L’italiano trascurato dalla scuola

da TuttoscuolaNews N. 421, 21 dicembre 2009

Le due maggiori Accademie italiane competenti ad occuparsi del problema dello stato di salute della lingua italiana – quella della Crusca e quella dei Lincei – hanno sottoscritto un documento congiunto, intitolato Lingua italiana, scuola, sviluppo, nel quale si lancia un appello affinché nell’insegnamento e soprattutto nell’apprendimento della nostra lingua nazionale si realizzi una svolta radicale rispetto al progressivo impoverimento che lo caratterizza.

I risultati delle ricerche comparative internazionali IEA e OCSE-PISA non lasciano dubbi, e la gravità della situazione è testimoniata anche dal fatto che non pochi atenei organizzano test d’ingresso di conoscenza dell’italiano scritto e corsi di recupero per chi fa più errori.

Ma “l’istruzione universitaria può sopperire solo in misura limitata a lacune che risalgono agli anni dell’infanzia e della prima adolescenza”, puntualizza il documento delle due Accademie, sottoscritto anche dalla Associazione per la storia della lingua italiana. Un punto di vista convergente con le indicazioni dell’Unione Europea in favore di una corretta formazione linguistica già nei primi anni di vita degli alunni.

Non manca nel documento, redatto essenzialmente da linguisti, una non tanto sotterranea polemica contro il tradizionale predominio della letteratura, un “tardo influsso crociano”, come sostiene Francesco Sabatini, presidente onorario della Crusca. Servirebbe invece, si legge nel documento, “una conoscenza della lingua materna sicura e ricca, che non si limiti ai bisogni comunicativi primari, elementari, ma includa un ampio repertorio lessicale, una flessibilità di usi sintattici (che) è una precondizione per un paese civile che intenda restare competitivo nella contemporaneità e nel futuro prossimo”.

Per questo gli accademici sollecitano “un deciso rafforzamento dell’italiano nell’insegnamento scolastico”, ma insistono soprattutto sull’importanza delle ore dedicate alla lingua, da tenere distinte da quelle riguardanti la letteratura e la lettura dei testi. Nel documento si contesta la “recente riduzione del monte ore nella scuola secondaria inferiore che ha ristretto lo spazio riservato alle materie letterarie e dunque all’insegnamento della lingua nazionale”.

Ci sembra tuttavia che il problema non sia quantitativo, ma di più esplicita ed efficace finalizzazione dell’insegnamento. Forse servirebbe una grande campagna nazionale, come si è fatto in altri Paesi (per esempio nella vicina Francia), in favore di un uso dell’italiano corretto non solo dal punto di vista ortografico e lessicale, ma anche grammaticale e fonetico, con l’obiettivo di migliorare il livello di comprensione della lingua sia scritta sia orale.