POLEMICA

"Fateci l'esame di riparazione"

I senatori agli studenti: tornate, non è sempre così

Amedeo La Mattina, La Stampa 4.1.2009

ROMA
Non c’è solo un misto di imbarazzo e rassegnazione di fronte allo sfogo degli studenti della Quinta A del Liceo scientifico di Pontedera, che hanno scritto al presidente Napolitano e alla Stampa la loro «delusione, amarezza e vergogna» nell’assistere alla seduta del Senato. Il 2 dicembre in aula si discuteva della conversione in legge del decreto sulla stabilità del sistema creditizio in piena crisi dei mercati finanziari. E una «cortese signorina» aveva prospettato ai ragazzi un’appassionante discussione in aula. Invece si sono trovati davanti a quello che accade normalmente durante la discussione generale di una legge: il deserto e con i pochi senatori presenti affaccendati a leggere i giornali, chiacchierare o compulsare il computer.

E la solennità del tempio della democrazia, che fine ha fatto? Insomma i liceali di Pontedera, che si sono fatti una cultura istituzionale sui libri di educazione civica, «forse pensavano ai “senatores boni viri”, dimenticando la seconda parte del classico latino “Senatus mala bestia”», tenta una spiegazione Francesco Sanna del Pd al suo primo mandato a Palazzo Madama. E confessa di essere rimasto anche lui deluso quando ha messo piede sulla moquette rossa dell’aula del Senato, di infastidirsi quando vede i «passeggiatori che fanno salotto e crocicchi mentre i colleghi intervengono». «Ogni volta che vedo sulle tribune classi di studenti - racconta il cagliaritano Sanna - mi vengono i brividi perché penso che diamo un’idea di noi peggiore di quella che è realmente. Purtroppo oggi la comunicazione politica si fa fuori dal Parlamento che in gran parte è svuotato delle sue funzioni politiche». Detto questo, Sanna si sente di dire «scusa» agli studenti di Pontedera e di non perdere la fiducia nelle istituzioni.

Lo dicevamo all’inizio: non tutti hanno questo atteggiamento di remissivo imbarazzo. Anzi c’è chi non ha peli sulla lingua e non intende farsi crocifiggere sul «luogo comune» della solita casta che batte la fiacca e pensa ad altro. E’ il caso di Gaetano Quagliariello, presidente vicario dei senatori Pdl, che invita a guardare piuttosto la produttività del Senato (119 sedute d’aula, 800 riunioni di commissioni, 35 leggi approvare dall’inizio della legislatura). «Devo essere sincero con i ragazzi di Pontedera e con tutti coloro che parlano allo stesso modo del lavoro parlamentare: farne uno scandalo mi sembra demagogia provinciale. Basterebbe conoscere la vita parlamentare di altri Parlamenti per capire che in Italia non viviamo fuori dal mondo. La storia del parlamentarismo anglosassone è fatta di urla, chiasso, capannelli... Per quanto riguarda il nostro Senato poi tutto si può dire tranne che non si lavori. Forse quegli studenti hanno beccato la seduta sbagliata». Sul parlamentarismo anglosassone gli dà ragione, con la sua solita punta di maliziosità, il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga: «Ma nel Regno Unito a nessun ragazzo verrebbe in mente di scrivere una lettera come questa alla regina. Quando stavo al Quirinale io di solito ricevevo solo lettere piene di insulti. Il rigido Scalfaro, il pio Ciampi e il signorile Napolitano sono stati più fortunati di me. E’ vero, c’è della demagogia in quella lettera degli studenti, forse ispirati dai loro insegnanti. In genere chi parla male dei politici sono coloro che non sono riusciti a diventare consiglieri comunali o deputati».

Più comprensivo degli insegnanti è invece Guido Possa, presidente della commissione istruzione del Senato, che invita i docenti di educazione civica a dare «un quadro reale del nostro lavoro»: «Posso assicurare che la vita parlamentare è dura. Io entro a Palazzo Madama alle 8 di mattina ed esco alle 10 di sera. Comunque, quando torno a Roma chiederò agli uffici del Senato di dare una giusta informazione preventiva alle classi che vengono in visita». «Io invito i ragazzi a venirmi a trovare - rilancia Carlo Vizzini, presidente della Commissione Affari costituzionali -, sono disponibile a spiegare come funziona il Parlamento. No, io non penso che nelle loro parole ci sia demagogia. Loro non vedono quanto lavoro ci sia dietro l’approvazione di una legge». Vizzini ricorda quando da giovane deputato vedeva in tribuna il pubblico e si sentiva allo zoo: «Mi chiedevo: quando ci tireranno le noccioline?».

«Io - spiega Silvio Sircana, ex portavoce di Prodi - guardo le tribune sempre con un certo disagio perché ho la certezza che i sentimenti di coloro che ci guardano sono quelli descritti nella lettera». Per Sircana ha ragione Quagliariello nell’analisi, ma non se la sente di dire che è colpa loro: «C’è disinformazione e una crisi di identità del Parlamento». E soprattutto, sostiene Enzo Ghigo, «siamo reduci da una campagna esasperata contro la casta. Ho molto rispetto per gli studenti, ma non vorrei che si cadesse sui luoghi comuni e si dimenticasse che dal lavoro delle istituzioni vengono le soluzioni dei grandi problemi della nostra società».