La testimonianza di una professoressa di italiano che resta a mani vuote
dopo 10 anni di lavoro all’università più 11 da docente. Grazie al taglio delle cattedre

Da insegnante a bidella. Ma sempre precaria.

 l'Unità, 27.2.2009

Dal prossimo primo settembre sarò, con buone probabilità, non più insegnante precaria, ma semplicemente disoccupata! A giorni compio 46 anni e dopo 10 anni di precariato nell'università e 11 nella scuola, a mia figlia dovrò dire che forse dovrò rinunciare a parecchie cose, visto che in casa entrerà uno stipendio in meno. Sarò infatti una delle vittime del taglio drastico delle cattedre d'italiano, Storia e Geografia alle medie. Molto drastico, perché si tratta, grazie ai provvedimenti Gelmini/Tremonti, del 25% delle cattedre, che sugli alunni avranno l'effetto di 2 ore in meno d'Italiano la settimana (le ore scenderanno a 5, lo stesso numero propongono per Inglese).

Quest'anno non sono diventata di ruolo per tre posizioni in graduatoria e questo perché mentre per tutti gli altri insegnamenti sono state fatte immissioni in ruolo pari al 48% dei posti vacanti, per la mia classe di concorso si sono limitati al 24% in previsione dei tagli. E tutto questo nel silenzio più assoluto... In tutto siamo stati 2000 a condividere la stessa sorte... 2000 persone destinate per quest'anno ancora alla precarietà e per il prossimo, insieme purtroppo a tante altre (svariate migliaia), alla non occupazione.

Ho passato un'estate nello sconforto, con mia figlia che vedendomi piangere (sono, ti assicuro, una donna risoluta e pratica, ma sono stata presa da una disperazione che mi ha disarmato) mi ripeteva «ma dai mamma, vedrai che le cose andranno meglio».

In una di queste giornate nere mi sono decisa a presentare la domanda come collaboratrice scolastica, bidella per capirci. E due settimane fa sono uscite le graduatorie definitive e ho ricevuto moltissime chiamate per incarichi annuali fino al 30 giugno. Ho risposto che per quest'anno ancora facevo la prof, ma di tenermi in considerazione per il prossimo anno. Da una scuola mi hanno risposto «Mi scusi, ma non pensa che una laureata dovrebbe avere altre aspirazioni?», da un'altra «Poverina ha ragione, abbiamo appena verificato che qui l'anno prossimo si perderanno 4 posti della sua classe di concorso». Una possibilità di occupazione? No, neanche su questo posso farmi illusioni, la iattura dei tagli sarà terrificante anche per il personale Ata e quindi, neanche la bidella mi faranno fare.

Sono stanca, molto stanca... Nel frattempo mia figlia cresce e da grande vuole fare la professoressa come me, ma ormai aggiunge «se me la faranno fare». L'anno prossimo inizierà il liceo... verrebbe da chiedere se fosse possibile farle ereditare la mia posizione in graduatoria, almeno il mio infinito precariato avrebbe un senso... Tutte queste vicende mi hanno anche allontanato dal sindacato, il »Mai più precari» è stato uno slogan che non ha trovato seguito. Siamo utili come bandiera, ma difficili da gestire... Quest'estate poi non ho trovato nemmeno una riga sulla sorte di 2000 insegnanti di Italiano, ovviamente la cosa avrebbe meritato una qualche iniziativa di protesta, ma mi sarei accontentata anche di un qualche comunicato.

Quello che però mi ha più ferito è stato il fatto che le persone con cui in sindacato collaboravo più direttamente, non si sono degnate di farmi una telefonata, almeno di solidarietà... E questo dopo tanto lavoro fatto con passione e sacrificio, iniziative, assemblee, consulenza... Pazienza, la mia tessera è lì, nel borsellino. Ogni tanto ho voglia di ritirare la delega e anche qui mia figlia ha un ruolo fondamentale.

È fiera, nonostante abbia solo 13 anni, di far parte di una famiglia di sinistra ed è affezionata alla Cgil, che con passione vede come una condivisione di ideali alla quale non si può rinunciare...

So di essere stata prolissa, ma so anche di essermi limitata all'essenziale, o per meglio dire al personale. Perché precariato a parte, cosa vogliono fare della scuola italiana? Ci lamentiamo delle carenze in italiano dei nostri giovani e cosa facciamo per risolvere il problema, diminuiamo le ore dedicate alla nostra lingua? E ancora, chi farà l'ora alternativa all'insegnamento della religione cattolica?

Questa era affidata agli insegnanti di italiano nelle loro ore a disposizione, sacrificate sull'altare dei tagli. Metteremo i ragazzi che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica in attesa sui corridoi? Sembra che la cosa non riguardi nessuno, nemmeno la Cgil, che su questo argomento potrebbe costruire una bella battaglia di principi, una di quelle che però, a quanto pare, nessuno vuole più combattere.