Professori & Papere di Gigi Monello da Fuoriregistro, 23.12.2009 C'è, in Tv, un'allegra trasmissione di capitomboli, urti e sbattimenti. La ammannisce una rete privata; è longeva e apparentemente innocente. È "Paperissima", la gaia rubrica di disgrazie ed accidenti vari con sottofondo di risate e marcette. Mi sono preso la briga di seguirne una intera puntata di mezzo Agosto; eccone il menu: 1) due giapponesini giocano gentilmente a puntarsi l'emissione di un phon direttamente in faccia; 2) motociclette schizzano a pazza velocità con cadute rovinose dei piloti; 3) leone scorreggia, con abbondanti materiali escrementizi gioiosamente proiettati a distanza; 4) acquascooter finisce a folle velocità su una riva piena di gente; 5) piccola rissa tra bambini per motivi non chiari; 6) altalena si ribalta, con piccolo utente che cade a terra di testa; 7) improvvisa frana di ghiaccio e neve davanti a porta finestra, con bambina che sobbalza; 8) gentile intermezzo: veline con grosse tette che ballano; 9) bambina si leva una caccola dal naso e la infila nella bocca della bambola; 10) bambina sputa, per ritorsione, in faccia all'amichetta rea di averle spento la candelina sulla torta del compleanno. Ecco una trasmissione televisiva di successo, nell'anno del Signore 2009. C'è un verosimile, scellerato legame tra cose come "Paperissima" e la diffusa, incancrenita indifferenza alla bugia di questi nostri tempi. In tutte le sequenze vi è un comune dettaglio; tutti i filmati sono tronchi: mancano delle conseguenze. È impossibile vedere cosa sia accaduto "dopo". Ovvio il motivo. Il pianto disperato di un bambino, un tizio semisvenuto caricato sopra una barella, una ferita sanguinante, una faccia stravolta, guasterebbero la festa; la facilona risata di massa non scatterebbe spontanea. Una parte di realtà non si deve vedere. Ha questo magico potere, la Tv: ti sprofonda nell'immediatezza emotiva; dà quel che piace; taglia ciò che disturba.
È troppo "estremista" vedere una continuità tra l'attuale
spappolamento mentale e morale delle nuove generazioni e la vittoria
di questo genere di televisione? Forse no. Era mai possibile che simili quantità industriali di autentico pattume, rovesciate per decenni addosso a vecchi, giovani e bambini, potessero restare senza conseguenze? Che una tale incessante, martellante, estenuante educazione alla futilità e alla banalità, non desse alla fine un risultato "sociale"? Tutti, nell'ambiente Rai, sanno benissimo come andarono le cose. Le tv private nacquero e si affermarono selvaggiamente, dentro un torbido clima di favori, protezioni e scambi. Offrendo prodotti "facili", si conquistarono velocemente fette sempre più cospicue del mercato della pubblicità. La Rai per non farsi staccare, si adeguò. Il risultato è di fronte agli occhi di tutti; un crollo generale e verticale della qualità; mattina, pomeriggio e sera. Se qualcuno ancora stranisce di fronte all'inselvatichimento di tanti adolescenti, al loro "imbalordimento", evidentemente è perché non afferra cosa è accaduto nella Tv di questi ultimi trent'anni. Un modello è stato dato: chi doveva, lo ha recepito, introiettato, moltiplicato. Si dirà che la Tv non ha fatto tutto da sola. E sarà pure vero. Ma certo, la sua, resta una responsabilità centrale. Sino agli anni '70, la accendevi e ci trovavi Manzoni e Dostoevskij, Verga e Dickens; i reportage di Gregoretti e Soldati; gli "Specchi segreti" di Nanni Loy, "le Tv7", "le Odissee". Accendi oggi e ci trovi Antonio Zequila - noto "er mutanda" -, Malgioglio, la contessa De Blanc, Giada, Platinette, Corona & Belen, Costantino, Simona Ventura; nonché l'immancabile ex miss Italia, nella veste di "opinionista". Un tempo ci trovavi Gasmann e Mastroianni, adesso Bonolis e Laurenti, le battutacce grevi, una continua, ossessiva, sfiancante allusione al sesso. È la tv "moderna": un inesausto festival di pulsioni ed "effimero": gare tra adolescenti rancorosi e arrivisti (De Filippi); salotti con la bava alla bocca (Sposini, Giletti, D'Urso); telerisse quotidiane spacciate per "approfondimenti"; Gabibbi, finta satira, veline biondo/more/sculettanti. Un caravanserraglio sguaiato, grottesco, demenziale.
Il mutamento antropologico è stato profondo, molecolare, devastante.
Il gusto ha virato verso un edonismo volgare e facilone. Per il
quale, certo, non mancava, nella nazione, una qualche storica
predisposizione. Che andava, però, combattuta e corretta; e che si è
invece cinicamente assecondata e sviluppata. Col bell'effetto di
mandare in malora i cervelli. Accendi, giri un po' a caso, e subito ti imbatti in rubriche giornalistico/gossipare dove il tema è un classico, "cosa ne pensate di una relazione dove lei è vent'anni più vecchia di lui"". Oppure, "come giudicate i rapporti sessuali tra minorenni?" E, qui, giù fiumi di luoghi comuni e frittura retorica; con una schiera di tuttologi sbavanti e sgomitanti, avidi di scena e visibilità; con l'immancabile, tristissimo "esperto", pronto a mostrare la copertina di un libro. Prurigine, voyeurismo, curiosità, voglia di chiacchiera frivola e futile. Ecco il prodotto televisivo dominante. Di recente ho visto una bella rievocazione della figura di Antonello Falqui; il regista; quello, per intenderci, di Studio Uno; di Mina, Panelli, Walter Chiari, Bice Valori, Luttazzi, le Kessler. Sono scorse sul video molte vecchie cose, pezzi da antologia dell'umorismo, vecchie canzoni, ospiti celebri; molti visi scomparsi, molte parole, molta nostalgia. Molta tenerezza per una Italia che non c'è più, e che sembrava stesse diventando migliore. Fulminante, nella sua essenzialità, l'affermazione di un intervistato (non ne ricordo il nome), "A quei tempi, chi stava in Tv era migliore di chi la vedeva".
È la pura e semplice verità. La televisione di allora, assomigliava in
qualche modo alla scuola. E come chi saliva in cattedra era (doveva
essere), in genere, migliore di chi stava ad ascoltare; così in tv. Oggi, ahimè, è la scuola ad assomigliare alla televisione. Offrendosi goffamente come contenitore di mille piccoli allettamenti, essa è riuscita nella bella impresa di sfigurare e mortificare la specificità intellettuale degli insegnanti. Di tutto questo ben coltivato disastro si è ben saputo approfittare. Tutto il magma torbido di un certo spirito furbesco-anarcoide-autoritario dell'italiano medio (maledizione quasi metastorica), è stato perfettamente intercettato dalla nuova sottocultura politica uscita dal collasso della Dc. La grande abilità di questa vischiosa e sciagurata cosa che è il tele/populismo, consiste proprio in ciò: nell'aver saputo mirabilmente coniugare paure più oggettive (criminalità, insicurezza, immigrazione, percezione di un crescente "disordine"), con antiche tendenze mentali: superficialità edonistica, inclinazione alla semplificazione, praticismo gretto. Qualche anno fa, divenuto leader politico e sul punto di affrontare per la seconda volta Romano Prodi, l'artefice sommo del successo di questa Tv, sentenziò con feroce candore, "Non fidatevi di un professore". Più chiaro di così. |