Riforma delle superiori: Mancano ancora troppi e fondamentali tasselli per la Riforma delle superiori. Dopo aver chiesto il rinvio di un anno,Gilda si impegna fin d’ora ad essere uno dei punti di riferimento per evitare un disastro annunciato. di Fabrizio Reberschegg da Professione Docente, gennaio 2010 Subito dopo l’avvento del governo Berlusconi e la delega all’Istruzione di Mariastella Gelmini si è subito capito che la scuola era uno dei terreni privilegiati dove praticare politiche di razionalizzazione e di taglio della spesa pubblica.
Il piano era chiaro: destrutturate la scuola primaria introducendo il
maestro unico o prevalente, razionalizzare la scuola media e imporre
contestualmente la grande riforma della secondaria di secondo grado.
Il tutto con l’obiettivo di tagliare in un triennio più di 80.000
cattedre e operare risparmi strutturali nel bilancio pluriennale.
Dal cacciavite di Fioroni al martello pneumatico di Gelmini e
Tremonti. Nell’aprile del 2008 sembrava che la riforma delle
superiori dovesse partire in tempi brevi, si è arrivati ai primi
tavoli tecnici solo in ottobre per poi prendere atto in dicembre
delle enormi difficoltà tecniche e politiche legate all’iter di
approvazione dei regolamenti e dei provvedimenti attuativi. Il
rinvio dell’avvio della riforma di un anno ha cristallizzato la
situazione di oggettiva difficoltà in cui si muoveva il MIUR. Dopo
mesi di assenza totale di proposte e confronti, in ottobre del 2009
si sono riaperti i tavoli tecnici senza alcuna sostanziale novità,
ma con una posizione politica forte da parte del Ministro circa la
necessità di far partire la riforma da settembre del 2010
coinvolgendo solo le classi prime, ma procedendo ugualmente alla
riduzione oraria nelle altre classi con la sola esclusione
dell’ultima classe di corso. Nel giro di tre mesi la procedura di
approvazione dei regolamenti ha ottenuto il parere critico del CNPI,
il parere negativo della Conferenza Unificata Stato-Regioni su licei
e professionali e una richiesta di ulteriori chiarimenti da parte
del Consiglio di Stato. Mentre scriviamo manca ancora il parere
delle Commissioni Parlamentari competenti accompagnato dalle
inevitabili osservazioni e proposte e l’approvazione dei Regolamenti
da parte del Consiglio dei Ministri. Molti giurano che a gennaio si
arriverà all’approvazione dei tre regolamenti di riferimento (licei,
tecnici e professionali). Peccato che ci si dimentichi che per far
partire la riforma servono almeno altri quindici provvedimenti
attuativi tra regolamenti, decreti e ordinanze ministeriali
(regolamento sulle nuove classi di concorso, decreto sulle
indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di
apprendimento, decreto sugli ambiti e i criteri riguardanti le
ulteriori articolazioni degli indirizzi e il riconoscimento del
quadro nazionale delle opzioni, ecc.). Senza i provvedimenti
attuativi la riforma non può partire, non si possono organizzare i
nuovi POF di Istituto in vista delle prescrizioni che già sono state
spostate a marzo 2010. Di fronte alla possibilità da parte delle
scuole di utilizzare ampie quote di flessibilità e di attivare
percorsi opzionali non è possibile definire la dotazione organica
delle scuole, procedere ai movimenti, stabilire in modo chiaro quali
sono le competenze necessarie per la certificazione finale degli
esiti in uscita (Esami di Stato). Il prevedibile indebolimento
dell’istruzione professionale, tendenzialmente sempre più
regionalizzata, la destrutturazione di molti percorsi liceali (si
pensi ad esempio alla immagine debole del Liceo delle Scienze Umane)
e degli Istituti Tecnici aprono una fase di grande confusione circa
le scelte che potranno fare le famiglie e gli studenti che si
iscriveranno alla classe prima degli istituti superiori. Non si deve
inoltre dimenticare che, mentre la riforma delle primarie e delle
secondarie di primo grado ha colpito sostanzialmente cattedre
occupate da precari, gli effetti della riforma delle superiori hanno
diretta incidenza sulle cattedre e i posti di lavoro dei docenti a
tempo indeterminato che perderanno il posto e saranno considerati in
soprannumero (si calcola che ci saranno 5.000-6.000 perdenti posto
in prima applicazione della riforma). Per avviare un a riforma così ambiziosa senza scardinare la struttura dell’istruzione superiore è necessario almeno un anno di lavoro tecnico e politico per definire i provvedimenti attuativi con il concerto delle Regioni e di cinque anni per arrivare ad un adeguato funzionamento a regime. Gilda ha ribadito in più occasioni perplessità e critiche circa contenuti, modalità e tempi della riforma e ha chiesto formalmente il suo rinvio. Preoccupa il colpevole silenzio-assenso di alcune organizzazioni sindacali cui forse interessa più di accreditarsi politicamente con l’attuale governo che affrontare i problemi enormi della scuola italiana. Tuttavia confidiamo che si apra nel prossimo futuro un fronte trasversale dal basso il più unitario possibile per impedire che la riforma delle superiori sia semplicemente imposta dall’alto senza il necessario coinvolgimento dei docenti, delle famiglie, degli studenti e della società tutta. Gilda si impegna fin d’ora ad essere uno dei punti di riferimento per evitare un disastro annunciato. |