SCUOLA
Gelmini: ecco come sto lavorando intervista a Mariastella Gelmini, il Sussidiario 11.2.2009 La bagarre sul maestro unico si è ormai conclusa. Dopo mesi animati da manifestazioni di dubbio gusto, con maestre vestite a lutto e bambini coinvolti nelle “cose dei grandi”, ora il discorso sembra essere archiviato: con buone pace di tutti, il modulo è stato abolito, e le compresenze pure.
Adesso il dibattito si è spostato
(finalmente, verrebbe da dire) dalla scuola primaria a quella
secondaria. Prima della pausa natalizia, infatti, il consiglio dei
Ministri ha approvato il regolamento relativo al riordino delle
superiori. Ma non per l’anno prossimo: il tutto è stato rinviato
all’anno successivo (autunno 2010), per non costringere le scuole ad
affrontare cambiamenti in tempi stretti, e per aprire un confronto
con il mondo della scuola al fine di calibrare al meglio le scelte.
Mariastella Gelmini ne è convinta: il
confronto con la scuola vera c’è, lo si sta portando avanti con
determinazione, e condurrà agli esiti sperati in termini di riforma
e ammodernamento della scuola.
Stiamo esattamente lavorando per fare
in modo che non sia così. Abbiamo avviato lo studio dei regolamenti
di riforma della scuola secondaria sotto tutti i punti di vista.
Innanzitutto capitalizzando l’esperienza della Commissione De Toni,
con tutto il lavoro fatto sull’istruzione tecnica, che da decenni
attende di essere riformata. E abbiamo deciso di seguire la strada
maestra in questi casi: partire dall’azione delle scuole. Ecco
perché abbiamo preso contatto con alcune regioni, in particolare la
Lombardia e il Veneto, che sono disponibili ad approvare alcune
sperimentazioni, in attesa dell’entrata in vigore della riforma.
Non solo: stiamo ragionando con le
Regioni anche sull’aspetto dell’istruzione professionale, che
ovviamente ha molti punti di contatto con l’istruzione tecnica.
Riteniamo infatti che il paese debba puntare sempre di più sulla
riqualificazione di questo segmento della formazione, proprio perché
i numeri ci dicono che abbiamo una carenza di professionalità e di
abilità tecniche, a fronte di molti ragazzi che non si laureano e
che purtroppo non riescono a trovare lavoro. Quindi il puntare
sull’istruzione tecnica e professionale ha proprio questo
significato: aprire la scuola all’impresa e al mondo del lavoro, e
garantire una possibilità occupazionale per i giovani. Sulla riforma dei licei abbiamo ripreso quanto fatto dal ministro Moratti, confermando le importanti novità sul piano del liceo delle scienze umane, del liceo artistico con nuovi indirizzi, del liceo coreutico. Dunque stiamo lavorando su una riforma di carattere complessivo, e i diversi tavoli tecnici del ministero sono impegnati su tutti i fronti. Quello a cui puntiamo è una riforma organica della scuola secondaria. Ma non si tratta solo di riorganizzare l’assetto generale. Altri elementi qualificanti del nostro progetto sono, ad esempio, il fatto di puntare molto sullo studio delle lingue straniere, addirittura dando la possibilità per l’ultimo anno delle superiori che una materia venga interamente insegnata in lingua; e poi rilanciare l’innovazione tecnologica, con laboratori tecnici adeguati, creando così una scuola che si apre al futuro e all’utilizzo e all’impiego delle nuove tecnologie.
L’autonomia delle scuole andrà declinata sempre di più in concreto, e dovrà andare di pari passo con assunzione di responsabilità a tutti i livelli, in capo ai dirigenti scolastici e in capo alle singole scuole. Da questo punto di vista è bene parlare semplicemente di “scuole”, senza distinzione alcuna: bisogna infatti puntare ad alzare gli standard dei livelli qualitativi indifferentemente in tutto il sistema, sia nell’ambito delle scuole statali che nell’ambito di quelle paritarie. Per ottenere questo non possiamo discutere la questione in termini teorici, ma dobbiamo imparare dagli esempi migliori, che devono appunto – è il proprio il caso di dirlo – fare scuola.
L’aspetto essenziale, a mio avviso, è
esattamente questo: imparare dagli esempi più positivi. Nelle scuole
paritarie, ad esempio, ce ne sono tanti, e noi ci impegneremo per
fare in modo di divulgare queste esperienze, perché non rimangano
situazioni isolate ma divengano un patrimonio comune. Per valorizzare l’attività dei singoli istituti bisogna anche permettere loro di avere una vera governance. Se ne è parlato di recente, e lei ha espresso un giudizio positivo per la proposta di un “Consiglio di indirizzo”, anziché Consiglio di Amministrazione. Perché?
Ritengo che sia giusto parlare di
Consiglio di indirizzo, perché non si deve evocare nessuna volontà
di privatizzazione delle scuole, che non rientra assolutamente nelle
intenzioni del ministero. Si tratta semplicemente di aprire gli
istituti al territorio, di far entrare nella gestione strategica
delle scuole anche le associazioni di categoria, il mondo produttivo
– soprattutto per quanto riguarda l’istruzione tecnica – e di fare
così in modo che la scuola si arricchisca nel rapporto con il
territorio e viceversa. |