Ora religione: meno preti in cattedra, Ma le scelte sono decisamente scarse A. Ser. Il Messaggero, 13.8.2009
ROMA (13 agosto) - Dietro la sentenza del
Tar c’è chi vede un «ulteriore passo» verso «la laicità
ideologizzata». In realtà il
divieto agli insegnanti di religione di partecipare agli scrutini
riporta a galla un problema mai risolto: laici e cattolici sull’ora
di religione non si sono mai messi d’accordo. Lo scontro, ad
eccezione di qualche periodo in apparenza tranquillo, non si è mai
interrotto. A ciò si aggiunge il fatto che le altre confessioni ora
contestano con più decisione la posizione “dominante” della
religione cattolica nella scuola. Ma negli istituti che cosa accade?
Quanti si avvalgono dell’insegnamento cattolico? Inoltre, i
contenuti della “materia” sono confessionali o hanno carattere
storico? Il problema della disaffezione tuttavia ha già colto le grandi città, a Milano, Torino, Roma, Bologna, Napoli e Palermo gli alunni delle superiori spesso disertano l’insegnamento dell’Irc. Si calcola che la ”fuga” riguardi circa 300mila giovani, «favoriti dalla collocazione oraria della materia, a inizio o fine mattinata». Soprattutto nel Nord Italia gli studenti delle grandi città preferiscono le «attività alternative» anche se le proposte non sono un granché: si va dalla danza caraibica ai corsi di cucina, ad altre amenità del genere. Ma torniamo ai numeri: dalle ultime statistiche si sa che nelle grandi città il 25,7% (il dato è del Nord) non opta per la religione. Il fenomeno emerso un paio d’anni fa allarmò Alberto Giannino, presidente dell’Associazione docenti cattolici, che scrisse una lettera agli studenti. E in cattedra? Sempre meno preti. Tra gli insegnanti, in totale 25.694, i non religiosi sono in aumento: hanno raggiunto quota 85% (la maggioranza è di donne). In appena sei anni la presenza di sacerdoti e suore nelle aule di scuola secondaria di primo e secondo grado si è ridotta di un quarto. E per i prossimi anni la previsione è di un ulteriore calo. Nel 2000-2001 un insegnante di religione su cinque era rappresentante diretto della chiesa cattolica. Nel 2006-2007 la percentuale è scesa al minimo storico: il 14,7%. Colpa delle scarse vocazioni. La chiesa non riesce ad affidare ai propri ministri l’insegnamento della religione cattolica, così il posto lasciato libero è stato rimpiazzato da insegnanti laici, nominati direttamente dalle Curie vescovili o reclutati con concorso e comunque sottoposti al placet della chiesa. Chi insegna religione, comunque, ha sostenuto un esame di Stato, è entrato in ruolo, ha titoli abilitanti, competenze e preparazione. La scuola italiana prevede due ore di religione per le materne ed elementari e una per le medie e le superiori. Insegnamento confessionale? «Macché, non c’è niente del genere - afferma Franco Gemelli, collaboratore della Diocesi di Roma ed ex presidente nazionale dell’Agesc, l’Associazione dei genitori delle scuole cattoliche - Gli insegnanti non fanno catechismo, non fanno insegnamento confessionale, chi crede questo sbaglia. In classe si parla anche delle altre religioni, anzi, molti fanno storia delle religioni». Con i grandi forse sì, ma con i piccoli? la tentazione di fare catechismo è forte. «Non creda, l’ora di religione anche con i bambini delle elementari è molto articolata - sostiene Karicla Bindi, direttrice didattica di lungo corso alla Belli di Roma, ora in pensione - Si parla di pace, solidarietà, amicizia, insomma dei valori che possono essere di tutti, sia laici che cattolici. E poi vengono coinvolte direttamente le famiglie, loro sanno quello che facciamo». Maria Pia Lucentini, una mamma cattolica, segretaria nazionale del Movimento studenti cattolici, è convinta che quella del Tar è un’offensiva contro cui schierare tutti i cattolici per «non perdere le comuni radici cristiane».
Di altro tono l’opinione degli insegnanti
delle superiori. Gigliola Corduas, presidente nazionale della
Federazione nazionale,
Fnism, parte
dalla «scelta degli insegnanti da parte della Curia» per dire che è
«inaccettabile e anacronistico che si pensi ad un voto in
religione». Piuttosto per la Corduas le scuole statali dovrebbero
preoccuparsi di più di organizzare «reali e serie attività
alternative». |