Un protocollo da non sottovalutare

di Antonio Valentino, ScuolaOggi 15.4.2009

Forma e sostanza

L’Intesa tra il Ministro Gelmini e il Governatore della Lombardia del marzo scorso presenta caratteristiche che si prestano a considerazioni di respiro nazionale, visto il peso dei contraenti. Ne vanno pertanto analizzate con cura le ricadute sul sistema nazionale di istruzione e formazione e, prima ancora, le motivazioni.
Partiamo da queste ultime.

Una prima riguarda la risoluzione del contenzioso tra la Regione Lombardia e il MIUR, aperto nella precedente legislatura su questioni relative alle attribuzioni di competenze nel sistema scolastico e formativo.
La seconda – in parte collegata alla prima - assume a obiettivo l’innalzamento della qualità del servizio nell’Istruzione Tecnica e Professionale, attraverso opportune misure.

Il cuore dell’Intesa , almeno per quanto riguarda il mondo della scuola, è nella “sperimentazione di un modello organizzativo” con cui realizzare “l’integrazione tra sistemi”.
Tale integrazione si prevede possa concretizzarsi attraverso l’erogazione di percorsi regionali - da parte degli Istituti di Istruzione Tecnica e Professionali - con una dotazione organica assegnata dal MIUR alla Regione “ in considerazione anche degli iscritti ai percorsi di Istruzione e Formazione professionale (IeFP)”.


Gli scenari

Prima di entrare nel merito dell’Intesa, è opportuno considerare gli scenari prefigurati a partire dell’a.s. 2010-11, a regime (il prossimo anno è considerato “sperimentale”).
Negli Istituti Professionali (IP) potranno essere attivati due tipi di canali (percorsi) che si presentano con un diverso “appeal”, come si vedrà in seguito.
Il primo è quello dell’istruzione professionale dentro il Sistema Nazionale previsto dai nuovi Regolamenti di Riordino del secondo ciclo (Licei, IT e IP), che entreranno in vigore dal 2010 e che prevedono tutti una articolazione sul modello 2+2+1 (due bienni consecutivi e un quinto anno).
Il secondo canale è invece riconducibile al Sistema di IeFP gestito dalla Regione - con personale assegnato dal MIUR - e si articola in un percorso triennale, con qualifica professionale regionale, che può svilupparsi in un quarto anno, a conclusione del quale si consegue un diploma di tecnico professionale regionale.

Quindi, se è corretta la ricostruzione, dentro uno stesso IP, si prevede la possibilità, già dal prossimo anno scolastico in via sperimentale, di due canali (ministeriale e regionale) che fanno capo a due diversi soggetti Istituzionali: l’Ente Regione e il MIUR; e quindi a due diversi ordinamenti.
L’organico avrà in questo caso due diversi referenti: l’Ufficio Scolastico Regionale per il canale nazionale; la Regione Lombardia per il canale regionale.
Il Ds sarà unico, anche se farà capo a due diverse istituzioni per quanto riguarda ordinamenti e gestione del personale. Situazione che a definire schizofrenica si corre il rischio di passare per ottimisti, considerate le oggettive spaccature del quadro che ne verrebbe fuori.

Le nuove competenze della Regione

Mentre l’ordinamento del canale nazionale è, come si diceva, quello previsto dal nuovo Regolamento, quello regionale si connota invece per le seguenti scelte esplicitate nell’Intesa:

- Viene mantenuto l’ordinamento dell’IP (almeno così si legge, probabilmente con riferimento all’orario e alla parte generale dei curricoli), ma l’offerta formativa è necessariamente raccordata con gli obiettivi specifici di apprendimento previsti per la qualifica regionale (rilasciata dagli IP solo per i corsi triennali) o il diploma;

