scuola senza uomini

Pasquale Almirante, La Sicilia 15.2.2009

Pare ci sia una intesa fra la Fondazione Agnelli, che ha reso noto il rapporto sulla scuola, e la presidente della Commissione cultura alla Camera, Valentina Aprea, che ha presentato un ddl sullo stato giuridico dei professori e il reclutamento. Merito, carriera, più soldi, cancellazione di graduatorie, concorsi: queste sembrano le risultanze comuni che però rischiano contestazioni e scioperi se non si apre un confronto fra governo, sindacati e ciò che resta delle associazioni di categoria per avviare una riforma efficace e che consenta di competere in Europa.

Sembra facile infatti sostenere l’abolizione delle graduatorie dei precari (240 mila di cui il 15% dei già incaricati rischia il posto per i tagli) e l’emanazione di un albo unico da dove le scuole possono attingere il personale, ma si lascerebbe sul campo il diritto acquisito, compresi i sacrifici e i soldi spesi da migliaia di precari per corsi e concorsi pretesi dallo Stato. Interessante invece il punto sulle retribuzioni (se si esclude la discriminate a livello regionale) che dovrebbero premiare i docenti in base alla materia e al ruolo rivestito, incrementandole proporzionalmente alla efficacia educativa per ciascuna scuola.

Quello della valutazione è in effetti un punto determinate che potrebbe invogliare ciascuna istituzione autonoma a migliorare l’offerta formativa insieme alla ricerca di strategie didattiche mirate al profitto dei ragazzi. La qualità degli insegnanti è però il nodo che fino ad oggi è stato sottaciuto dal momento che non è stata mai fatta, per esempio, una distinzione fra materie scritte e orali, né si è mai intervenuto, se non con fiacchezza, a potenziare le scuole a rischio dove non si possono che trovare solo supplenti, mentre avrebbero bisogno di incentivi, di personale qualificato e soprattutto di controlli, quelli che venivano chiamate ispezioni.

Ma lo studio della Fiat mette in luce un altro dato: l’81% dei docenti italiani è di sesso femminile che segnala sia l’impoverimento del modello sociale e culturale offerto dalla scuola e sia la fuga degli uomini verso un lavoro non solo meglio retribuito ma forse pure più gratificante. Altro dato singolare: delle 8.000 graduatorie provinciali 1.500 nelle aree scientifiche e tecnologiche sono esaurite e soprattutto al Nord: capirne il motivo non è difficile.