Parla l’ex ministro, ora nel gruppo degli esperti della Commissione Ue

Berlinguer: «Siamo indietro perché incapaci di sfruttare le tecnologie»

A. Ser.  Il Messaggero, 6.12.2009

Dove abbiamo sbagliato, perché i nostri studenti sono così indietro?

«Una scuola modellata su un impianto che risale al primo Novecento - aula, cattedra, banchi - è oggi totalmente estranea ai bisogni culturali dei giovani. Non sviluppa le capacità di apprendimento una scuola incapace di sfruttare le nuove tecnologie, non compete con il boom dell’audio-visual, con gli sms, con tutti quegli stimoli che bombardano i giovani. Una scuola modellata su un impianto vecchio non accresce la capacità di studio e di comprensione e non raggiungerà mai gli obiettivi di Lisbona. Continuerà ad arrancare e, temo, continuerà a perdere e a disperdere un patrimonio enorme di intelligenze. Se si vuole una scuola di tutti, se si vuole una scuola capace davvero di premiare il merito e le capacità dei più bravi senza per questo lasciare indietro le vocazioni degli altri, occorre che la scuola italiana abbandoni definitivamente la “trasmissività” del sapere dalla cattedra ai banchi». All’intervista risponde Luigi Berlinguer, ex ministro dell’Istruzione, ora uno degli esperti di Bruxelles, che nel Parlamento europeo discute con i colleghi delle future strategie di education.


Quali sono le proposte per il futuro?

«I sistemi educativi devono combinare lo sviluppo delle conoscenze e delle abilità specifiche, insieme alla creatività, alla curiosità, all’intuizione, al pensiero critico, al problem solving, alla sperimentazione, all’assunzione dei rischi, all’abilità di apprendere dai fallimenti, all’uso dell’immaginazione al ragionamento per ipotesi, fino al senso di imprenditorialità. In una parola: bisogna passare dall’insegnamento strutturato cattedra-alunno-compiti a forme nuove, utilizzando pratiche di “student oriented” con lavoro in piccoli gruppi, autovalutazione degli studenti e loro partecipazione alla pianificazione».


Berlinguer, lei parla di una nuova era...

«Certo, la scuola deve rendersene conto, come con l’avvento della stampa si aprì, per la prima volta nella nostra civiltà, la possibilità di lettura ad un numero di persone fino ad allora inimmaginabile, oggi il web è il nuovo Gutenberg. Google, materia di cui mi occupo personalmente nel Parlamento europeo, sta concludendo accordi con gli editori per riversare nella Rete milioni di volumi. Per la prima volta miliardi di esseri umani avranno la possibilità di un accesso agevolato ai saperi. E per la prima volta, al contrario della stampa, della televisione, della radio, della scuola “trasmissiva” chi legge ha la possibilità di dialogare e commentare (è l’era dei web social network). Ma la nostra scuola non sfrutta nemmeno lontanamente questo patrimonio. Eppure quello che si apprende nel 70% dei casi non arriva dagli edifici scolastici. Se non si cambia la sfida è persa. La perdono quei ragazzi e quelle ragazze che, nella scuola che sa solo trasmettere saperi, vengono bocciati e aumentano le fila dei “dispersi”. E vedremo l’Italia, patria del classico, di Michelangelo, di Leonardo, di Galileo e di Vivaldi arrancare dietro Singapore, Corea, Finlandia. La “tradizione” è incomparabile ricchezza, è bagaglio culturale per viaggiare verso il nuovo. Ma in Italia rischia di trasformarsi in peso e restaurazione se non cambierà profondamente l’impianto didattico delle nostre scuole».