L'intervista
Gelmini: «Maturità, basta
Il ministro: «Non c'è dubbio che esista un problema nei
giudizi di Daniela Boresi Il Gazzettino 11.8.2009
VENEZIA (11 agosto) - L’anno scolastico
si è chiuso portandosi dietro qualche polemica. Dalle rivendicazioni
del posto di lavoro del presidi del Nord, alle richieste della Lega
di "testare" la conoscenza degli insegnanti della lingua italiana,
per arrivare ai risultati della Maturità, dove gli studenti del Sud
hanno ottenuto migliori risultati. Maria Stella Gelmini, ministro
della Pubblica Istruzione, Università e della Ricerca, analizza il
passato e annuncia le novità.
«Quando un anno fa mi sono insediata al
Ministero ho cominciato a lavorare perché la scuola italiana si
scrollasse di dosso una cultura che ha messo in un angolo il merito,
il rigore e la valutazione. Chiuso il capitolo del Sessantotto la
scuola italiana tornerà finalmente competitiva. Come vede è una
battaglia anzitutto culturale che ho intenzione di portare a termine
nonostante le polemiche e le critiche di chi invece vuole conservare
lo status quo».
«Forse, ma non c'è dubbio che esiste un
problema nei giudizi. Per questo penso che sia arrivato il momento
di inserire anche alla maturità una prova oggettiva e omogenea da
Nord a Sud».
«Abbiamo molti insegnanti preparati,
che svolgono giorno dopo giorno il loro lavoro con passione e
dedizione uniche. Tuttavia c'è un'esigenza non più rinviabile di
riqualificare il mestiere dell'insegnante professionalmente ed
economicamente. Il sistema attuale che tratta tutti allo stesso
modo, a prescindere dalla reale preparazione, incide negativamente
sulla motivazione dei docenti e quindi sulla volontà di migliorare
anche attraverso l'aggiornamento. L'obiettivo dunque è premiare gli
insegnanti migliori legando almeno una parte dello stipendio alla
preparazione e all'impegno dimostrato. E per fare questo non c'è
altra via che la valutazione».
«Il rendimento degli studenti è
strettamente collegato alla preparazione degli insegnanti. Per
tornare competitivi in Europa e nel mondo quindi gli ingredienti
sono due, valutazione e merito. Per quanto riguarda i percorsi di
studio è urgente investire nella preparazione tecnica e
professionale dei nostri ragazzi. Il rilancio della formazione
tecnica è una scelta strategica che anche in un momento di crisi
come questo può offrire ai giovani opportunità concrete per entrare
nel mondo del lavoro».
«La Lega indica un problema reale,
quello del legame della scuola con il territorio. Non vedo cosa ci
sia di sbagliato nell'idea di inserire nei programmi di studio
elementi che si riferiscono alle tradizioni e alla cultura locale».
«Un insegnante espressione del
territorio è una risorsa. Lo conosce a fondo, sa quali sono i suoi
problemi e quali i punti di forza. Non è uno scandalo legare il
reclutamento anche al territorio».
«Anzitutto da settembre saranno assunti
16mila tra nuovi insegnanti e personale Ata. Il maestro prevalente
sostituirà i tre maestri per dare ai più piccoli un punto di
riferimento stabile negli anni più importanti della crescita. Voglio
ricordare che nella scelta dei più maestri non c'era nulla di
pedagogico. Serviva solo ai sindacati per aumentare il numero delle
cattedre quando diminuiva quello dei bambini. Ma il prossimo sarà
anche l'anno del definitivo ingresso delle nuove tecnologie in
classe. Installeremo 16mila lavagne multimediali e circa 50mila
insegnanti saranno coinvolti in percorsi di formazione per agevolare
l'utilizzo dei nuovi strumenti digitali. Inoltre la gestione degli
incarichi per le supplenze avverrà online e anche il rapporto tra
scuola e famiglia avrà dei benefici dall'utilizzo delle nuove
tecnologie. I genitori infatti saranno avvisati delle assenze dei
propri figli con gli sms e le pagelle saranno consultabili su
internet. Un sistema più veloce e anche più economico».
«Per arginare questo fenomeno abbiamo
stanziato risorse importanti. In particolare 8.5 milioni di euro per
finanziare le chiamate dirette dall'estero e per avviare un
programma di contratti di ricerca intitolato a Rita Levi Montalcini
che è rivolto proprio ai giovani ricercatori, italiani o stranieri,
che dopo aver lavorato in altri paesi vogliono tornare a fare
ricerca in Italia. Per utilizzare al meglio tutti i fondi
disponibili comunque bisogna avere il coraggio di scegliere i
settori su cui puntare di più. Non possiamo avere la pretesa di
occuparci di tutto. Le nanotecnologie, il settore alimentare e
l'energia ad esempio sono campi dove già raggiungiamo ottimi
risultati. Ma soprattutto è doveroso tagliare gli sprechi che si
nascondono tra una moltitudine di progetti di ricerca di cui
veramente non sentiamo il bisogno, non producono risultati e nessun
beneficio. E lo stesso discorso vale per le università che hanno
moltiplicato corsi di laurea solo per distribuire cattedre e aperto
sedi distaccate inutili disperdendo senza alcuna logica soldi
pubblici».
«Certo, in Italia si diventa
ricercatori in media a 37 anni, dopo un'attesa che frustra proprio i
talenti migliori. Voglio abbassare drasticamente l'età di ingresso
nel sistema modificando un sistema di reclutamento che oggi
penalizza i giovani e magari chi non ha santi in paradiso. Con le
nuove regole per la formazione delle commissioni di concorso, tra
cui il sorteggio, avremo sicuramente più trasparenza». «I divieti sono una prima risposta, ma non bastano. Le droghe e l'abuso di alcol sono le manifestazioni più evidenti del disagio giovanile che la scuola sta affrontando attraverso una serie di iniziative per educare i giovani ad uno stile di vita equilibrato. Prima ancora di trasmettere nozioni la scuola deve formare cittadini responsabili». |