Il ministero tira dritto e cerca di
coinvolgere le altre Regioni. Scatta l'assegno per i senza cattedra La Stampa 30.8.2009 Il contraccolpo negativo è tutto racchiuso in un numero: 18 mila. L’anno scorso erano precari, ma sono riusciti ad agguantare una supplenza annuale, e fino a giugno lo stipendio non è stato un assillo. Quest’anno invece sono destinati a restare a secco. A casa, perché i tagli del governo produrranno quasi 20 mila cattedre in meno nella scuola per l’esercito dei senza posto fisso, che sono oltre 600 mila. Il ministero ha deciso di correre ai ripari. E - insieme a Inps, sindacati e Regioni - ha messo a punto una soluzione tampone. Si chiama «contratto di disponibilità». Tradotto: una sorta di cassa integrazione “a chiamata”. I 18 mila insegnanti a cui sfuggirà la supplenza riceveranno un’indennità mensile pari al 60 per cento dello stipendio base e saranno a disposizione dei provveditorati per andare a svolgere sostituzioni di pochi giorni o settimane nelle scuole in cui si creeranno vuoti temporanei: docenti malati, in maternità, in congedo matrimoniale. L’operazione vale circa 110 milioni di euro, ma non sarà un ulteriore fardello per lo Stato. Si tratta infatti di soldi che sarebbero comunque stati devoluti ai docenti sotto forma di indennità di disoccupazione. Così, invece, verranno garantite la continuità del rapporto di lavoro, l’anzianità di carriera e l’aumento dei punti in graduatoria. La norma avrebbe già dovuto essere inserita nel decreto anti-crisi di giugno, ora il governo dovrebbe presentarla sotto forma di emendamento al decreto Ronchi che approderà in aula la prossima settimana. Giovedì il ministero dovrebbe chiudere l’accordo con i sindacati. Un’intesa che qualche Regione ha già fatto propria, a cominciare dalla Campania che, con i suoi 4 mila precari rimasti senza cattedra, era in piena emergenza. Anche Puglia (1900 a casa), Sardegna, Marche e Lombardia sono a buon punto. E la Sicilia, dovendo fronteggiare un’ondata di 3800 nuovi disoccupati, è sul punto di sedersi al tavolo e trattare. Le altre Regioni sembrano restie. E anche tra i sindacati gli umori sono contrastanti. «E’ un palliativo, ma non va sottovalutato perché qualche problema lo risolve», dice Gianni Manuzio della Cisl scuola. Anche la Uil si sta battendo per accelerare i tempi: «Questi insegnanti manterranno, anche dal punto di vista giuridico, un rapporto con l’amministrazione in attesa di essere stabilizzati», dice Massimo Di Menna. Ma i docenti non ci stanno. Il Coordinamento precari scuola ha giudicato la proposta «assolutamente insufficiente». E ha aggiunto: «Siamo consapevoli della necessità, per la maggior parte dei nostri colleghi, di sopperire alla pesante ondata di licenziamenti attraverso sostegni al reddito, ma siamo convinti che la priorità per tutti è lavorare nel contesto migliore possibile». Anche la Cgil sembra scettica. «Qui si rischia di scatenare una guerra tra precari», sostiene Mimmo Pantaleo, segretario della Flc. «Questi 18 mila andranno a occupare cattedre che l’anno scorso venivano assegnate dai singoli istituti ad altri docenti precari che quest’anno saranno tagliati fuori». E’ la preoccupazione più forte: «Tanti saranno esclusi sia dalla possibilità di lavorare sia dai sussidi. Ed è inaccettabile», spiegano al Coordinamento precari. Obiezioni cadute nel vuoto. «Non possiamo tutelare tutti», spiega Manuzio. Il ministero tira dritto e cerca di coinvolgere le altre Regioni. Ma non tutte sembrano intenzionate a farsi cooptare: si tratta di intervenire garantendo una copertura finanziaria, ma le casse sono vuote. «È un modo di procedere paradossale - sottolinea Pantaleo - Con una mano il governo taglia, con l’altra chiede agli enti locali fondi per tamponare le falle». |