- Il raccordo tra ordinamento statale e quello regionale (specifico profilo in uscita, diversa articolazione del percorso) potrà essere reso possibile grazie alla quota dell’autonomia (spazi di flessibilità garantiti, nel nuovo regolamento per gli IP, in misura del 25% dell’orario nel primo biennio, del 35% nel secondo biennio, del 40% nel V anno);

- L’offerta formativa è assicurata dal personale statale assegnato all’Istituto;

- Il repertorio delle qualifiche e dei diplomi è quello della Regione, in coerenza col repertorio nazionale;

- Il diploma professionale di tecnico può essere rilasciato anche dagli IP a seguito di esami a conclusione del quarto anno;

- L’ordinamento di IeFP si può completare con un corso di 5° anno, “realizzato di intesa con l’Università e con l’altra formazione artistica, musicale e coreutica“, che permette l’ammissione agli Esami di Stato.

Quanto al capitolo su “personale e organizzazione” del canale regionale, l’Intesa prevede che è la Regione

- a provvedere alla ripartizione delle consistenze organiche per ciascun IP in cui si attiva il secondo canale

- a definire l’organico funzionale per docenti e ATA per i soli IP che aderiscono al nuovo modello

- ad “adottare propri criteri di formazione delle classi e di assegnazione di posti in organico per l’integrazione, la lotta alla dispersione e la valorizzazione delle specificità territoriali”.



Cose grosse, quindi.

Ma scelte ancora più consistenti sono prefigurate, per chi sceglie il secondo canale, dagli oggetti della contrattazione integrativa regionale (prevista, chissà perché, a partire dal 2010):

- verifica delle attività formative del personale

- utilizzo dello stesso

- “premialità” in rapporto ai risultati conseguiti

- allocazione e utilizzo di risorse alle scuole collocate in aree a rischio educativo, con forte processo immigratorio e per la dispersione scolastica, per le funzioni strumentali e per gli incarichi aggiuntivi del personale ATA.


Nuove opportunità o specchietto per le allodole?

Ma, qui, sorgono subito una serie di dubbi e perplessità, pur riconoscendo che tutte le misure oggetto di contrattazione integrativa sono comunque degne di attenzione e approfondimento.

Vediamone i più grossi.

1. E’ da capire, a proposito delle voci della contrattazione integrativa sopra richiamate, come si possa parlare, nell’Intesa, di “organico funzionale”, che è risaputo essere categoria che negli ambienti ministeriali (del MIUR e MEF) è considerata molto più che una bestemmia (ve lo immaginate Tremonti di fronte alla proposta di aumentare il numero dei posti cattedra per l’organico funzionale? L’intero MIUR, ministra compresa, rischierebbe il licenziamento in tronco); o, anche, come si possa parlare di “premialità”, che il Ministro, nel Piano programmatico, ha ipotizzata solo a seguito della verifica dei risultati dei risparmi previsti, con i tagli del personale, per il prossimo triennio. Quindi per un’altra stagione che ancora non si vede neanche all’orizzonte.

2. Sui rischi di frantumazione dell’offerta formativa dentro uno stesso istituto che faccia la scelta di attivare i due canali, si è già detto quando si è accennato alla situazione schizofrenica degli Istituti con i due canali.

3. A questi vanno aggiunte le difficoltà facilmente prevedibili sul piano organizzativo e, soprattutto, i rischi di divisione delle categorie professionali della scuola, dai docenti agli ausiliari, per le quali si prevedono gestione e trattamenti diversificati – e inevitabilmente laceranti - , a seconda che appartengano al primo o al secondo canale.

4. Ove si consideri poi che intese analoghe possano essere sottoscritte in autonomia dalla singole regioni con il MIUR, lo scenario prevedibile non è dei più rassicuranti sotto il profilo della unitarietà del sistema (che è comunque un valore fondamentale che si farebbe bene a non svendere).


