Che fare per evitare lo schianto
Fabrizio Dacrema, Gianni Gandola, ScuolaOggi
26.4.2009
La scuola italiana, la primaria in
particolare, è oggi paragonabile ad una persona che, precipitando
dal cinquantesimo piano, arrivata al venticinquesimo può ancora
affermare “fin qui tutto bene. O quasi” . Lo schianto,
infatti, non è ancora avvenuto.
Fin qui è andata bene la mobilitazione realizzata contro la manovra
Tremonti Gelmini, ma l’urto è ormai preannunciato dai Regolamenti
approvati e dal decreto organici. Se lo schianto avverrà poi sarà
molto difficile rimettere assieme i cocci. Se a settembre
l’organizzazione didattica della scuola primaria sarà smantellata
per mancanza di risorse, la forza della mobilitazione fin qui
espressa potrebbe ripiegarsi, quando non ritorcersi su se stessa.
Non è difficile prevedere i rischi di divisioni, reazione adattive,
tentativi di arrangiarsi: una sorta di disarticolato “si salvi chi
può” dal quale sarebbe decisamente difficile ripartire con una
mobilitazione che ricostituisca l’ampio fronte di insegnanti,
genitori, studenti, enti locali e forze sociali che fino ad oggi è
stata la chiave del successo delle azioni per la difesa e lo
sviluppo di una buona scuola pubblica.
Quest’ultima ha raccolto il risultato più eclatante al momento delle
iscrizioni bocciando clamorosamente la controriforma Gelmini.
Risulta infatti che soltanto l’1% delle famiglie ha scelto il
modello a 24 ore/maestro unico, asse portante della filosofia
Tremonti-Gelmini.
Da lì si deve quindi ripartire per ricostruire alleanze attorno ad
una piattaforma credibile e ottenere risultati concreti prima
dell’inizio dell’anno scolastico.
Lo scarto tra le richieste e l’organico
assegnato alle scuole
Ora le scuole devono fare i conti con
i dati dell’organico assegnato e confrontarli con il loro piano
dell’offerta formativa, quello che è stato proposto ai genitori al
momento delle iscrizioni. Non è difficile prevedere che – in
generale - dal confronto scaturirà una differenza in negativo. Ogni
scuola primaria perderà qualcosa:
rientri pomeridiani e presenze degli
insegnanti durante la mensa, che in molti casi determinano
l’impossibilità di far funzionare la mensa
tutte le attività (recupero, classi
aperte, laboratori, visite didattiche, …) che si realizzavano grazie
alle compresenze.
Inoltre si dovranno quantificare le
richieste di tempo scuola e di tempo pieno superiori all’offerta
formativa dell’anno scolastico in corso.
Occorrerà quindi riconvocare i
genitori e informarli sulla situazione. In queste assemblee
insegnanti e genitori dovranno concordare la richiesta di risorse
professionali necessarie:
a) a mantenere il livello quantitativo
e qualitativo dell’offerta formativa dell’anno in corso
b) a soddisfare eventualmente la
richiesta di ampliamento dell’offerta formativa richiesta dalla
famiglie.
La richiesta a), in particolare, dovrà
essere giustificata da una specifica progettazione che dimostri che
quelle risorse sono effettivamente indispensabili per evitare la
soppressione di attività richieste dalle famiglie e necessarie per
la qualità dell’offerta formativa.
Le compresenze non “programmate” (che non venivano cioè effettuate
per attività didattiche a classi aperte, laboratori, per gruppi di
alunni, ecc.) , ad esempio, non sono da prendere in considerazione
per formulare la piattaforma che deve essere caratterizzata da
rigore e realismo per essere credibile ed allargare il più possibile
l’area di consenso intorno alle richieste considerate essenziali.
Costruire piattaforme territoriali
Attraverso il coordinamento dei
sindacati confederali, le richieste di ogni scuola, sommandosi tra
loro, devono diventare comunali, provinciali e regionali per
diventare piattaforme territoriali e per aprire il confronto con gli
enti locali e la regione. Scuole, associazioni e rappresentanti dei
genitori e sindacati devono chiedere agli enti locali di intervenire
con risorse proprie e/o di appoggiare le richieste delle piattaforme
nei confronti dell’amministrazione scolastica in vista delle
decisioni sull’organico di fatto. In caso di elezioni si potrà
chiedere ai candidati di prendere precisi impegni in materia.
