Gelmini non si ferma. I suoi uffici vanno avanti per far partire la riforma delle superiori sin dal prossimo anno scolastico. Meno ore ovunque, il criterio è solo contabile. Una forma di «privatizzazione » anche questa.

Tagli d'istruzione.
La Gelmini non si ferma

di Fabio Luppino da l'Unità, 29.12.2009

Al ministero dell’Istruzione vanno avanti come treni. L’obiettivo è far iniziare la riforma della scuola superiore dal prossimo anno scolastico, costi quel che costi. Gli ispettori della Gelmini questo hanno comunicato nei vari incontri avuti prima delle vacanze con le rappresentanze dei presidi e dei docenti. La riforma non è ancora nemmeno nero su bianco. In gennaio si dovrà fare tutto: per la prima volta, sempre che non ci sia una improbabile resipiscenza generale, si cambia radicalmente la scuola senza un pubblico e aperto confronto, degno di un fatto culturale che dovrebbe stare a cuore a tutti, destra e sinistra. Tant’è. Lo abbiamo già scritto su queste pagine. Sarà la fine di tutte le sperimentazioni nei Licei, nei tecnici, nei professionali. Sarà il depennamento di molte materie, la riduzione contabile dello studio della filosofia, della matematica, del latino, ma anche la sparizione dello studio di due lingue nei licei (contravvenendo ad una precisa direttiva europea): la furbizia starà nel non ostacolare la praticabilità di tutto ciò che si fa ora, ma di relegarlo ai piani dell’offerta formativa (che però saranno ridotti a poca cosa visti i drastici tagli imposti dal governo all’autonomia degli istituti scolastici). Ma tassativamente si dovranno serrare i ranghi orari: 27 ore nel primo biennio dei licei, 30 o 31 a seconda che si tratti di classico o scientifico, 32 ore nei tecnici. Si perdono in media 4 ore di istruzione a settimana, ovunque. Un dato freddo di cui si parla da mesi che sin qui non ha smosso gli animi nemmeno dei partiti di opposizione, tanto è stata screditata la scuola un po’ da tutti negli ultimi anni.Ma vediamo, oltre al dato quantitativo che è gia una scelta politica, cosa operativamente potrebbe accadere all’inizio del prossimo anno scolastico.

IPOTESI A)
Dando ascolto solo in parte alle obiezioni accumulate sin qui (nell’ordine i sindacati, il Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione, il Pd, il Consiglio di Stato, gli studenti e i professori) il ministro farà partire la riforma delle superiori, ma limitatamente al primo anno. Sarebbe la soluzione più logica, ma cozzerebbe con le radicali richieste contabili del ministro Tremonti. I professori a venire tagliati con una soluzione del genere sarebbero molti meno di quelli previsti dalla Finanziaria del 2008, la madre di tutte le sforbiciate. Tremonti non accetterà mai questa ipotesi. Consentirebbe però a chi ha iniziato nel 2009 un ciclo di studi, avendolo scelto perché quella era l’offerta (stiamo parlando di un momento centrale nella formazione di un ragazzo) di terminarlo serenamente. L’applicazione della riforma avverrebbe per gradi. Troppo buonsenso.

IPOTESI B)
La riforma parte nel 2010 per il primo anno e contestualmente vengono ridotte le ore anche nei quattro anni successivi. Sarebbe il caos totale, oltre che la miccia per una avvilente guerra tra poveri. Quali materie subiranno la decurtazione? Secondo quali criteri? Tenendo conto che le scuole devono comunicare il proprio organico la prossima primavera il nodo deve essere sciolto con chiarezza ben presto, quasi contestualmente al momento in cui si saprà quale riforma partirà. In caso contrario ci sarà la guerra tra i prof perdenti posto, guerra vera.

IPOTESI C)
In una illuminazione di logica e di democrazia il ministero e il governo decidono che una riforma seria deve partire con la serenità degli utenti, studenti, famiglie e professori, e che, quindi, sia giusto un anno di metabolismo mediatico e culturale, rinviandone l’attuazione all’anno scolastico 2011/2012. Non accadrà.