Non sparate sui maestri di Bologna di Gianni Gandola e Federico Niccoli, ScuolaOggi 13.2.2009 In questo paese, soprattutto quando è la Chiesa a dettare la linea, si può fare obiezione di coscienza su tutto : si è sostenuto che perfino un farmacista abbia il diritto di non consegnare la cosiddetta “pillola del giorno dopo” ad una persona con regolare certificato medico. Si scatena, invece, il finimondo se un gruppo di maestri di una scuola primaria a tempo pieno di Bologna (si veda “La Repubblica” di venerdì 13 febbraio) per protesta contro il ritorno ai voti numerici decide, almeno per il primo quadrimestre e fino a quando il percorso regolamentare non sarà perfettamente legittimo, la consegna delle “pagelle” con il 10 politico , accompagnato, da apposite schede informative. Non solo il ministro Gelmini e il direttore dell’Ufficio scolastico regionale ordinano ai ribelli di fare immediata retromarcia, ma anche (potevano mancare?) il segretario UDC Casini, il solito Garagnani e con enfasi degna di miglior causa, la dirigente scolastica Ivana Summa, molto nota come dirigente democratica e il sindaco cessante Cofferati (quello dei tre milioni al Circo Massimo) bollano l’iniziativa come sbagliata e controproducente.
Non ci piace, però, che scatti una sorta di “riflesso d’ordine” a carico non di pazzi estremisti, ma di maestri che quotidianamente si impegnano per mantenere a livelli decenti la qualità della scuola. E non ci piace neppure che a sinistra e dintorni ci si dimentichi, come se si trattasse di scheletri nell’armadio, delle lotte condotte da minoranze di maestri e dirigenti scolastici degli anni immediatamente precedenti al 1977 per affermare con determinazione il diritto alla qualità della prestazione scolastica. Vogliamo ricordare due battaglie di quei tempi, paradossalmente quasi identiche a quelle odierne: - una minoranza di operatori scolastici (raccolti prevalentemente intorno al Movimento di Cooperazione Educativa di Mario Lodi) introdusse il 6 o 10 politico nelle pagelle di allora e sostituì i numeri secchi con schede analitiche di valutazione - gli stessi operatori si ribellarono all’obbligo di adozione del libro di testo unico Si trattava, allora come ora, di insegnanti delle prime scuole a tempo-pieno. Ci furono, anche a quel tempo, richiami scritti e sanzioni disciplinari. Ma la legge 517 del 4 agosto 1977, insieme a tanti altri provvedimenti decisamente “progressisti”, scompaginò le tranquille e pigre certezze dei maestri di allora : abolì le pagelle con i voti in decimi e consentì l’adozione alternativa al libro di testo unico nella scuola primaria. Non si trattò – è giusto ricordarlo - di un bagliore di innovazione pedagogica nelle menti dei legislatori di allora. Anche in quel tempo, sicuramente più vivace di quello di questi giorni, i benpensanti e i laudatores temporis acti prevalevano in maniera schiacciante sui maestri che avevano voglia di futuro.
E soprattutto non spegniamo sul nascere la loro voglia di non
arrendersi al massacro della scuola pubblica italiana. |