Si possono realizzare in questo modo veri e propri patti
territoriali per la buona scuola, un ampio schieramento di scuole,
forze sociali e enti locali che il governo non potrà ignorare, anche
per le nuove competenze di regioni ed enti locali in materia di
programmazione dell’offerta formativa.
Nell’ambito della ulteriore definizione della piattaforma nei tavoli
con gli enti locali si terrà conto anche di eventuali interventi di
razionalizzazione della rete scolastica, di modelli di tempo lungo
senza rientri pomeridiani, di compresenze non utilizzate sulla base
di una progettazione di qualità. In presenza di richieste di tipo
b), questi risparmi rispetto all’anno in corso legittimerebbero
ulteriormente la richiesta di reinvestimento di queste risorse per
l’ampliamento del tempo scuola o, ad esempio, l’ampliamento
dell’offerta formativa di istruzione degli adulti.
Obiettivo del confronto è anche
rivendicare nel confronto con gli enti locali un piano per
realizzare servizi e strutture in tutte quelle scuole dove il tempo
lungo è necessario per rispondere alla domanda sociale e per
un’offerta formativa rispondente al contesto socio-culturale. Sulla
base di questo piano è, di conseguenza, possibile rivendicare la
continuità delle esperienze di tempo prolungato e tempo lungo fino
alla predisposizione dei servizi previsti nel piano. Inoltre, anche
per i servizi mensa e trasporti vanno contrattate tariffe tali da
rendere il servizio accessibile a tutti.
Un’ulteriore cosa che si deve fare ora,
prima di settembre
Edilizia scolastica, numero alunni per
classe, qualità degli ambienti scolatici e sicurezza.
In Conferenza unificata Stato-regioni è stato raggiunto un accordo
per un piano straordinario di interventi per l’edilizia scolastica
che prevede l’integrazione di azioni straordinarie (fondi per
infrastrutture, FAS, specifiche risorse Finanziaria Prodi) con il
complesso di interventi di Regioni e Enti Locali. È prevista la
costituzione di gruppi di lavoro in ogni regione composti da
rappresentanti dei provveditorati per le opere pubbliche,
dall'ufficio scolastico regionale, dai dirigenti scolastici
interessati, dall'Anci, dall'Uncem, dall'Upi, che nominano squadre
tecniche con il compito di compilare un’anagrafe di tutte le scuole.
Inoltre, il Regolamento su rete scolastica e organici rinvia di un
anno l’innalzamento dei numeri massimi di alunni per classe in tutte
le scuole che, per l’inadeguatezza edilizia, saranno comprese in un
apposito piano ministeriale di riqualificazione.
La definizione di piani di intervento sull’edilizia scolastica deve
essere oggetto di specifici tavoli di confronto ai fini della
rappresentazione delle esigenze sociali ed educative e
dell’individuazione delle priorità. Inoltre, poiché sarà il
Ministero a decidere quali scuole inserire nel piano, occorre
attivare iniziative per far emergere lo stato reale dell’edilizia
scolastica dei diversi territori e utilizzarlo per respingere
l’aumento di alunni per classe.
Obiettivo del confronto è ottenere un quadro territoriale
dell’edilizia scolastica sulla base del quale rivendicare
l’inclusione nel piano ministeriale di riqualificazione
dell’edilizia scolastica di tutte le scuole che non corrispondono ai
parametri previsti dalle leggi vigenti e, di conseguenza, la loro
esclusione dall’aumento del numero massimo di alunni per classe.
La trattativa può essere sostenuta da specifiche diffide delle
associazioni degli studenti, dei genitori e dai sindacati di
categoria per evitare che siano aumentati gli alunni per classe in
situazioni dove le condizioni dell’edilizia scolastica sono
inadeguate.
In buona sostanza, riteniamo che ogni
scuola debba uscire dall’isolamento, coinvolgere l’utenza, le
famiglie e gli enti locali territoriali, affermando il principio che
il buon funzionamento della scuola pubblica è un problema che
riguarda tutti i cittadini e che è interesse di tutti salvaguardare
la qualità dell’offerta formativa degli istituti scolastici.