, oggi non lavorerei in un
istituto pubblico. Chi sfrutta giovani docenti dovrebbe vergognarsi.
Ma ciò che più sconcerta è il fatto che dai sindacati agli
insegnanti di ruolo tutti accettino questa realtà facendo finta di
niente».
LA STORIA DI G. E IL SINDACATO LOCALE
- G. ha 27 anni ed è alla sua seconda esperienza in una scuola
privata del salernitano. L'anno scorso ha insegnato in un istituto
alberghiero del Cilento, mentre quest'anno è stato chiamato come
docente di materie letterarie in un liceo sociopsicopedagogico di
Salerno. Non riceve alcun compenso (lavora 18 ore alla settimana) ,
ma naturalmente ogni mese firma la sua busta paga. «L'anno scorso ho
lavorato l'intero anno e poi non mi hanno più chiamato. Non ricevevo
nemmeno un euro come adesso, ma dovevo fare quasi 50 km in macchina
per arrivare a scuola». G. non è ancora abilitato e ricevere questo
incarico gli sembra una benedizione: «Prima di me numerosi
professori, visto che la mia scuola non paga nulla, hanno rifiutato
l'incarico. Sono stato fortunato: ho presentato la domanda e, dopo
aver visto che accettavo le loro condizioni, mi hanno subito
assunto. Mi rendo conto che non è il massimo, ma questo lavoro non
remunerato mi permetterà, dopo un anno e mezzo di sacrifici, di fare
il concorso all'abilitazione. Se riesco a superarlo, potrò cambiare
scuola e almeno comincerò a guadagnare qualcosa». Il segretario
provinciale Uil-scuola, Gerardo Pirone, conosce bene la situazione
drammatica delle scuole private, ma afferma: «Sono nel sindacato
scolastico di Salerno dal 1987 e in oltre vent'anni ho ricevuto solo
due denunce da parte d'insegnanti di scuole private che si
lamentavano della retribuzione offerta dai loro datori di lavoro. In
queste due occasioni ci siamo mossi e siamo riusciti a ottenere
dalle scuole che gli insegnanti ricevessero quello che gli spettava.
Il nostro compito è far rispettare i contratti, ma se nessuno
denuncia, noi non possiamo fare molto».