Alunni stranieri in classe: di Marco Pistoi, Pavone Risorse 1.2.2009 La questione (il problema?) dell’inserimento degli alunni stranieri nelle scuole italiane sta ormai assumendo contorni paradossali, direi persino grotteschi. Peccato che in ballo ci sia il coinvolgimento di tanti bambini. Particolarmente pittoresche appaiono le varie giustificazioni addotte per negare ciò che si vuol, semplicemente, affermare: i piccoli alunni stranieri tra i banchi di scuola non sono ben voluti.
In questo creativo esercizio
linguistico ci ha sapientemente introdotti la mozione della Lega
Nord in materia di accesso degli alunni stranieri alla scuola
dell’obbligo: si prevedono classi separate ma , attenzione, al fine
di “ridurre i rischi di esclusione”.
Mai più di tre stranieri ogni dieci
italiani nella scuola elementare. Non fraintendete, il
provvedimento, rassicurano, è “pensato a tutela dei bambini”
(anche se non è specificato quali). Si punta a “favorire
l’integrazione, a non creare classi, o peggio ancora scuole ghetto”.
Meno male. Ora potrebbe essere interessante approfondire il simpatico dibattito scaturito dall’irritazione della Lega veneta che rivendica la paternità di tale proposta, pensata quando ancora il Pd (forse sottovalutando i consensi che si potevano riscuotere tra l’opinione pubblica) si prodigava a sostenerne l’ “illegalità” …ma credo non serva a molto.
Può essere curioso invece ricordare
l’intervento del Ministro dell’Istruzione Gelmini al meeting di
Rimini, contraria alla fissazione di un limite del numero degli
studenti stranieri per classe: “Non servono tetti o numeri. La
scuola può e deve essere l’istituzione che più favorisca
l’integrazione”. Ma eravamo a fine agosto e il gioco delle
parti era solo all’inizio. Forse il dibattito sarebbe meno ipocrita se il pregiudizio secondo il quale la presenza dei piccoli alunni stranieri nelle classi danneggia i bambini italiani venisse definito per quello che è. A quel punto si potrebbe provare a spiegare, pazientemente, a tutti quei genitori preoccupati per i propri figli italiani (rincorsi da chi cerca facili consensi) che “la scuola funziona meglio e non peggio quando in classe ci sono alunni che partono da livelli di conoscenza diversi.” Si potrebbe spiegare loro perchè uno dei più autorevoli studiosi di linguistica in Italia, Tullio De Mauro, ci ricorda che “più le classi sono eterogenee, migliori sono i risultati degli alunni. Di tutti: dei più bravi e dei peggiori.”
Si potrebbe denunciare, preoccupati,
come il diritto all’istruzione e la convivenza tra le differenze
rischino, tra l’indifferenza generale, di essere messe in
discussione. Ma sarebbe impopolare. |