Scuole e trucchi contabili
Gli uffici scolastici appoggiano su alcuni
istituti i fondi
che non riescono a spendere entro l'anno per non restituirli al
ministero dell'Economia
Flavia Amabile, La
Stampa 29.4.2009
In realtà c’è da diventare matti
a gestire un ufficio scolastico regionale. Le scuole battono cassa.
Il ministero dell’Istruzione tarda a pagare perché il ministero
dell’Economia nel frattempo sta rifinendo tagli su tagli alle spese
e sui pagamenti ci va cauto. E, quindi, capita che i poveri
responsabili degli uffici si vedano arrivare solo a fine anno le
somme che andavano spese nei mesi precedenti.
Nessun problema, si potrebbe pensare:
un po’ in ritardo i soldi si possono mandare lo stesso alle scuole.
E, invece, non è così. Dal 2003 il ministero del Tesoro ha stabilito
che in tutta la pubblica amministrazione i fondi relativi all’anno
in corso non ancora spesi vanno restituiti. Insomma i poveri
dirigenti degli uffici dovrebbero rinunciare alle somme così
faticosamente arrivate.
E, allora, hanno ideato un piccolo
artificio: spostano i fondi dai loro bilanci regionali a
quelli di alcune scuole. A fine anno il ministero dell’Economia non
vedrà più i soldi e quindi li darà per spesi e i dirigenti degli
uffici regionali potranno, invece, con calma utilizzarli.
E, così, tre anni fa furono inviati
dal ministero agli Uffici Scolastici Regionali anche alcuni fondi
sulla formazione del personale del ministero dell’Istruzione. «Gli
Uffici Scolastici Regionali non riuscirono a spenderli entro l’anno,
e quindi decisero di parcheggiarli, come al solito, su alcune
scuole», racconta Mimma Ripani, coordinatrice nazionale della Uil-Pa
Miur. «Sono veri e propri fondi neri. Per anni non sono stati spesi,
solo da poco inizia a muoversi qualcosa. E le scuole intanto ci
guadagnano gli interessi. Gli istituti utilizzati per parcheggiare
questi fondi sono 60-70 in tutta Italia. Se andiamo a fare un
calcolo approssimativo ci rendiamo conto che sono sfuggiti ai
controlli del Ministero dell’Economia circa 60 milioni di euro. Il
meccanismo prevede che si scelgano 2 scuole nelle regioni più
piccole e 3 o 4 in quelle più grandi».
Ma il meccanismo dei fondi d’appoggio
nelle scuole è molto diffuso per ogni forma di pagamento. La
procedura di spostare i fondi dai bilanci degli uffici a quelli di
alcune scuole senza rispettare l’autonomia scolastica è ormai «una
prassi consolidata», afferma Domenico Altamura, dirigente scolastico
dell’Itis di Bologna, uno degli istituti utilizzati per il
parcheggio temporaneo di soldi. «E’ un’antica consuetudine»,
conferma anche Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione presidi
italiani.
Il ministero dell’Economia due
anni fa ha scoperto un «appoggio» di due milioni e mezzo di euro su
una scuola bolognese e ha bloccato immediatamente i soldi: decine di
istituti sono rimasti a bocca asciutta e hanno dovuto fare i salti
mortali per i loro pagamenti. Un caso unico. I dirigenti degli
uffici periferici sanno di dover spezzettare gli appoggi in somme
meno evidenti e quindi, in genere, la procedura va avanti senza
intoppi. Anche qualche revisore dei conti ha avuto da obiettare: un
milione di euro lasciato sul conto bancario di una scuola vuol dire
garantire diverse centinaia di euro di interessi che non sono, se
non in minima parte, di loro competenza.
«Li si può considerare la ricompensa
per il lavoro e il fastidio sopportato. Diventare scuola d’appoggio
significa avere un mandato di pagamento, fare una variazione di
bilancio. E quando poi l’Ufficio scolastico lo chiede, bisogna
distribuire le somme corrispondenti a ciascun istituto e registrare
l’uscita nei conti della scuola», racconta Domenico Altamura.
Le scuole d’appoggio utilizzate
dagli uffici regionali e provinciali e dai Provveditorati sono
centinaia in tutt’Italia. «L’assurdità - spiega Giorgio Rembado - è
che da un lato vengono azzerati i finanziamenti alle scuole e
dall’altro quando i fondi arrivano non sono spendibili perché, ad
esempio non c’è più il tempo per farlo» E quindi si deve ricorrere a
questi stratagemmi.
Stratagemmi che creano anche alcune
confusioni contabili. «Le scuole non possono avere due
conti corrente - racconta Domenico Altamura - e quindi su un unico
conto corrente vanno a finire i soldi per pagare supplenti e per il
funzionamento degli istituti e quelli inviati dagli Uffici
periferici. E capita che ci siano scuole che su questi versamenti
riescano a sopravvivere perché quando viene a mancare la liquidità
le banche sapendo che esistono i fondi delle amministrazioni
periferiche permettono sforamenti altrimenti impossibili».