Il CNPI dà 4 alla Gelmini

di Gianni Gandola e Federico Niccoli, ScuolaOggi 14.2.2009

Non l’abbiamo scritto noi. Non abbiamo scritto noi il testo del parere sullo schema di regolamento sull’assetto ordinamentale della scuola dell’infanzia e del primo ciclo dell’istruzione espresso dal Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione nella seduta del 12 febbraio scorso.

Non siamo così importanti da far parte di questo organismo né, tantomeno, da influenzarne gli orientamenti. Ma è indubbio che in quel testo ritroviamo molte delle cose che da qualche mese andiamo sostenendo e che abbiamo scritto ripetutamente su questo giornale.

Innanzi tutto, chiariamo per i “non addetti ai lavori” cos’è il CNPI e che peso ha questo parere. Il CNPI è l’organo nazionale della scuola istituito allo scopo di rappresentarne le varie componenti. E’ composto da 36 membri, 15 di nomina elettiva in rappresentanza del personale della scuola (insegnanti e dirigenti scolastici) e 15 di nomina ministeriale tra esponenti del mondo della cultura, dell’Università, ecc. in modo da assicurare – come prevede il decreto istitutivo - il più ampio pluralismo culturale (i restanti sei rappresentano le scuole delle minoranze linguistiche e le scuole pareggiate). Si tratta sostanzialmente di un organo consultivo, che esprime pareri di natura tecnico-scientifica. Il parere espresso da CNPI pertanto non ha valore vincolante, non incide direttamente sulla normativa. Ha però una forte valenza sul piano pedagogico, politico-culturale.

Premesso questo, diciamo subito che questo parere è dirompente. Il CNPI boccia nella sostanza l’impianto stesso della riforma Gelmini. Nel preambolo si ricorda che già nella seduta del 17 novembre 2008 il Consiglio aveva espresso “fermo dissenso e viva preoccupazione” sulle scelte operate dal governo, che comportano “una destrutturazione del sistema scolastico pubblico ed una netta riduzione quantitativa e qualitativa dell’offerta formativa.” In questo senso aveva richiesto “una profonda revisione dei provvedimenti adottati, a partire da quanto previsto per la scuola primaria con l’introduzione dell’insegnante unico e l’orario di 24 ore settimanali.”

Ora il CNPI rincara la dose, con una serie di rilievi fortemente critici. Innanzi tutto sottolinea che si prospettano, nella bozza di regolamento, misure strutturali che limitano fortemente o che invadono il campo dell’autonomia delle istituzioni scolastiche. Questo è un punto per noi decisivo e sul quale abbiamo insistito molto: l’autonomia didattica e organizzativa prefigurata dal Dpr 275/1999 è un baluardo da difendere strenuamente.

Il CNPI rileva che i cambiamenti strutturali prospettati coinvolgono anche le classi successive alla prima, superando quanto disposto dalla legge. Non si tiene conto cioè delle scelte organizzative e didattiche della scuola, delle scelte a suo tempo operate dalle famiglie, della prassi consolidata di graduale applicazione delle modifiche ordinamentali, intaccando il principio di continuità didattica. E’ la prima volta, precisiamo noi, che una riforma coinvolge anche classi avviate sulla base di un altro ordinamento (ricordiamo che dopo l’approvazione della legge 148/1990 le classi allora a tempo normale della scuola elementare proseguirono fino ad esaurimento).

Per quanto riguarda in particolare la scuola primaria il Comitato Orizzontale del CNPI riafferma esattamente le tre questioni che abbiamo considerato centrali e di fondamentale importanza nell’organizzazione del lavoro e dell’offerta formativa: l’autonomia didattica e organizzativa, la collegialità del gruppo docente, la contemporaneità/compresenza come strumento programmato di attività didattica.

L’art.4 del Regolamento, osserva il CNPI, prevede il superamento del “precedente assetto del modulo e delle compresenze” sostituendo, anche nella fase transitoria nelle classi successive alla prima, il gruppo docente, nonostante le leggi deleganti non prevedano una tale soluzione, destrutturando quindi i modelli didattici in atto e interferendo con l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Il modello della classe affidata a un solo insegnante e funzionante per 24 ore settimanali che la legge n.169/08 prevedeva come una delle modalità organizzative -solo per le classi prime- offerte alla scelta delle famiglie, diventa da subito “il modello” della scuola pubblica, rendendo di fatto residuali gli altri modelli orari.

La soppressione delle ore di compresenza/contemporaneità, dice con chiarezza il CNPI, rappresenta un peggioramento drastico dell’offerta, della flessibilità organizzativa. Nel tempo pieno, con l’annullamento delle compresenze, si snatura questo stesso modello, privandolo della possibilità di attività didattiche significative quali le classi aperte, i gruppi di alunni, la didattica laboratoriale.

Considerazioni simili vengono fatte per la scuola secondaria di primo grado, con la riduzione del tempo scuola e conseguentemente dei docenti impiegati nelle classi a tempo normale e a tempo prolungato.

Il parere del CNPI conclude affermando che “le criticità evidenziate compongono un quadro formativo che compromette l’efficacia dell’offerta formativa nella scuola dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione, lede la dignità della scuola pubblica, non garantisce pari opportunità di offerta e di scelta sull’intero territorio nazionale.”

Parole pesanti come pietre, dunque. E si tratta, ripetiamo, non di un organismo politico o sindacale, di parte. Non è qui la Flc Cgil o i Cobas, né l’opposizione di sinistra a profferire giudizi così critici, ma la massima espressione – sul piano tecnico-scientifico - del mondo della scuola. Non crediamo che questo servirà a far cambiare rotta alla Gelmini ed al governo. Non dimentichiamo che i provvedimenti in questione, ben lungi dal corrispondere a serie motivazioni di carattere pedagogico, sono dettati fondamentalmente da esigenze di altro tipo, in primis il risparmio di spesa. Quindi la Gelmini, pur sonoramente bocciata, andrà avanti. Ma che figura…