La gravità di una crisi
di Stefano Stefanel,
Educazione & Scuola
11.4.2009
La scuola pubblica italiana vive un momento di grave crisi, ma lo sta
vivendo attraverso azioni che sono difficili da comprendere. Se poi
i genitori scelgono le scuole confessionali con sempre maggiore
frequenza, come ha scritto Reginaldo Palermo su Pavone Risorse, non
ci si deve stupire più di tanto. Ritenere che alla base della crisi
della scuola italiana ci sia solo una politica ministeriale tesa a
dimagrire un sistema scolastico diventato gigantesco e dichiarato
inefficiente, significa scambiare gli effetti per la causa. Da oltre
dieci anni siamo tutti d’accordo che la scuola italiana è una scuola
da riformare, ma ogni riforma è stata affondata nel giro di uno o
due anni dal sindacato (Berlinguer, “il concorsone”), dalle elezioni
politiche (De Mauro, “il riordino dei cicli”), dal cacciavite (Moratti,
“la riforma Moratti”), dal cambio di Governo (Fioroni, “la politica
del cacciavite”) e credo che questa sarà la fine anche dei
provvedimenti del Ministro Gelmini. Quando un sistema non funziona e
non vuole o non riesce a cambiare ad un certo punto non regge più.
Il ritornello “la scuola deve essere riformata, ma non in questo
modo” ormai non regge più, perché se c’era un modo condiviso da
tutti per cambiare sarebbe stato trovato, mentre le riforme che si
susseguono vertiginosamente alla fine sono solo esperimenti mal
riusciti. In questo momento stanno fioccando le risposte che gettano
sulla scuola ulteriori problemi e che non vanno al nocciolo della
questione, almeno a parere mio. Ne enumero alcune.
Tornano i voti e l’Italia si disperde.
Ero stato facile profeta quando in più di una sede avevo previsto
che il ritorno dei voti avrebbe solo aumentato la dispersione
scolastica senza migliorare la qualità dell’insegnamento. Gli stessi
docenti che contestano il ministero e appoggiano i sindacati hanno
fatto nascere i trecentomila 5 in condotta di cui si sta vantando
l’Italia e hanno certificato che il 75% degli studenti delle Scuole
secondarie italiane ha delle insufficienze. Davanti a questa
bancarotta educativa troppi si sbracciano a lodare il “rigore” e la
“serietà” della nuova scuola italiana, mentre pochissimi notano come
nel 2000 anche noi avessimo firmato un trattato con cui ci
impegnavamo a diminuire la dispersione scolastica, che con questa
bella pensata è solo aumentata. Se poi andiamo alla radice della
questione vediamo che troppi 5 in condotta sono stati dati per
futili motivi e troppi 5 in italiano o matematica o inglese perché
dietro c’erano pratiche didattiche obsolete. Chi ha voluto provocare
sui voti, anche in nome di nobili e condivisi ideali, non ha trovato
poi altro che proporre il 10 a tutti in tutte le materie, mettendo
un macigno nelle mani di coloro che ritengono che la scuola italiana
sia seria sola quando boccia in massa (soprattutto se sono alunni
stranieri).
L’ideologia del tempo scuola.
L’Italia è sempre più un Paese di scelte disomogenee e di famiglie
che non vogliono assomigliarsi. Il Ministero ha compiuto alcune
mosse discutibili ma legittime: aumento delle possibilità temporali
alle primarie, diminuzione dei modelli di scuola secondaria di 1°
grado, eliminazione delle sperimentazioni nella scuola secondaria di
2° grado. Bisognerà vedere nei fatti se queste soluzioni migliorano
o peggiorano il sistema, ma noi in Italia abbiamo politicizzato
tutto e trasformato le 24 ore in una scelta di destra e le 40 in una
scelta di sinistra. Quando poi ci si mette a spiegare che lo si fa
“per il bene dei bambini” allora ogni possibile dialogo diventa
impraticabile, perché da una parte c’è chi “difende” i bambini,
dall’altra chi non li difende. Se questo va nelle orecchie dei
genitori non c’è da stupirsi che qualcuno scappi da tutto questo e
scelga un ambiente che si presenta come protettivo (la scuola
privata), anche se con connotazioni confessionali.
Il precariato. La difesa del
precariato e del suo diritto ad entrare di ruolo attraverso le
graduatorie e non attraverso concorsi selettivi sta creando una
parità di livello culturale tra una parte dei docenti italiani. Da
un lato i precari della scuola pubblica che vengono lentamente
immessi in ruolo, dall’altra gli stessi precari che insegnano anche
nelle scuole private. La situazione diventa così confusa e la
famiglia vede la stessa insegnante che spesso passa da una scuola
pubblica ad una privata. Anche in questo caso la scelta è difficile,
poco motivata e il sistema va in crisi.
Le buone pratiche e i pessimi risultati.
Sempre più spesso chi vuole ostacolare una riforma o un cambiamento
a gran voce parla di “smantellamento della scuola pubblica”,
“distruzione dei modelli migliori di scuola”, ecc. Una parte
dell’opinione pubblica è stanca delle riforme ed è stanca della
lotta alle riforme e così cerca di portare suo figlio fuori dal
dibattito, magari aspettando tempi migliori. L’esibizione delle
buone pratiche scolastiche è ormai diventata una documentazione
impresentabile e impraticabile, con video e fotografie, slide e
lavori dei bambini e dei ragazzi messi in rete senza selezione. Da
un lato l’Ocse e l’Europa segnalano una grave crisi della scuola
italiana, dall’altro lato ogni scuola esibisce le sue buone
pratiche: che l’opinione pubblica non ci stia credendo più non è
difficile da ammettere. E tutto questo diventa un meccanismo
perverso che toglie credibilità al sistema scolastico pubblico nel
momento in cui si devono fare scelte difficili.
Mi fermo qui, perché credo che il mio ragionamento sia chiaro: non è
pensabile affrontare problemi seri e strutturali senza entrare nel
merito dei singoli problemi , senza cercare di superarli con
richiami ideologici o a pratiche del passato. Il ministero sembra
emanare provvedimenti difficilmente applicabili e confusi nelle loro
definizioni, i sindacati sembra vogliano solo difendere quello che
c’era, le scuole cercano linguaggi comuni, ma trovano solo modelli
diversi, tutti dichiarati come perfettamente funzionanti, che però
nel complesso danno esiti negativi. Se i genitori poi levano la
solidarietà alla scuola e portano i figli altrove (quest’anno una
piccola percentuale, il prossimo anno vedremo) questo sarà solo un
ulteriore problema da affrontare.