Questi richiami ai dubbi e alle preoccupazioni non stanno a significare valutazione negativa sulle misure previste per le scuole che aderiscono alla sperimentazione del secondo canale sin dal prossimo anno o che vi aderiranno quando l’intesa andrà a regime dal 2010: avere classi con un numero ridotto di studenti negli istituti professionali - dove la presenza di immigrati è massiccia e dove si registra un numero elevatissimo di casi a rischio - è una cosa giustissima; solo che non può essere prevista solo per chi è dentro il canale della Istruzione e formazione professionale. Lo stesso discorso vale per la “premialità” e le altre misure previste (funzioni strumentali, incarichi aggiuntivi…).


Il ragionamento è altro e nasce dalla sensazione che ci si trovi di fronte ad una operazione tutta politica che mira essenzialmente a “transitare” in maniera più o meno ovattata alla Regione risorse e prerogative della scuola statale, senza però le difese ( argini e antidoti) che il Titolo V prevede laddove parla, a questo riguardo, di principi e livelli di prestazioni fissati dallo Stato. E che rappresenti pertanto una inopportuna fuga in avanti e , per come si configura, una sorta di specchietto per le allodole.
Si hanno buone ragioni per pensare che si voglia a tutti i costi realizzare più un regionalismo “rafforzato”, come senza mezzi termini si legge nell’art. 5 dell’Intesa, che un federalismo virtuoso. Dal momento che l’operazione sembra essere più destinata a creare divisioni e lacerazioni, che non a raccordare competenze e coordinare interventi dei soggetti in campo (Ministero, Regioni, Scuole autonome) in base al principio di sussidiarietà e quindi di responsabilità rispetto alle specificità dei problemi.
 

Per una “integrazione tra sistemi” che conti.

Altro, in questa fase, la scuola lombarda più avvertita si aspettava probabilmente dalla sua regione - almeno alla luce di quanto si è sentito nei convegni e seminari degli ultimi mesi -, per innalzare la qualità del servizio scolastico.
Ferma restando la competenza della Regione a rilasciare qualifiche e diplomi di tecnici professionale, si sarebbe ad esempio potuto pensare a raccordi e forme di coordinamento tesi a piegare i curricoli degli IP verso obiettivi coerenti con le qualifiche e i diplomi, come d’altra parte si prevede nell’Intesa; ma senza le complicazioni pesanti e allo stato attuale pericolose del doppio canale.
Ma penso anche, per citare alcuni esempi di possibile collaborazione tra stato e regione,

1. all’integrazione degli studenti stranieri e alla lotta alla dispersione, che nella regione presenta connotati suoi propri;

2. alla promozione di modelli organizzativi efficaci attraverso programmi di sostegno per possibili articolazioni funzionali dei Collegi Docenti (Dipartimenti e Comitati Tecnico Scientifici, di cui si parla nei nuovi Regolamenti del secondo ciclo),

3. allo sviluppo di una cultura della valutazione di sistema e della certificazione delle competenze, in linea con le Raccomandazioni del Parlamento Europeo;

4. a misure di sostegno all’equivalenza formativa tra licei IT e IP, a partire dal primo biennio, attraverso investimenti per le innovazioni centrate sulle competenze chiave di cittadinanza e su una declinazione congruente dei curricoli.

E’ con intese su questi e analoghi terreni che potrebbero crearsi le condizioni per un federalismo virtuoso che realizzi forme più accentuate e positive di sussidiarietà, anche sul fronte dell’organizzazione e della gestione del personale (in attuazione della sentenza n. 13/2004 della Corte Costituzionale).


La Regione Lombardia ha risorse ed esperienza, e più carte da giocare di molte altre regioni del paese, per fare da apripista per traguardi di questo tipo. A condizione però che si giochi a carte scoperte e senza operazioni ibride che possono far pensare a inopportune invasioni di campo, mascherate da aperture opache e un po’ ipocrite (gli IP che possono rilasciare qualifiche e diplomi). E rese possibili da un ministero che, in questa Intesa, è apparso più succube del Governatore Lombardo che attento alle sorti del nostro sistema pubblico di istruzione.