Lettera a Babbo Natale

 Guglielmo La Cognata, Scuola e Web 9.12.2009

Caro Babbo Natale, rieccomi anche quest’anno ma con una lettera un po’ particolare. Devi sapere che in quei luoghi dove i sogni imparano a camminare (qui chiamati scuole) danno l’anima, ogni giorno, circa 250.000 allenatori di uomini (da noi detti insegnanti) precari (ovvero, coloro che vivono e lavorano per il momento).

Da quando, per un singolare errore di prospettiva, il governo ha deciso di eliminare non il precariato ma i precari, il mestiere di uomo, per queste persone e le loro famiglie, è diventato ancora più difficile.

So bene cosa dicono le tue renne. Anche se non abbiamo lauree e master in economia, è del tutto evidente che spegnere decine di migliaia di posti di lavoro, per di più in un periodo di devastante crisi economica, non favorisce eccessivamente la ripresa e non aiuta a vincere il premio nobel per la giustizia sociale.

Comunque, di fronte all’esplosione del paese, agli scioperi della fame, al personale della scuola che protesta sui tetti dei provveditorati, è stato varato quello che gli specialisti della persuasione chiamano (restando seri) decreto salva precari (cioè, “soluzione finale” del problema precari).

Dal punto di vista economico, viene introdotto l’assegno di disoccupazione (ma c’era anche prima e con lo stesso importo).

Dal punto di vista numerico, si attribuisce il punteggio (anche senza aver lavorato) al 20% circa dei precari. Conoscendole, capisco perfettamente il punto di vista delle tue renne. Se salvassimo l’80% dei precari e abbandonassimo al loro destino il rimanente 20%, sarebbe un gesto davvero ripugnante. Però, aiutarne il 20% e cancellarne l’80% è da film dell’orrore, con la differenza che è tutto vero.

Inoltre, viene istituito un elenco prioritario di aspiranti che scavalca la graduatoria classica fondata su titoli e curriculum. Comprendo i mugugni delle tue renne. Non si possono stravolgere le regole in corso d’opera. Il cambiamento può riguardare il futuro, non il passato, perché l’anno scorso i docenti hanno preso decisioni sulla base delle norme che c’erano senza potere prevedere come sarebbero mutate.

Tuttavia, la principale sfida al buon senso sta nel criterio di selezione dei “sommersi” e dei “salvati”. Priorità assoluta per tutti coloro i quali, nell’anno scolastico 2008-2009, hanno insegnato per 180 giorni consecutivi in un’unica scuola; gli altri possono appendere il registro al chiodo.

E se un docente, con il massimo dei voti e 10 anni di insegnamento, ha fatto servizio continuativamente per 180 giorni nell’anno scolastico 2005/2006, nel 2006/2007, nel 2007/2008 e proprio nel 2008, sfortunatamente, non ha potuto? Tutto quello che ha fatto prima non ha importanza: cambia mestiere.

E se un docente, con 15 anni di servizio e un ottimo curriculum, ha lavorato per 220 giorni (al posto di 180) ma in 2 scuole diverse? Cambia mestiere.

E se 2 docenti, con gli stessi titoli e lo stesso numero di anni di servizio, hanno svolto entrambi 180 giorni di insegnamento ma il primo in una scuola e l’altro in due? Uno sarà promosso e l’altro dovrà cambiare mestiere.

Condivido pienamente l’incredulità e lo sconcerto delle tue renne. Si parla tanto di meritocrazia ma, in questo modo, l’unica cosa che conta davvero è il caso.

La strada maestra per ritrovare equità e merito è una sola: estendere la platea dei beneficiari a chi ha maturato 180 giorni di servizio nell’anno scolastico 2008/2009, anche con più contratti.

Caro Babbo Natale, quest’anno vorrei chiederti un regalo speciale. Desidero, per i miei figli, una scuola normale, dove gli insegnanti che formano gli uomini di domani non siano scelti a casaccio.