la crisi e l'istruzione

Niente soldi per le scuole
Intervengono le famiglie

Fondi ministeriali in ritardo, collette anche per provvedere
a carta, gessetti e pennarelli. «Si pagano fino a 50 euro»

di Maria Paola Scaramuzza da Il Corriere del Veneto, 7.12.2009

VENEZIA — Tre euro a testa per pagare gessi, carta igienica e fotocopie, due euro o tre per la rete telefonica della segreteria, 25 euro a famiglia per l’insegnante di inglese madrelingua. Il Natale arriva con i conti in rosso per gli istituti veneti, che dai monti alla laguna vivono lo stesso brivido: fondi in ritardo - ancora non si sono visti quelli ministeriali del 2009 - progetti ridotti all’osso e materiale carente. E se la scuola rimane al verde, non resta che un’unica risorsa: le famiglie. I genitori sono sempre più indispensabili per il sostegno delle scuole, grazie alle collette per provvedere a carta e pennarelli, per avviare i progetti pomeridiani e di doposcuola, o per permettere le uscite d’istruzione, quelle poche consentite dal personale in organico «che ora - racconta il professor Carlo Salmaso di un istituto tecnico di Padova - a causa della mancanza di fondi, dovrebbe andare in gita senza ricevere un soldo in più, e pure anticipando alberghi e cene a proprie spese».

Lo confermano le famiglie dei comprensivi di Padova, che hanno sborsato 3 euro a testa per i gessi delle lavagne. O i genitori dei bambini del terzo anno della scuola di infanzia di Marcon (Venezia), che d’ora in poi dovranno pagare 25 euro a testa per mantenere l’insegnante di madrelingua inglese, «garantita gratuitamente fino a un anno fa, mentre ora - racconta un papà - è a rischio anche il laboratorio di psicomotricità». E se la crisi a scuola incombe, non resta che rimboccarsi le maniche. Come hanno fatto i bambini della elementare Baseggio di Marghera che da anni a Natale fabbricano lavoretti destinandone i proventi al volontariato. «Adesso una parte di questi soldi li devolviamo alla scuola - afferma il maestro Alvise Scarpa - e noi non siamo neanche tra quelli messi peggio». Se infatti restano più protette scuole e circoli delle comunità montane, maggiormente garantite dai Comuni, non se la passano bene gli istituti di città. Alla scuola media Ricci di Belluno, «sono saltate l’ora in più di tedesco e le attività di laboratorio, e la scuola si concentra di più sulla didattica tradizionale », afferma la dirigente Concetta Spadaro.

Altrove, la precarietà delle risorse metterebbe a repentaglio anche sicurezza e igiene. A partire dalle raccomandazioni contro l’influenza A sul lavarsi dopo aver starnutito e prima di mangiare, definite «impraticabili» dal Consiglio di Istituto del circolo Grimani di Marghera, visto che «non ci sono i fondi per acquistare il sapone e le salviette per asciugare le mani», e che «non è possibile far andare al bagno i bambini con tale frequenza, visto che i tagli al personale non permettono una sufficiente sorveglianza». Per fortuna, a supplire alle carenze statali interviene dunque, ormai da qualche anno, il noto «contributo volontario» dei genitori, che in qualche caso comincia a risentire di una certa inflazione, vedi la scuola media Giulio Cesare di Mestre, dove la quota richiesta alle famiglie è passata in un anno da 30 a 50 euro per alunno. «A Padova siamo tra i 25 e i 45 euro richiesti sia per le elementari che per le medie per un contributo che nella scuola dell’obbligo non dovrebbe essere previsto e invece è diventato quasi obbligatorio» afferma Carlo Salmaso, portavoce del Comitato genitori e insegnanti per la scuola pubblica, chiamato anche «Comitato NoGelmini», che raduna circa 300 combattivi genitori della provincia padovana, che il prossimo mercoledì annunciano battaglia all’incontro serale con l’assessore Claudio Piron che dovrà spiegare come far fronte al taglio di un milione di euro alla spesa comunale per la scuola. Nell’entroterra veneziano, all’istituto comprensivo Gramsci di Campalto, la dirigente Anna Valeria Guazzieri ha invece stilato e reso pubblico un dettagliato spettro dei contributi familiari: tre euro a testa se ne vanno per comprare il registro di classe, due euro per il toner della fotocopiatrice, due per la connessione internet della segreteria. Ma a poco è servito lo sforzo di trasparenza, visto che i genitori di due sezioni si sono quest’anno rifiutati di pagare.

Il problema, affermano le famiglie, non è quanto ma cosa si va a finanziare. «Il contributo volontario alla scuola elementare Battisti di Mestre esiste da dieci anni, ed era inizialmente proposto per dare un surplus ai ragazzi» racconta Massimo Valotto, genitore del Consiglio di Istituto. «All’inizio veniva utilizzato per acquistare videoproiettore e registrazioni, con quei soldi abbiamo comprato anche i computer di un’aula di informatica con otto o nove postazioni, prodotti che hanno lasciato un valore aggiunto alla scuola». Oggi, invece, la priorità è tappare i buchi. «Un po’ alla volta, questi acquisti si sono integrati con le spese scolastiche. Siamo arrivati ad acquistare addirittura una lavatrice per lavare le tende della scuola - spiega Valotto - perché nessuno se ne occupava». In tempi di crisi, si sa, occorre anche stimare oculatamente i rischi: «L’anno scorso abbiamo aderito a dei progetti finanziati per un valore di 8 mila euro - affermano i genitori mestrini - ma alla fine Municipalità e Comune, anche loro colpiti dai tagli, non hanno pagato e ci hanno lasciati scoperti». Ma le emergenze non sono solo monetarie. «L’altro grosso problema sono i soldi per le supplenze» afferma la vicepreside del 7˚ istituto comprensivo di Padova, Daniela Brunino: «Abbiamo già esaurito i nostri fondi e se non arrivano quelli promessi dal Ministero per il 2009, non potremo pagarci le supplenze brevi ed è un guaio con questa influenza che sta decimando anche gli insegnanti». Risultato: classi da 35 o 40 alunni con studenti smistati tra le classi. Una situazione che alle superiori è anche peggiore: «Mia figlia, che frequenta a Padova l’istituto Cornaro - afferma una mamma - quando l’insegnante è malata si ritrova in classi da sessanta».